Nel villaggio dei pescatori

Abbiamo deciso di andare oggi a Fuqum, un villaggio di pescatori dove ha soggiornato per alcuni mesi uno studente di antropologia francese che avevo incontrato a Damasco di sfuggita. Géraldine è venuta a trovarlo qui tempo fa e ha conosciuto i suoi ospiti, la famiglia di pescatori, e mi ha dato il loro indirizzo per passare a trovarli, dicendomi che sono persone squisite.

Abbiamo comprato un pollo arrosto e della frutta da mangiare, passando per Sheikh Othman prima di prendere l'auto per il mare. Arrivati, ci tratteniamo in casa per salutare e bere un bicchiere di tè, poi ci invitano a salire su una barca da pesca per raggiungere  una stupenda spiaggia deserta dove la sabbia dorata si alza dalla linea del mare e forma una duna molto ripida. Non c'è nessuno al di fuori di alcune persone all'estremo opposto della spiaggia.

Nel primo pomeriggio il figlio maggiore, Rashidi, viene a riprenderci in barca e ci porta a un'isola vulcanica sotto cui si trova una caverna poco sotto il livello del mare. Ci buttiamo in acqua e nuotiamo. Mi dicono che nuotando sott'acqua si può raggiungere una cavità della roccia riempita di aria. Esito, ma mi devo sottoporre alla prova e tenendo gli occhi aperti per non sbattere contro un ostacolo, emergo in un cunicolo angusto. Esco dall'acqua con la testa per respirare ma l'aria è umida e pesante e non vedo l'ora di uscire all'aperto.

Poi approdiamo su un lato dell'isolotto e lo scaliamo per arrivare sulla cima da dove si vede tutto il panorama del mare in una vivissima luce del sole splendente che si riflette sul mare, facendolo sembrare metallico. Torniamo al povero villaggio dove le case sono semplici costruzioni addossate, fatte di prismi di cemento, rabberciate alla bell'e meglio, spesso con stanze a cielo aperto.

Il padre di Rashidi mi racconta il suo viaggio per l'Europa quando era studente in Libia. È molto informato sull'attualità e istruito e anche suo figlio ha preso questo gusto per il sapere. Ci intratteniamoa a lungo, poi siamo invitati a visitare altre case che raggiungiamo passando tra angusti corridoi tra le abitazioni, invasi di sabbia, rifiuti e tubi. In alcuni punti si sente odore di orina.

Entriamo in un'ultima casa e capiamo che ci vogliono trattenere per la cena. Mangiamo un buon pasto, con pesce naturalmente, nella serena compagnia dei nostri amici che pur nella loro umiltà hanno espresso una grande ricchezza offrendoci tanta ospitalità. Le donne qui sembrano molto meno segregate che altrove, si sono mescolate per la cena con gli uomini e con me, hanno il viso scoperto. Mi colpisce in particolare la bellezza di una giovane dai bellissimi lineamenti quasi indiani. Porta un foulard sul capo e mi rivolge alcune naturali domande. La relazione sembra distesa.

Rientriamo con il taxi collettivo e a casa ci intratteniamo a parlare fino a tardi.