Doppio spostamento: Fergana

Mi sono diretto alla stazione per partire alla volta di Tashkent. Spero di prendere il treno delle 11, ma faccio le cose troppo semplici. Alla stazione mi rivolgo a uno sportello che sembra vendere biglietti, anche se le scritte in uzbeco e in russo non sono di grande aiuto. Mi dicono che non c'è più posto sul treno delle 11 e bisognerà aspettare quello della sera. Mi scoccia aspettare perché con il bagaglio che mi sono portato appresso è complicato fare qualsiasi cosa per passare utilmente il tempo.

Vado così allo sportello informazioni, dove normalmente vengono assegnate quelle persone che non parlano neanche una parola di inglese, condizione che del resto non è arduo soddisfare tra gli impiegati di questo paese. Infatti la signora, che ci impiega un bel po' prima di notare la mia presenza, occupata com'è a fare tante cose che non sembrano azzeccare per niente con la funzione che dovrebbe svolgere allo sportello, mi dice di andare a un altro posto. Il numero 3, stavolta.

 

Gioco allora questa seconda carta e mi rivolgo al n. 3. Anche qui mi dicono che il treno è al completo, ma stavolta insisto. E la signora sembra accorgersi improvvisamente di un posto dimenticato da tutti e come per magia mi vende il biglietto. Che bello! Devo solo aspettare poco più di un'ora e mi potrò imbarcare per Tashkent.

Quando arriva il treno, constato, con non molta sorpresa, che non ho un posto a sedere, ma mi posso almeno accomodare su una specie di sgabello all'ingresso della carrozza, ricavato da un calorifero coperto da una striscia di tappeto. Non va così male e pur senza il massimo della comodità avanzo molto nella lettura del mio libro Tess of the D'Urbervilles.

Arrivo verso la metà del pomeriggio e mi cerco un'auto per salire immediatamente nella valle di Fergana, senza passare una notte nella capitale. Ne trovo una nel parcheggio subito fuori dalla stazione e parto. L'autista deve sbrigare alcune commissioni in giro per la città, anche per conto degli altri due passeggeri, prima di partire effettivamente. Tra queste un ragazzo deve riscuotere la propria paga dal cantiere. Quando esce con la borsa piena di banconote, si legge la soddisfazione sulla sua faccia e non ho dubbi, visto l'ingombro dei contanti, che il pagamento è davvero avvenuto.

Durante il viaggio, due passeggeri mi tempestano di domande che per lo più non capisco, poi procedono all'esame del mio passaporto che mi chiedono per curiosità e poi io faccio altrettanto con il loro. Arrivo a Kokand verso sera, depositato davanti all'albergo Kokand, altro relitto sovietico dove la camera senza doccia costa 5 $ e non ne vale mezzo di più, ma non ci sto male. Del bagno comune, invece, meglio non parlarne. Mangio in un bel locale all'aperto spiedini e insalata.

Nella valle di Fergana

15 agosto. Prima di partire voglio dare un'occhiata a Kokand e faccio bene perché la trovo, con il senno di poi, la città più interessante della zona. Ci sono bassi edifici zaristi, per niente imponenti dall'esterno, ma sobriamente eleganti. L'interno di quella che è la banca è spettacolare: lo avvisto mentre cerco di fare cambiare della moneta, ma il tasso è troppo basso e non accetto. Ci sono arredi d'epoca e sale decorate in questo affascinante edificio.

Camminando per il centro, raggiungo una madrasa, preceduta da un mercato delle pulci di parti meccaniche, lungo il marciapiede. Questa scuola non ha alcun elemento artistico di valore, e gliene sono davvero grato perché non sopporterei la vista di un ennesimo monumento nello stile che ormai ho visto e stravisto da quasi un mese. Tuttavia, l'edificio è interessante per la funzione che svolge di accogliere studenti ed educarli. Sul  cortile spoglio si affacciano le porte delle celle e alcune persone si perdono in questo grande spazio comune. Vedo dei bambini a coppie davanti a un leggio mentre recitano il Corano; altri più grandi sembrano discutere in un angolo ombroso. Poi degli anziani, terminata la lettura, si apprestano a fare la colazione e stanno già rimestando una zuppa che borbotta su un fornello a gas.

Mi invitano a prendere con loro una fetta di melone con del pane fresco e mi siedo con loro. Chiedo loro se siano sceicchi, ma mi rispondono di no, studenti. Mi porgono un altro pezzo di un melone dolce e profumato e sarebbero pronti a offrirmi anche la zuppa, che declino, avendo già fatto una buona colazione in un angolo della strada dove preparavano caffé istantaneo.

Parto per Rishton dove visito un laboratorio di fabbricazione di ceramiche artigiane. Il giovane nipote del maestro mi illustra in inglese le fasi della lavorazione. Ha 19 anni e dall'età di 8 si dedica a questa fase di lavorazione. In un primo tempo ha imparato esercitandosi sui cocci, poi ha preso a decorare i piatti, le teiere e gli altri pezzi interi passando un sottile pennello che traccia i contorni del disegno già abbozzato a matita e poi decorandolo con i vari colori.

Riparto per Fergana e trovo l'albergo pieno, quindi devo andare in una casa privata. Il giovane proprietario mi viene a prendere in auto. Vive da alcuni anni in Tailandia con la moglie e lavora come corrispondente di un'agenzia turistica russa, come precedentemente ha fatto in Turchia. Spera di mettere da parte dei soldi per continuare la sua vita in Uzbekistan. Con la sua famiglia ha già avviato numerosi progetti: sta costruendo un hotel a tre stelle e si è lanciato in altri coraggiosi investimenti che gli dovrebbero dare un comodo futuro.

Mi fa piacere ricevere la chiamata degli amici spagnoli che mi hanno cercato in tutti i posti segnalati dalla guida. Eravamo rimasti d'accordo per incontrarci in quell'hotel che abbiamo tutti trovato al completo. Ci diamo appuntamento a Tashkent.