Entrata in Turchia

L'entrata in Turchia30 luglio - Appena arrivo alla stazione, ancora a digiuno, vengo attratto dai dolci esposti in un negozio e compro una fatira. Non faccio a tempo a chiedere dove trovare una tazza di tè che il padrone si affretta a farmela portare, accompagnando il mio primo pasto con un'abbondante conversazione.

 

Mi metto subito in viaggio per la Turchia, prima raggiungendo Eezaz e da qui il confine, che attraverso completando le formalità di uscita e di entrata. Non l'avevo preventivato, ma passati i controlli, mi trovo in un posto assolutamente desolato senza mezzi di trasporto per continuare la marcia. Alla prima auto che passa chiedo un passaggio fino a Kilis da dove dovrei imbarcarmi per Gaziantep, ma non ho ancora un centesimo di lira turca in tasca e oggi è domenica. Chiedo dove posso cambiare, sperando di trovare qualcosa, altrimenti non potrò neanche pagare il prezzo del trasporto. Mi indicano un tabaccaio e qui faccio l'operazione alla cieca, ma scopro poi che il tasso applicato è quello corrente.

Arrivo all'otogar di Gaziantep e riparto quasi subito per Adiyaman e da qui Kahta. Si nota un cambiamento di paesaggio, molto più verde di quello siriano, per quanto anche qui rosolato da un sole che non lascia crescere erba. Ma il cambiamento più drastico lo si osserva nell'aspetto delle città e nel livello di vita. Ma la Siria, con i suoi marcati tratti mediorientali, mi piace così com'è: chiusa, isolata, sporca, illogica, affascinante. Se fosse troppo ordinata, pulita o sviluppata non eserciterebbe su di me il suo richiamo particolare.