Le acque azzurre del lago di Van

Una tomba di Ahlat3 agosto - Non sono per niente in forma. i sintomi che ho iniziato a sentire ieri si sono dichiarati in un malessere generale. Mi prendo in farmacia uno sciroppo tanto giallo quanto un evidenziatore che mi consigliano di prendere tre volte al giorno. Alle 10.30 arriva il pulman e ci chiamano mentre sono con Ibrahim che sta ancora facendo colazione. Io avevo già passato un'ora leggendo sulla terrazza di un caffè che dà sul fiume dove di tanto in tanto mi giungevano all'orecchio le parole di due anziani che conversavano in arabo. Che strano, essendo così lontani dal confine!

Il viaggio non è molto comodo. Si svolge in una temperatura insopportabile senza finestrini, con aria rovente che scende dalle bocchette. Facciamo tre soste, ma sono comunque 5 lunghe ore di strada. Non mangio niente per pranzo e arrivo all'albergo di Tatvan assai indebolito. Decido comunque di approfittare delle ultime ore del giorno per andare ad Ahlat, ma prima faccio il bucato per averlo asciutto domani.

Dopo un bello spostamento in pulmino di poco più di mezz'ora lungo la riva del lago, gironzolo per l'antico cimitero, tra le lapidi decorate di iscrizioni cufiche e licheni, mentre decine di belle tartarughe vivono la stagione degli amori. Il loro corteggiamento prevede che il maschio sospinga la femmina nell'erba a colpi di guscio.Poi durante l'accoppiamento si sente un lungo e acuto fischio che non sembra possibile provenire da una bestia altrimenti muta.

La sera prendo un tavuk sis che mi restituisce un po' di forze, poi incontro Mariangiola e Ibrahim per strada e mi intrattengo con loro nella fresca aria di Tatvan.

4 agosto - Alle 10 sono partito con Mariangiola e Ibrahim per l'escursione al cratere del vulcano Nemrut Dagi insieme a due silenziosissimi tedeschi. La salita è durata un'ora di pulmino con alcune soste per ammirare il paesaggio spoglio ma addolcito dalla presenza di tanta acqua tra l'esteso lago di Van ai nostri piedi e ben 5 laghi contenuti nel cratere. L'aria pura dell'altitudine fa vedere le forme molto nitide e la vastezza del cratere con le sue ripide pareti che digradano verso i laghi interni. È impressionante. Ci fermiamo a uno degli specchi d'acqua che presenta sorgenti calde alle rive. Siamo a quota 2400 m, ma l'orlo del cratere supera i 3000 m. Faccio il bagno anche se non ho il costume. Fa caldo, il sole batte forte e non è filtrato dall'atmosfera o dall'umidità.

Al ritorno a Tatvan alle 15, pranzo con l'autista in un piccolo ristorante dove ordino due pide. Poi, alle 17.30 parto per Van. La mia idea sarebbe di fermarmi lungo la strada per dormire al campeggio proprio di fronte all'imbarcadero per l'isola Akdamar, ma non riesco a farmi capire dall'autista e mi ritrovo al capolinea a Van insieme a Mariangiola e Ibrahim. Prendiamo un camera nello stesso albergo, ma io ho una camera condivisa. Mi dicono che c'è anche un iraniano e infatti siamo abbastanza vicini al confine qui.

Esco per una cena senza carne – non ne posso più – e trovo un locale aperto 24 ore su 24 dove si serve solo shorba. Tornato all'albergo mi trattengo oltre un'ora leggendo nell'ingresso. Quando salgo in camera un letto è stato occupato da un uomo turco che trovo già profondamente addormentato, mentre un secondo arriva più tardi quando già ho spento la luce, terminata la festa di nozze che si svolgeva in una sala apposita di fronte all'albergo.

5 agosto - Passando poco dopo le 8 in un vicolo dove molta gente sta facendo una colazione prevalentemente salata presso diversi locali in fila, decido per una volta di fare colazione alla turca e ordino formaggio con erbe, un piatto di tahine e miele, uova sode e tè. È un pasto sostanzioso e viene accompagnato da due tipi di pane di cui uno è quello fatto a mano e appena sfornato.

La chiesa armena di AkdamarParto per Akdamar con Mariangiola e Ibrahim. Sul pulmino faccio la solita conversazione a gesti e monosillabi con il vicino di sedile. All'imbarcadero la barca si riempie alla svelta, salpa e in pochi minuti ci fa sbarcare sull'isola. La bella chiesa armena è visibile solo dall'esterno per via dei lavori di restauro, ma è comunque un gioiello di architettura e di decorazioni scolpite. Scendiamo alla spiaggia dove le acque ci tentano presto a entrare e sento l'effetto dei sali alcalini disciolti nel lago che rendono la pelle viscida, come insaponata.

Conosco un australiano con cui converso sulla stretta spiaggia; dice non vuole entrare in acqua per un taglio al piede che potrebbe bruciare al contatto con quest'acqua. Tornati sull'altra riva troviamo difficoltà per il ritorno in pulmino perché non si riempie. Quasi tutti i passeggeri che sbarcano hanno il proprio mezzo parcheggiato e se ne vanno autonomamente. Dopo una certa attesa, decido di provare con l'autostop, ma per due volte l'autista del dolmus impedisce alla persona di prenderci. Per sfida allora ci spostiamo di un po' e fermiamo un bus che ci porta al primo paese dove inganniamo una breve attesa bevendo il tè che ci offre uno dei passeggeri, poi ripartiamo per Van.

Sono le 16 e ho tempo di andare alla rocca che scalo per ammirare il paesaggio sul lago e sui campi intorno, fino a spaziare sulle montagne verso il confine. La posizione di questi ruderi è vertiginosa perché sono a strapiombo su tutti i lati. Rimango fino al tramonto, poi rientro in albergo dove trovo un nuovo compagno di stanza, un altro australiano. Il suo approccio è ironico e sbruffone e mi diverte. Decidiamo di andare insieme a Hosap domani.