L'esame
Giovedì ho fatto l'esame, abbastanza impegnativo, soprattutto la parte di letteratura antica. Nel pomeriggio, pur avendo preso l'impegno morale con me stesso di partire, ero contrario interiormente all'idea di lasciare Damasco. Dopo l'esame esco a prendere un caffè con Tiziana, la simpaticissima Maria di Saragozza e Laila dell'Iran, che ha ritirato la mano inorridita quando ho voluto salutarla nel modo più casto che mi è venuto in mente, cioè con una stretta di mano, senza osare uno sconcio bacio sulle guance. E Maria, ridendo con me in modo complice, mi ha teso la sua di mano, anche se l'avevo appena baciata. C'era anche un nostro professore, Shadi.
Mi chiama poi 'Imad che vuole invitarmi a prendere un buza, il celebre gelato damasceno che in estate si vende a tonnellate nella galleria del Suq al-Hamidiyye. Coperto di pistacchi o senza pistacchi, in coni o in scodelline di metallo, passeggiando o seduti nel grande locale che lo vende, si mangia sempre in un solo gusto: la panna.
A casa, piuttosto stanco, inizio a preparare il bagaglio, una parte che depositerò qui, un'altra da portare in viaggio. So che devo partire da Damasco, ma non ne sono ancora del tutto convinto. Mi sembra quasi di ritardare mentalmente la partenza, se non addirittura materialmente, dato che mi muovo senza fretta alcuna, nonostante mia madre si incominci ad innervosire di iniziare il viaggio ad ora tarda e senza sapere dove passeremo la notte; ma per me niente di più normale. Prendiamo poi il service per il garage bulman e salpiamo per Tadmur (Palmira) dove arriviamo a mezzanotte. Dobbiamo cercare un albergo, ma ricordo quello dell'anno scorso e ci dirigiamo lì.
Viaggio nelle province
E' iniziato così il viaggio nelle province siriane, le cosiddette muhafazhat. Abbiamo fame e quindi nonostante l'ora ci addentriamo nell'abitato moderno dal tracciato regolare e dalle vie spaziose in cerca di cibo o solo un succo di frutta. Tutto è chiuso e un forte vento spazza a raffiche il deserto. Troviamo un ristorante dove il figlio del padrone insiste per offrirci una bevanda e ci fa accomodare per terra sui divani arabi. Iniziamo a parlare in arabo, ma gli sembra molto strano che io possa capire, così mi ripete tutto due volte. Quando però passiamo a parlare di poesia si scioglie. Incomincia a citare una poesia di Nizar Qabbani e vuole scrivermela su un pezzo di carta. Dice che sono 85 versi e prego Dio segretamente che non me li snoccioli tutti quanti. Già quelli che mi scrive ci bastano per arrivare alle 2 di notte, ora alla quale ci congediamo per andare a riposare.
Il giorno dopo mi dedico a dormire mentre la mamma visita le rovine. È venerdì e la città è piena di persone in tunica da moschea. Nel pomeriggio saliamo a piedi al castello arabo dove ci riposiamo parlando con i ragazzetti che aspettano i turisti per vendergli cartoline. Poi scendiamo e prendiamo il pulman per Der Az-zor, sull'Eufrate.
Der az-Zor
La città è in grande movimento, anche alle 10 di sera, tutti fuori a passeggiare. Si avvicinano due ragazzi che vengono da Al-Abu Kamal al confine con l'Iraq. Maledicono l'America, ma ci vogliono portare all'albergo che abbiamo scelto. Uno dei due mi sta accando e non smette di parlarmi. Vogliono incontrarci dopo che ci siamo sistemati, ma noi sgattaioliamo dall'albergo in cerca di un ristorante senza aspettarli.
Siamo nelle strade buie, consultando la guida. Un signore, che sta sorseggiando un caffè con i due figli in cortile, tutti vestiti nella tunica del venerdì, ci rivolge la parola in francese e ci invita a sederci con lui. Il suo francese non è così forte perché mi fa ripetere tutto dicendomi: doucement! Passiamo quindi all'arabo e avviamo una conversazione interessante con questo commerciante di automobili, evidentemente facoltoso, che ha tre figli nello Yemen per studiare medicina. Dopo quasi un'ora prendiamo commiato, ma abbiamo con noi i due pacchetti di caffè e un po' di cardamomo che ci ha fatto portare dal suo bambino servitore, quando gli ho detto che il suo caffè era molto buono... Andiamo finalmente al ponte sospeso sull'Eufrate e mangiamo.
Raqqa
Il giorno dopo partiamo per As-Salahiyye, o Dura Europos, un sito archeologico non lontano dalla frontiera con l'Iraq. La visita è estremamente pesante per la distanza da percorrere sotto il sole impietoso tra la strada e il sito, e poi all'interno del recinto, che non presenta niente di spettacolare, se non che è almeno situato in una magnifica posizione che domina il grande fiume e posside mura esterne di dimensione ciclopica.
Torniamo a Der Az-zor e da qui prendiamo un service per Raqqa. Arrivati in città un passeggero insiste per portarci all'albergo, poi in giro per la città. È Mohammad, che telefona poi a un altro amico omonimo e insieme facciamo un passeggio per le vie del centro, arrivando fino alla grande moschea antica in rovina. Non troviamo succhi di frutta per dissetarci, così compriamo dell'uva che Mohammed 2 ci vuole a tutti i costi pagare.
Aleppo
Il giorno seguente, dopo aver visitato il deludente Qasr al-banat, partiamo alla volta di Aleppo. Arriviamo verso l'una e prendiamo un albergo nella zona in cui ero stato l'anno scorso, di fronte al museo nazionale. Visitiamo i bellissimi suq medievali, ammirando colori e profumi, le pietre di cui sono costruite le case, i vicoli, stupendoci in continuazione per le donne spesso completamente velate di nero e con guanti, nonostante la piena estate: come scarafaggi umani! Che città misteriosa...
Il giorno seguente visitiamo la spettacolare cittadella, secondo me uno dei monumenti più impressionanti del mondo. Nel pomeriggio avvertiamo stanchezza e ci ritiriamo in albergo, ma presto ci accorgiamo che si tratta della torta alla panna che ieri abbiamo mangiato insieme. Io sono abbastanza immunizzato e me la cavo con spasmi dolorosi allo stomaco, ma la mamma è in piena intossicazione alimentare, ha la fronte che scotta e non ha la forza per alzarsi dal letto.
Stamattina ho comprato delle medicine per la mamma che è ancora k.o., mentre nel pomeriggio mi decido ad andare a Qal'at Sam'an nei dintorni di Aleppo dove viveva San Simeone lo stilita, il quale decise un bel giorno di passare il resto della sua vita in cima a una colonna in ascesi.
Finita la visita molto interessante delle rovine della chiesa, mi siedo al bar del sito archeologico e mi metto a parlare con un taxista che è venuto a portare due francesi che stanno al famoso storico hotel Baron (quello di Agatha Christie e Lawrence d'Arabia). Mi dice: "Vieni con noi, ti riporto io ad Aleppo e ti faccio vedere altri posti storici sulla strada del ritorno!" Ma io esito perché dovrebbero dirmelo, non lui, ma i francesi che hanno pagato il servizio. Quando arrivano questi due simpatici signori di Parigi ci mettiamo a parlare, poi molto naturalmente mi chiedono proprio di fare ritorno con loro, così gli posso tradurre le spiegazioni dell'autista, che non parla francese. E infatti Ahmad si lancia in mille spiegazioni per poi addentrarsi in discorsi di politica, che appassionano tantissimo il francese, il quale non lascia nemmeno che Ahmad termini la frase per chiedermi di tradurre.
Passo un'altra serata con Tawfiq e con il narghilè che questa sera tocca a me pagare; tiriamo le ore piccole, naturalmente con l'immancabile quaderno delle poesie che in parte lui stesso ha scritto. Mi propone di dormire sulla terrazza all'aria aperta, ma restisto solo un'ora, poi, infreddolito o forse solo spaesato per i rumori della città così vicini, me ne torno sotto le mie coperte.
La mamma sta meglio oggi, se la sente di alzarsi e così torniamo a San Simeone, che le consiglio di non perdersi. Nel rientro dalla visita, lungo la strada di 6 km che ieri ho percorso a piedi nell'andata, facciamo autostop e ci raccoglie una camionetta che trasporta erba. La mamma sale davanti, io dietro appollaiato sul fieno con tre ragazze, molto divertite e incuriosite nel vedere turisti viaggiare in questo modo semplice e nel constatare che mangio le mele che mi offrono in continuazione, senza lavarle né sbucciarle. Vogliono a tutti i costi invitarci a mangiare da loro, ma decliniamo l'invito per fare ritorno ad Aleppo.
Hama
Prendiamo il bus per Hama dove arriviamo verso le 7 di sera. Entriamo in città con un service dalla circonvallazione dove ci ha lasciato il pulman. Prendo lo stesso albergo dell'anno scorso. La mamma va a letto, ma io vado in cerca di cibo. Che sorpresa quando scorgo in un locale Katarina, la tedesca che stava a Damasco, con il suo fidanzato Luis, della Galizia ma residente in Berlino. Passiamo insieme la piacevole serata immersi nella lingua castigliana in piena Siria, passeggiando e spingendoci fin sotto le nurie, gli enormi antichi mulini ad acqua sull'Oronte. Ritentiamo la sorte con una deliziosa torta alla panna, specialità di Hama.
Oggi è il giorno della Qal'at al-Husn, il Crak dei Cavalieri, la fortezza medievale crociata meglio conservata del Medio Oriente. Uno spettacolo di ingegneria militare!
Rientro alla base: ancora Damasco
Dopo la visita rientriamo a Damasco. Trovo molto strano ritornare alla metropoli conosciuta, dopo questa bella settimana passata nelle muhafazhat, incontrando molta gente, con cui ho parlato e conosciuto nel loro carattere. Damasco è diversa forse soprattutto per la dimensione, ma la gente non è più altezzosa per il fatto di vivere nella capitale, che sembra solo un enorme città di provincia. Chiaramente qui ci confondiamo di più, soprattutto la mamma che non dà nell'occhio per non portare il velo o tenere le braccia scoperte. A Der az-Zor sembrava di avere gli occhi di tutti puntati addosso.
Prendiamo la camera che era di Tareq, da Um Bassam e passiamo a salutare Amal che ci accoglie con grande festa. Beviamo insieme il caffè, anche in compagnia di Marie-Anne e del ragazzo svizzero che ha preso la mia camera. Constato più tardi che da Um Bassam non esiste doccia, ma bisogna lavarsi usando i secchi di acqua!
Zabadani
Oggi è l'ultimo giorno pieno in Siria. Decidiamo di salire in montagna a Zabadani con Marie-Anne. Incontriamo un simpatico ragazzo (curdo di Al-malikiyye), militare qui, che ci vuole accompagnare a vedere il quartiere vecchio della città, prevalentemente cristiana, e poi salire con noi a Bludan, dove mangiamo insieme in uno dei numerosi ristoranti.
Di ritorno a Damasco facciamo le ultime spese. Il mio aereo è alle 6.40 del mattino, la mamma invece parte nel pomeriggio di domani. Devo salutare ancora tanta gente. Incontro Tiziana che mi consegna il certificato di superamento dell'esame: ce l'ho fatta e ho avuto come voto 80/100.