La pagoda di ferro di Kaifeng

Cina100824 agosto. Oggi è giorno di festa. Piove, ma non come immaginavo giudicando dal rumore scrosciante, perché la mancanza della grondaia fa cadere l'acqua sulle lamiere del tetto. Gli operai si aggirano tra le stanze annoiati, alcuni collegati con i loro portatili, altri con i loro telefoni. È un volto della Cina tecnologica.

Dopo la colazione, mi predispongo alla lettura, ma c'è una variazione di programma. Jia Xuan bussa alla mia porta e mi propone di fare un giro per la città. Quello che ho visto ieri mi sarebbe bastato per avere un'idea di ciò che chiamano "città storica" e poi la pioggia non invita a uscire, tuttavia… è un invito così di cuore che solo per la compagnia vinco la pigrizia e rivedo i piani.

Improvvisamente irrompe in camera anche la padrona, con le sue energiche braccia che straripano dalle maniche di una maglietta in crêpe. E se non fossi abbastanza convinto della sua vitalità, ci sarebbero quel tono di voce squillante e il ritmo irruente del parlare a richiamarmelo. Nel fervore delle spiegazioni, mi tende due uova sode che deposita tra le mie mani, ma il suo dialetto dello Henan mi è scarsamente comprensibile e mi appoggio a Jia Xuan per una chiarificazione. Morale: sembra che arrivino altri ospiti a cui dovrà dare la mia camera, quindi devo lasciarla libera. Intasco le uova e partiamo sotto la pioggia.

Attraversiamo strade e incroci completamente allagati sotto mezzo metro d'acqua per inefficienza degli scarichi. Le pochissime auto in giro sembrano mezzi anfibi che imparano a nuotare. Attraversiamo l'università, anche qui con vialetti sommersi e arrivivamo alla destinazione: il parco. Per entrare è previsto un biglietto, ma Jia Xuan (che forse voleva invitarmi) mi blocca perché conosce un ingresso abusivo. Iniziamo così a costeggiare la riva del lago cupo, sotto i rami dei salici a fior d'acqua. Arriviamo alle mura e ci apriamo un cammino tra le fronde grondanti, poi ci muoviamo dietro i merli del camminamento, con circospezione perché le pietre sono bagnate, e scendiamo oltre la barriera. Qui c'è una discesa, scivolosissima di fango, e mi ritrovo violentemente a terra per due volte consecutive. Nessun problema, se non un doloroso strappone alla spalla.

Continuiamo a costeggiare il lago, ora dal lato interno del parco, passando attraverso erbacce alte cariche di pioggia che al nostro passaggio si asciugano sui nostri pantaloni. Come rimpiango di non aver pagato quel maledetto biglietto, anche il suo! Passiamo accanto a un pescatore che sembra dimenticato lì sotto la pioggia e ci guarda passare inebetito come se solo lui potesse stare in quel posto.

Jia Xuan ogni tanto porta la fidanzata qui dentro con lo stesso sistema, ma gli avrà mai fatto il percorso sotto la pioggia in queste condizioni? La situazione ha dell'irreale e fisso il mio sguardo nei suoi occhi quasi per lanciargli un segnale di esasperazione. Ma anche che mi fa ancora male la spalla la sua espressione birichina mi fa ridere e anche lui scoppia in una risata. Finalmente arriviamo ai vialetti civili.

La Pagoda di ferro sembra fatta di metallo arrugginito, ma è di ceramica. La musica rilassante diffusa dagli altoparlanti si spande per il dolce paesaggio acquatico, quello che mi serve per distendermi dopo la rocambolesca entrata nel parco.

Credo che sia finita e mi accingo a rifocillarmi, ma Jia Xuan, dopo avermi offerto un piatto di xiaolong, ha in serbo per me un altro grande parco, che questa volta, non permettendo l'ingresso abusivo, mi fa visitiare dal bordo esterno del lago, sempre sotto la pioggia. Finalmente facciamo rientro a casa.

Al momento di lasciare la simpatica pensione stanno servendo la cena e tutti gli operai sono scesi nell'atrio per il pasto comunitario. Do alla figlia della padrona un regalino di saluto e mi avvio all'uscita carico dei bagagli ma la bimba corre in cucina, afferra una coscia di pollo arrosto e me la infila tra i denti! Uscendo così conciato devo essere uno spettacolo.

Il treno per Shanghai parte di sera. È pieno e deve percorrere un migliaio di chilometri per arrivare alla metropoli. Ormai sono abituato all'ambiente ferroviario, anzi ci sono affezionato. La gente che riempie le carrozze è tanta e vive la convivenza forzata con spirito di comunità, movimentata dal passaggio dei venditori di cibo, dei controllori, dei poliziotti che quando passano squadrano i passeggeri con severità e impartiscono ordini a destra e a sinistra. Come fuoriprogramma un controllore donna si è messo a vendere degli amuleti, dopo aver fatto un lungo discorso di presentazione.