A Margilan per due appuntamenti

 

Ci svegliamo presto. Farruh, che lavora presso gli uffici di vendita della Uz-Daewoo, ha una giornata libera oggi che è domenica e vuole andare all'enclave di Shakhmardan, una valle uzbeca isolata circondata da territorio kirgizo, una delle tante stranezze dei confini di queste regioni piena di bolle extraterritoriali e assurde delimitazioni. Per arrivare da Tashkent nella zona di Fergana bisogna ad esempio superare un passo a oltre 2000 m di altitudine, mentre il corso della valle, come anche la ferrovia, passa in territorio tagiko. Farruh mi invita a unirmi a questa escursione, che però risulta fuori dal mio ambito di spostamento, dato che non ho il visto kirgizo.

Mi accompagnano così alla stazione degli autobus di Shakhrihon e da qui prendo per Kuwa e poi per Margilon. Qui mi dirigo al mercato domenicale Kuntepa che si tiene un po' fuori dalla città. Vedo che è affollatissimo ancora prima di entrare nel recinto e si può valutare il flusso di gente che conviene in questo luogo osservando il numero di spiedini che stanno abbrustolendo sulle braci di numerosi ristoranti. Mai ho visto un carico simile.

Facendomi strada tra la folla e il forte fumo di carne bruciacchata, mi addentro nelle corsie. Donne e uomini passano tra i venditori di ogni merce e scelgono, comprano, pagano. Non c'è nessun articolo che mi possa interessare, si tratta di merce destinata alla gente del posto, ma a volte ci sono cose curiose. Come quegli stivali di vernice che prevedono anche una specie di bassa scarpa con la suola da calzare al loro esterno e che probabilmente serve per proteggere la parte più morbida dai pantani del disgelo.

Quando sono sazio di merci e di gente e ho passato diverse ore in questo bazar, faccio ritorno a Fergana dove mangio un plov nel locale dell'altro giorno. Mi sembra il mio solito posto. Anche la sera ritorno al locale accanto, illuminato da due potenti fari alogeni che fanno risaltare la tela cerata rossa delle tavole. Si radunano qui, nella notte, i diversi personaggi del mercato che si sfamano prima di chiudere la giornata. Passa il giovane pescivendolo con la sua carriola piena di pesci e poco ghiaccio; poi altri lavoratori che consumano avidamente una zuppa con il pane e se ne vanno alla svelta, a casa; ci sono anche alcuni che hanno alzato troppo il gomito.

Anch'io rientro al mio albergo perché stavolta ho trovato una camera nello Ziyorat in centro, al quinto piano. Si tratta di un'altra struttura un po' malandata e con il servizio alla sovietica: nel mezzo del pomeriggio mentre riposavo, una cameriera è venuta a intimarmi perentoriamente di cambiare stanza perché il gabinetto della mia non funzionava. Così ho traslocato di fronte. La sera fino alle 23 sento la forte musica che viene dalla discoteca all'aria aperta.

18 agosto. Ho aspettato fino a oggi che è lunedì prima di fare ritorno a Tashkent, in modo da visitare la fabbrica di seta di Margilan. Finalmente oggi è in funzione con le sue centinaia di operaie, che però non vedo in grandi numeri, perché la visita si concentra sulle lavorazioni tradizionali che non impiegano tanto personale. Dal capannone accanto però proviene un rumore di macchine assordante e immagino che lì lavorino molte più persone.

Un'operaia fila la seta, dipanando i bozzoli per cercare il capo dei fili dopo aver tolto il cascame. Il maestro tintore è accovacciato in un altro capannone al lato della caldaia e intento a far macerare la sacca con la tintura naturale, di acacia in questo caso, fino al momento che solo lui sa e serba come un segreto. Le matasse vengono immerse in questo bagno, a volte con il metodo del batik che prevede diversi bagni con una protezione sui colori più chiari già applicati in modo da avere diverse tinture sullo stesso filato. Dei ragazzi sono intenti a togliere questa protezione alle ciocche di filato, che costituiranno l'ordito delle sciarpe con i disegni tradizionali di colori a macchia sfumata.