Il quartiere musulmano

Mi addentro nel quartiere musulmano (detto huímínjiē dal nome dell'etnia hui). Questa strada oggi è tetra, tra l'ombra delle piante e il cielo nuvoloso, ma è ravvivata dai mille commerci che vi si svolgono, diversi da ciò che ho conosciuto finora. Balza all'occhio una tradizione differente, basata sull'uso della frutta secca ed essiccata, il sesamo, oltre a dolci, carni e pane. Anche le fogge dei vestiti costituiscono un altro elemento di diversità: le donne hanno il capo coperto, gli uomini portano la barba e un fez bianco. Molti non stanno rispettando il digiuno del ramadan, segno che il clima della Cina laica prevale su quello religioso. Questa strada è interessante per la marea di colori e odori, ma soprattutto per le novità che mi fa trovare.

L'antica moschea è costruita in stile cinese: una successione di cortili e padiglioni, immersi in un calmo giardino, precede la sala della preghiera a cui non mi è consentito l'accesso. C'è qualche iscrizione in lingua araba, un minareto tozzo che è per di più occultato dalle forme di una pagoda costruita intorno. C'è parecchio movimento di fedeli che affluiscono dopo che un bel canto ha segnato l'inizio del rito. Qualche fedele centroasiatico spicca per l'abbigliamento diverso.

Torno in ostello per bermi un tè, ma sono costretto a sostituire l'acquisto di ieri sera che si è rivelata la bevanda più amara che abbia mai provato. È il cosiddetto kudingcha, infuso apprezzato per le sue proprietà curative nella medicina cinese, ma amaro come il fiele.

Stasera hanno organizzato una serata di cucina pratica al termine della quale abbiamo mangiato in allegra compagnia i jiaozi da noi confezionati. Esco a fare due passi e incontro due altre viaggiatrici. Insieme ci dirigiamo al quartiere musulmano, dove troviamo un ristorante che serve lamian. Sono gli spaghetti fatti a mano dal pastaiolo che allunga la pasta più volte fino a ricavarne una matassa di fili paralleli. È uno spettacolo d'arte vederlo lavorare; inoltre sembrano deliziosi. Un peccato essere sazio, ma mi rifaro' presto.