Buddhaland (Wutaishan)

14 agosto. Per arrivare in questa vallata è occorso un viaggio di diverse ore che mi ha fatto superare due catene di monti, alcuni brulli, altri coperti di boschi; abbiamo poi scollinato oltre un passo e siamo scesi nella conca che fu scelta dai monaci a partire dal VII sec. per fondare un complesso di monasteri e di templi. Il luogo fu considerato particolarmente illuminante perché le montagne disposte intorno alla valle formano una corolla che richiama il sacro fiore di loto. Oltre al grande numero di edifici religiosi sul fondovalle, furono costruiti templi su ognuna delle cinque vette che simboleggiano i petali. Wutaishan, una delle quattro montagne sacre del buddismo cinese, supera di poco i 3000 m.

La mia visita coincide con il fine settimana, perciò il posto è invaso da visitatori cinesi che come me hanno pagato l'astronomico prezzo di ingresso di 218 yuan. In Cina non si regala niente e tutto ciò che può costituire richiamo è in vendita, compresa la religione. Così oggi questo centro è meta di pellegrinaggi e di visite: si mescolano viaggi devozionali a quelli di turismo pseudo-religioso; pochissimi gli stranieri.

Mentre cercavo un albergo ho conosciuto un inglese, di una sessantina d'anni, e abbiamo finito per condividere la camera. È un personaggio originale dal comportamento disinvolto non ingessato nelle tentennanti maniere dell'educazione inglese, cosa che mi fa sentire a mio agio. Racconta con naturalezza episodi della sua vita, le relazioni con le donne e i viaggi che ha recentemente intrapreso. Mi fa ridere quando nella scheda che ci danno da compilare in albergo indica come professione hotel inspector. Ma ancor più esilarante è la contrattazione che gli fa strappare la camera a un prezzo che mai avrei pensato di ottenere. Non che sia una suite: il bagno è esterno e sembra piuttosto la cucina della casa.

Nel pomeriggio saliamo a un monastero interessato a grandi lavori di rinnovamento. Oltre l'area del cantiere si apre un cortile e qui una lunga serie di tavoli è completamente occupata da uno stuolo di lucignoli di ottone che bruciano.

Man mano che l'olio si esaurisce e la fiammella si spegne, alcune persone raccolgono le lampade e le passano alle pie donne e ai monaci seduti su bassi sgabelli. Tutta questa mano d'opera è intenta a estrarre lo stoppino e a lustrare il metallo. Io e David siamo subito ingaggiati e con uno strofinaccio iniziamo anche noi a rimuovere la fuliggine dalle lampade ancora calde. Terminata la lucidatura, si fa cadere il lucignolo nelle ceste e ne esce di ritorno un bello squillo metallico. Domani mattina verranno di nuovo riempite di olio e accese a una a una.

Queste persone gioviali ci hanno dato il benvenuto e un monaco rasato tenta di darmi delle informazioni che non capisco. Un altro bonzo anziano osserva pacificamente il mondo da un angolo del portico, con occhi calmi che raccontano la storia della sua lunga vita.

15 agosto. Inizio la domenica partecipando all'accensione delle fiaccole poco dopo le 7 del mattino. Con David e la coppia francese saliamo poi verso il monastero sull'altura che domina il centro della valle. Sfacciatamente alcuni monasteri chiedono un ulteriore prezzo di ingresso: quello che muove la vallata non è altro che il commercio. Le popolosissime città vicine costituiscono il bacino che alimenta di visitatori i monasteri rossi che punteggiano la valle, con le loro travi decorate da cui pendono le lanterne. Molti sono soggetti a lavori di recupero, altra manifestazione dell'ondata di frenetica attività costruttiva che vive la Cina, questa volta diretta alla messa a punto delle risorse turistiche, come ho già osservato a Datong.

Tra i visitatori si osservano manifestazioni di pietà religiosa, una profusione di prostrazioni, inchini e preghiere che non mi aspettavo nella Cina comunista. In questo ambiente rispunta una cultura tradizionale salvata dalla distruzione, ma si affianca in modo stridente a quella portata dai visitatori laici che vengono in gita a gruppi e allo sfruttamento commerciale che pervade il tutto. Non si respira assolutamente atmosfera di raccoglimento e tutto sembra una grande fiera folcloristica.

Certamente anche in passato il luogo beneficiava di un flusso di pellegrini, ma oggi è diventato Buddhaland, il parco tematico dei monasteri e della religione, con negozi che vendono ogni tipo di articolo a tema, un'infinità di alberghi e ristoranti e un traffico di auto che ieri notte ha soffocato l'unica strada, mentre paradossalmente il motivo musicale dell'Om mani padme hum risuonava alla nausea da ogni angolo.

Interpreto i lavori di manutenzione in corso nei vari monasteri storici come lo sforzo per potenziarne l'attrattività, ma ai miei occhi i colori sgargianti dei dipinti e gli angoli acuti delle pietre mi danno impressione di falso storico. Quantomeno ci lavorano artigiani secondo tecniche e con materiali tradizionali: i falegnami squadrano e piallano tronchi per ricavarne travi, preparano gli incastri senza chiodi, mentre i muratori costruiscono muri con mattoni pieni e conci squadrati e gli scalpellini sgrossano e scolpiscono le pietre ornamentali.

Osservo i visitatori cinesi nei templi accenderevcandele rosse e bastoncini di incenso infilzati nella sabbia degli enormi bracieri di bronzo a forma di pagoda che convogliano il fumo e lo fanno uscire dall'alto come una canna fumaria. Mi sembra di vedere delle vittime che cadono in questa trappola. 

So di essere troppo severo, ma anche il penitente vestito di una tunica grigia piena di rattoppi, la fronte cosparsa di cenere e il cranio rasato, mi desta sospetto. Per avvicinarsi a ogni padiglione del tempio avanza stendendosi per terra, allungando le braccia e piegando i gomiti per battersi la schiena con le mani giunte a ogni prostrazione. Nella sua drastica penitenza e assoluta devozione, mi sembra troppo in contrasto con l'atmosfera da parco tematico.

Sicuramente qualcosa di sincero esiste. Mentre mangio in un ristorante un monaco mi si presenta e chiede il mio nome. Poi si mette a scarabocchiare su un pezzo di carta e andandosene mi consegna questo messaggio: "Voglio cambiare il mondo, voglio aiutare tutte le persone. Voglio far diventare questa terra una terra pura. Spero che tu mi aiuterai a fare del bene al mondo intero e a tutti gli uomini. Jiucheng. 15 agosto 2010". Bisogna venire qui per coltivare questa vana speranza, perché altrove si sa per certo che non ha possibilità di riuscire.

Penetro nel primo cortile rimesso a nuovo di un altro monastero mentre sul retro lo spazio si presenta come il tempo l'ha ridotto. Come altrove, molti dei Boddhisatva raffigurati rappresentano Manjusri con la spada in mano, simbolo della lotta all'ignoranza e stimolo alla saggezza. La patina degli anni incrosta le colonne stuccate che in vari punti si spelano, mentre l'erba cresce tra le pietre del selciato e i tetti sono invasi da erbacce. Questo volto, pur decadente, mi rincuora sul fondamento storico di Wutaishan di cui mi ero quasi messo dubitare. Mi conforta vedere che questa parte invecchiata contiene gli stessi decori che sono stati ripetuti in quella restaurata, a riprova della fedeltà del lavoro, anche se i colori chiassosi sono una nota discordante.

Tre curiosi personaggi attirano la mia attenzione mentre aspetto la navetta lungo la strada principale. Sono un monaco vestito di tunica rosso acceso, un'anziana donna rugosissima con fattezze mascoline e un altro anziano che porta una camicia ricamata e i capelli nerissimi raccolti in una coda. Il monaco mi ha rivolto la parola e mi ha detto che vengono dal Tibet.

Il monastero con cui chiudo le visite è quello dai tetti gialli, simbolo del potere imperiale che aveva gli riconosciuto un ruolo di supremazia sugli altri della zona. I pini antichi dalla corteccia rugosa si stagliano con le loro belle forme ricoperte di aghi sullo sfondo dei padiglioni e accanto alle steli di marmo decorate con il motivo del drago. Non si può dire che gli manchi fascino.

Ormai penso di poter chiudere con le visite e mi godo gli ultimi raggi di sole iniziando la lettura di Jane Eyre mentre la gente defluisce con il termine del fine settimana. Ceno con David e il francese, al tavolo con due australiane, madre e figlia, la prima buddista di tendenza. Chissà se venire in questo posto l'ha gratificata nella sua ricerca di spiritualità.

La sera mentre mi lavo all'acquaio, il giovane della stanza accanto mi offre l'acqua calda della sua camera, ma ormai ho finito e lo ringrazio. Più tardi però viene a bussare alla nostra porta e mi dice di avermi portato un regalo. Tra le mani ha un oggetto avvolto nella carta igienica e sono incuriosito di scoprire cosa ci sta nascosto. Mentre sorrido tra me e me di questa presentazione, ne esce un bel sigillo di pietra da fare incidere con i caratteri del mio nome cinese. È stato davvero carino, questo giovane che, appena uscito dalle scuole superiori, si accinge a iniziare in un'altra città la sua carriera universitaria nel campo della biotecnologia. Non tutto il mondo è stato contaminato dalle logiche commerciali.