Kaifeng, la città che si trasforma di notte

23 agosto. Il treno ha retto egregiamente il lungo viaggio. Quando arrivo all'alba, trovo la biglietteria della stazione quasi deserta e ne approfitto per assicurarmi la continuazione per Shanghai: avrò un altro sedile duro sul treno notturno. Poi con un triciclo a motore mi faccio portare in centro dove trovo l'albergo al completo. Mi si accende una lampadina: cercare segnalazioni su internet.

Nel vasto salone del caffè internet regna un'atmosfera da alba dopo la festa: dei giovani sono ancora intenti a giocare dopo una nottata passata davanti allo schermo ma qualcuno è crollato e, riverso sulla poltrona, è ora in balia del sonno più profondo.

Non devo cercare a lungo per trovare il racconto di un viaggiatore che risale a tre anni fa. Riesco a recuperare solo il numero di telefono dell'albergo familiare di cui parlava entusiasticamente, poi chiedo alla signora dietro il banco di telefonare e di annotarmi l'indirizzo.

Arrivo a una casa nascosta in un vicolo appena fuori dalle mura, con camere in affitto al piano superiore. Due gioviali signore mi accolgono calorosamente non senza una certa sorpresa. Sono una novità rispetto al solito giro di ospiti cinesi che, a quanto pare, sono tutti operai. Nella loro tuta rossa da lavoro si stanno ora preparando per uscire di casa e mi gettano di sfuggita occhiate curiose.

Le due sorelle mi invitano a fare colazione con loro: peperoni, frittata con verdure, tofu e mantou. Poi vado a dormire. È l'una passata quando mi sveglio ed esco per mangiare. Mi dirigo con l'autobus 14 verso il centro. Una signora, che parla un inglese sillabato, mi indica un ristorante di cibo rapido, ma dalle mie rimostranze capisce che non è cosa per me. Voglio cibo del posto.

Il centro ha una strada pedonale con edifici storici, ma non è esaltante. Per il resto enormi cartellacci pubblicitari invadono prepotentemente gli spazi tanto da rendere brutte perfino le vie più centrali. Eppure Kaifeng, in tempi lontani, fu diverse volte capitale, soprattutto sotto la dinastia dei Song settentrionali intorno all'anno Mille quando fu centro industriale e commerciale all'incrocio di importanti vie d'acqua. Ora è una città importante dello Henan, poco a sud del Fiume Giallo che rappresentò la sua ricchezza ma anche la sua dannazione per i frequenti straripamenti. Il suo passato di capitale non si rivela se non in pochi edifici sparsi qua e là, a volte persino ricostruiti, disseminati in un impianto urbano moderno poco attraente. Mi sento deluso.

Nella strada centrale ci sono comunque svariate case antiche con travi invecchiate dalle intemperie, i tetti e i serramenti in legno. Essendo il tutto semicoperto dai cartelli pubblicitari, occorre uno sforzo per cogliere questi dettagli. Stando alle mie informazioni, qui non si costruirebbero edifici alti per rispetto ai resti sotterranei, ma, se è proprio così, sarebbe stato meglio iniziare dal rispetto di ciò che sta sopra la terra.

Strana è la compresenza della società vecchia con quella nuova, nota ricorrente nella Cina del 2010. Accanto ai negozi che si allineano su questa strada lastricata di recente, sotto le insegne pubblicitarie delle grandi marche, sfilano biciclette e tricicli, venditori ambulanti di involtini, calzolai di strada, carretti di frutta e verdura. Le case antiche hanno come sfondo palazzi moderni. Le fitte tegole a squame delle case basse stridono accanto ai materiali moderni e scadenti impiegati nella costruzione di nuovi edifici senza grosse preoccupazioni estetiche.

Passeggiando, trovo un colorito mercato alimentare che ridà gusto alla mia giornata. I venditori mi danno il benvenuto con un sorriso e sono invitato a provare alcuni cibi dalle bancarelle. Da un grande piatto in alluminio mi salutano tanti mantou bianchi striati di allegre strisce marroni di sorgo cinese che sembra cioccolato.

Mentre aspetto l'autobus per tornare, la città sta iniziando a piacermi e prende una dimensione sempre più caratteristica. Ho il sospetto che la fermata sia stata spostata perché in questa via sta succedendo qualcosa. Si stanno aggiungondo bancarelle su bancarelle e l'atmosfera si fa sempre più animata.

Molte offrono stecchini con diversi ingredienti infilzati come tofu arrotolato, alghe, funghi e verdure. Una volta scelti dal cliente vengono cotti in cestelli sprofondati nel brodo del calderone. Il piatto viene condito e completato con una mestolata di liquido ed è consumato sul momento. Si paga a seconda del numero degli stecchini.

Un'altra bancarella propone una specie di sushi, preparato a una velocità spaventosa che la fa sembrare una scena alla moviola. Altri venditori preparano involtini di carne e spiedini, tutti molto invitanti. Quando ormai non mi aspettavo di trovare più grandi stimoli da Kaifeng questa strada è stata una bella sorpresa. L'inizio scialbo in questo grigio pomeriggio ha dato corso a un crescendo entusiasmante.

Mi sposto all'incrocio in cerca della fermata e mi tuffo in un vero turbine di bancarelle su ruote che stanno affluendo allo slargo. Arrivate al loro posto, aprono tendoni, montano cucine, dispongono sedie, accendono le prime lampadine in un disordine che ha tutta una sua logica. Il traffico ne soffre perché i passanti sbordano sulla carreggiata, i veicoli strombazzano e si devono muovere a passo d'uomo. È uno spettacolo galvanizzante e ora non ce la faccio più a staccarmi perché osservo divertito, catturato da questo magma magnetico dove ogni elemento, uomo o banchetto che sia, fluidamente si muove verso il suo posto e torna a scorrere. Che fantastico mercato notturno!

Ovunque diriga lo sguardo vedo una bancarella sulle ruote che dà vita a un nuovo semplice ristorante di strada, protetto da strutture più o meno sofisticate e variopinte. Il movimento è sempre più intenso, tra gente che prepara e quella che arriva. Ritrovo nei preparativi la stessa frenesia della bancarella di sushi. L'ora di cena è vicina, sono le sei, e i clienti arrivano a frotte per consumare il cibo o comprarlo da asporto.

Ma le contraddizioni sono più che mai presenti: su questo mercato si affaccia dal primo piano la vetrata  di un ristorante americano di cibo veloce, i cui clienti illuminati all'interno si stagliano sotto l'insegna rossa come abitanti di un mondo diverso, ma così vicino.Queste due realtà così contrastanti che coesistono in uno stesso luogo potranno certamente coesistere anche nella stessa persona.

Come entro alla pensione, mi fanno cenno di accomodarmi a tavola. Il marito in compagnia di un amico sta iniziando a mangiare e sono invitato ad unirmi. Mi serve baijiu, un distillato di riso che riesco a trangugiare solo se lo centellino, ma è comunque un macigno sullo stomaco. A ogni sorso si deve fare un brindisi. Dal banco si affaccia incuriosito un giovane che soggiorna qui per lavoro e registra la mia presenza. Più tardi bussa alla mia camera per conoscermi. Con il mio cinese i discorsi sono limitati, ma lui non si scoraggia e si intrattiene fino a che arriva la sua morosa. Mi invitano a uscire con loro al mercato. Per la stanchezza declino l'invito, tanto più che si sta mettendo a piovere.