Dune di sabbia, secondo tentativo

3 febbraio. So che probabilmente non saranno l'ottava meraviglia del mondo, ma ora che sono qui non andrò via senza aver visto le dune di sabbia. Riprovare dalla strada di ieri è inutile, sarebbe una follia. L'infermiere si era offerto di farmi da guida per un altro percorso, ma alla fine ho deciso per una terza via: percorrerò, ancora in solitaria, la pista che parte da Lompoul village che si trova a circa 8 km all'interno. Spero solo di non perdermi un'altra volta.

 

Il motore dell'auto si è avviato a grande fatica e dopo vari tentativi, che secondo me erano disperati, l'autista ce l'ha fatta anche ad affrancare la sua portiera sbattendola con particolare violenza perché stesse chiusa durante la marcia. Con l'abitacolo invaso da un costante odore di fumi di scappamento, sono arrivato insieme ad altri passeggeri raccattati sulla strada fino a Lompoul village. Non mi sarei stupito di trovarmi a metà strada con il sedere sull'asfalto, visto che il fondo del veicolo era corroso dalla ruggine e pieno di buchi e il nostro peso, sommato a quello del corpulento autista, ha sottoposto la ferraglia a una dura prova.

In questo quadro di rovina, una straordinaria ragazza è salita sull'auto con un lattante al seno che completava il quadro di una bellezza statuaria in cui spiccavano occhi perfettamente disegnati sotto una fronte bombata.

Deposito il bagaglio in una casa e mi metto in cammino sulla pista. La strada è faticosa e lunga, sotto il sole. Passo da un villaggio appollaiato sull'alto di un poggio. Verso la strada una tettoia di legno coperta da fronde secche ospita la scuola di arabo dove il maestro sta insegnando a leggere a stupendi marmocchi allineati per terra, spiegando alla lavagna. Scambiamo qualche parola e mi allontano lasciandogli il mio numero di telefono.

Arrivato alle dune devo riposare all'ombra dell'accampamento. L'ultimo tratto, sulla sabbia sempre meno compatta, è stato particolarmente faticoso e poi la disidratazione mi ha sfiancato. Da questa prospettiva, il panorama di dune gialle è singolare, ma vedere in estrema lontananza il confine della foresta spezza l'incantesimo di un deserto smisurato e mortale. A sud invece si stende la zona di boscaglia che ieri mi ha intrappolato.

Quando sono ristorato, faccio un giro tra i crinali modellati dal vento e spazzati da correnti d'aria che sparano i granelli nella loro direzione. Una volta appagato, ritorno sui miei passi con una marcia in senso opposto che dura un'ora abbondante e pesante.

A Kébémer salgo su un pullman per Saint Louis. La tariffa non è fissa, ma si negozia con il bigliettaio che si intascherà sicuramente il guadagno alle spalle della compagnia. Mi chiedono 2000 CFA, ma gli altri passeggeri hanno pagato questa cifra da Dakar. Li minaccio che per 2000 CFA non mi avranno mai come passeggero perché aspetterò il prossimo mezzo. Se si è determinati, ho notato, si ha ragione dell'atteggiamento impetuoso dei senegalesi, che solitamente sono anche abbastanza ironici per prendere la cosa sul ridere. Quando sono convinto di pagare una tariffa equa, salgo e partiamo. Ma la corsa non dura molto perché in un sorpasso azzardato il nostro mezzo lanciato in velocità sprona un furgoncino e le carrozzerie sono intaccate.

Ci fermiamo per il regolamento dei conti. Non so che risultati sortisca, ma assisto a uno scontro verbale molto acceso tra gli autisti, che vengono spalleggiati dai rispettivi passeggeri, anche se alcuni cercano di fare da pacieri. I toni si accendono e si rischia di venire alle mani, ma quando si sono sufficientemente sfogati, con chissà quale compromesso, tutto finisce e proseguiamo la marcia.