La Piana delle Giare

La Piana delle Giare è una zona che si caratterizza per due peculiarità correlate dallo stessa natura storica.

La prima risale alla preistoria ed è quella che dà il nome alla zona. Si tratta della presenza di grosse giare di pietra scavate dagli abitanti di questi paraggi. Si trovano numerose raggruppate in alcuni siti principali, ma anche sparse in altre località su una vasta area. Questi arcani manufatti hanno scatenato le ipotesi degli studiosi che non sono arrivati a una conclusione unanime, ma la più accreditata sembra essere quella di un uso funerario.

I pesantissimi contenitori hanno sfidato i secoli, sopportato le intemperie, sfidato le forze della natura e sopportato gli attacchi sferrati dall’uomo nel corso di varie guerre. Si presentano fascinosamente inclinate alcune, ritte altre; fornite di coperchio in rari casi, ovvero con la bocca aperta; di forma ora più tozza, ora più slanciata.

Hanno un affascinante sfondo di colline talora coperte di pinete, ma il più delle volte nude o coltivate a risaie. A prescindere dalla loro origine e uso, osservarle in mezzo a questi spazi di silenzio è affascinante. Con un motorino ho raggiunto tutt’e tre i siti, percorrendo con determinazione tutti i chilometri che li separano.

 

 

Per raggiungere la bella cascata di Tat Lang sono passato da un paesotto il cui mercato si limitava a pochi venditori di frutta e verdura. Mentre mi ispiravo sul da farsi per il pranzo, un signore mi si è avvicinato e mi ha rivolto la parola in francese. Avendo studiato al liceo francese sapeva servirsi di questa lingua, ma la comunicazione era piuttosto unidirezionale dato che la sua comprensione lasciava a desiderare.

Questo incontro dimostra lo stato in cui è ridotta la francofonia: ne rimangono solo brandelli e tutta la gloria dei suoi tempi migliori. A Vientiane incontrerò scritte ufficiali in francese e vedrò anche il liceo dove studiano le future classi dirigenti, ma la velleità di mantenere in piedi questo costoso impianto è assurda di fronte all’irrinunciabile necessità dell’inglese. E più si va avanti, più questa vanità francese che pretende di cambiare il mondo sarà destinata a fallire miseramente.

Questo signore mi indica un locale al lato piazza dove prendo una zuppa, ma non mi molla tanto è contento di rispolverare il suo francese e di farsi bello davanti a quelli che lo sentono parlare con uno straniero. Gli altri pochi avventori sono incuriositi della mia presenza, ma tutti mangiano in silenzio, mentre ascoltano la mia guida che mi intrattiene. E anche io mi accontento del ruolo di ascoltatore, mentre con le bacchette colgo i pezzi di verdure che nuotano nel buon brodo e poi i fili di pasta che sfamano il mio stomaco.

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La seconda caratteristica che contraddistingue la Piana delle Giare è il suo triste passato di guerra che ha martoriato abitanti e centri abitati e come una maledizione dura a morire continua a infliggere sofferenze anche al giorno d’oggi. Durante gli anni bui della guerra del Vietnam, la Cia ha qui condotto la cosiddetta guerra segreta perché ufficialmente non è mai stata presentata una dichiarazione di guerra al Laos. Tuttavia su queste terre hanno scaricato una quantità incredibile di esplosivi per cercare, vanamente, di sconfiggere il supporto alle forze che combattevano altrettanto disperatamente nel paese confinante: una campagna militare di tutto punto condotta nell’ombra.

Ma oggi, quando accanto alle giare si vedono quei grossi crateri scavati dalle esplosioni, il segreto non tiene più e queste cicatrici, che faticano a rimarginarsi anche dopo quarant’anni, sembrano ancora gemere per tutto il male che hanno causato.

Alcune case sono ornate di trofei di guerra: gli involucri di disparate dimensioni degli ordigni scaricati a pioggia sulla Piana. Alcuni sono giganteschi contenitori di bombe a grappolo e incutono tutto il terrore della distruzione che portavano, ma questi hanno già fatto il loro danno. Ben più attuale è il grave problema di quelli inesplosi che ogni anno, ancora oggi, provocano decine di ferite, mutilazioni e invalidità nella popolazione di queste zone.

A Phongsavanh ci sono gli uffici di alcune organizzazioni dove si illustra con puntuale documentazione lo straziante passato di guerra subito dalla città e dal suo territorio. Alcuni giovani invalidi stanno a spiegare le attività che organizzano, il sostegno che danno ai bisognosi, le necessità che affrontano; ma più di tutto testimoniano a distanza di anni con il loro corpo mutilato la cattiveria di tanto cieco accanimento.

La sofferenza del momento, sicuramente ben più terribile, è ora un ricordo, tramandato dai racconti degli anziani o da questi raccapriccianti documenti. Rimane comunque un conto aperto che stanno pagando persone ancora più innocenti di quelle che a suo tempo furono colpite.

I pannelli, che mostrano e raccontano gli eventi bellici, sono firmati dai marchi di diverse agenzie di cooperazione, ma fra tutte primeggia assurdamente in caratteri rossi “US Aid. From the American People”. È vergognoso, ho l’impulso di sputarci sopra e stracciarlo, con le lacrime agli occhi e tutta la rabbia e il disprezzo che salgono in me. Loro, causa di tanta distruzioni, si fanno anche belli dell’aiuto generoso. Forse è grazie a questo che la città appare graziosa e prospera, con le case colorate.

Sono i giorni del capodanno cinese e i ragazzi fanno scoppiare i petardi per le strade, mentre le lanterne rosse segnano le case e le attività commerciali cinesi. Si vedono anche turisti dalla vicina Cina che fanno capolino sulla scena del turismo indipendente. Visto che invece in Italia si è in periodo di carnevale, al mercato provo delle buone frittelle di banana che potrebbero benissimo passare per le classiche frittelle di mele.