Panorami di Shanghai

26 agosto. Anche a Xin Cheng l'accostamento di mondo nuovo e mondo vecchio è ovunque sotto gli occhi. Nelle vetrine di antichi negozi, che ancor oggi vengono sbarrate nottetempo con antoni di legno, un giovane sarto inganna l'attesa giocando su un computer. E questi stessi negozi ospitati in case antiche vendono tutti i prodotti della modernità.

Zhonghua oggi lavora a scuola e ho deciso di fare un giro per la cittadina prima di partire per Shanghai. Da stanotte alloggerò presso un altro ospite in centro, in modo da essere più comodo con gli spostamenti. Ho però rimorso di lasciare Zhonghua, così premuroso e accogliente; mi sembra di tradirlo. Per addolcire la notizia, gli annuncio che passerò due giorni in centro e tornerò sabato sera a riprendere i vestiti che ho lavato.

 

L'autobus impiega la solita ora e mezzo per arrivare alla stazione della metropolitana ma Shanghai si distingue per efficienza. La bigliettaia indaffarata a seguire tanti passeggeri si è ricordata di indicarmi la fermata che le avevo chiesto. Non ce ne sarebbe bisogno, invero, perché ogni fermata negli autobus cinesi è annunciata da una voce registrata anche in inglese, ma questa volta mi ero distratto. A terra, chiedo ai volontari dell'Expo di indicarmi un telefono pubblico. I ragazzi non sanno dove dirigermi, ma non esitano un istante a offrirmi il loro cellulare. Le schiere di questi volontari sono foltissime, tutte impegnate nei compiti di accoglienza dei visitatori presso vari chioschi, oltre che nei lavori di ordine, pulizia e quant'altro: un esercito in armi per il bene comune.

Alla fermata della metro di Hong Qiao, Léi mi sta aspettando come convenuto. È un ragazzone alto e allegro che mi accoglie salutandomi con un simpatico nihao. Ci incamminiamo verso l'appartamento, che si trova in uno stabile non ancora terminato, ma già affittato a studenti. L'appartamento all'undicesimo piano è composto da sei stanze e due bagni, non c'è né cucina né sala. Léi sta seguendo un corso di abilitazione per insegnare cinese agli stranieri, ha il sogno di andare in Tailandia e lasciare il suo posto di lavoro come amministrativo presso la scuola di formazione di Cosco a Qingdao.

Anche se non ha ancora definito nessun progetto per partire, il viaggio lo affascina tremendamente. Mi chiede il passaporto per esaminare attentamente ciascuna pagina e ciascun timbro come non lo farebbe il più meticoloso ufficiale di dogana. Lui che ha viaggiato un po' per l'Oriente, del mio passaporto non si spiega alcune cose, prima tra tutte perché io, cittadino europeo che non necessita di visti per i paesi del mondo sviluppato, mi sia diretto invece verso quei paesi che considera retrogradi e per di più mi hanno richiesto visti di ingresso. Non gli quadra che non mi sia conformato alla logica di rincorsa al futuro che lui ha adottato come una religione, mentre io sono disperatamente proteso alla ricerca delle preziose testimonianze di cultura e di storia dell'umanità. Non può quindi nemmeno capire perché abbia viaggiato notti intere sui treni ordinari invece di scavalcare lo spazio con voli o treni rapidi.

È il rappresentante di una Cina proiettata all'estero, all'internazionale quanto meno in ambito asiatico, dato che è stato diverse volte in Giappone e in Corea, dove aveva una fidanzata. È disinvolto e spiritoso e ride con allegria agli scherzi che escono nella nostra conversazione. Ogni tanto nel parlare lascia cadere una frase in cinese, che mi piace tanto sentire. Intanto che parliamo, mi domando dove dormirò stanotte, visto che in questa stanza c'è solo il suo letto e mi fa cenno di accomodarmi in un angolo della stanza per terra (sono convinto che non sia uno sgarbo, dato i letti sono di norma comunque durissimi).

Ritorno alla fermata della metro attraversando il quartiere che dimostra le sue diverse velocità: operai che lavorano con carriole rudimentali accanto agli altissimi edifici moderni che sovrastano case basse più attempate, ma tutte con facciate rinfrescate per via dell'Expo in corso.

Percorro Nánjīn Dong Lù fino al Wàitān, il lungofiume che rappresenta emblematicamente i due volti di Shanghai. Gli edifici storici del Bund, retaggio di architettura classica e moderna, espressione del passato mitico e spregiudicato di questa città, si rispecchiano sull'altra sponda nel fitto gruppo di palazzi dominati dal loro fulcro che è la Perla dell'Oriente, torre di cemento armato con sfere viola collocate a varie altezze. La nebbiolina che avvolge i grattacieli di Pŭdōng li fa sentire distanti, quasi una visione surreale di edifici fantastici per forme e colori. La loro eterea architettura fa da contrappunto alla pietra solida aggrappata alle facciate del Bund.

Quando arrivo all'estremità del lungofiume, al punto in cui il fiume Wusong sbocca nello Huangpu, osservo come la luce che filtra dalle nuvole in movimento si evolve su edifici che sembrano disegnati, via via modificando ombre e facendo risaltare forme nuove. Mi si avvicina un ragazzo chiedendomi una foto con lo sfondo di Pudong. Parla con un accento strano e mi dice di essere del Guanxi. Faccio fatica a capire, ma lui non si scoraggia e dice di essere diretto a un certo luogo che mi mostra su una mappa interattiva.

Compiuto il dovere di cortesia, cerco di svicolare e continuare il mio giro, ma forse per effetto del suo comportamento così schietto, gli dico che andrò anch'io in quel posto, senza rinunciare ad ammirare gli edifici che faccio notare anche a lui su questa parata di rappresentanza.

Mi stupisco sempre di più di come Liang Xijian possa continuare a sopportarmi in una conversazione che per me non scorre molto fluidamente ma non sembra stancarlo. Arriviamo in una zona indicata come Città vecchia e la troviamo invasa da un brulicare di visitatori che riempiono le vie commerciali, in buona parte rifatte secondo il vecchio stile. Ci si deve fare largo tra la folla, ma ogni tanto Xijian vuole scattare qualche foto con il suo telefono avanzato. Naturalmente vanno scattate "alla cinese", sempre con una persona in primo piano, che sono io oppure è lui, e in posa. Nelle prime foto mi sento a disagio nell'inventare una postura da fotografia, dato che non ho avuto l'allenamento che i genitori cinesi impartiscono alla prole. Nonostante tutto, osservo che ogni mia posa viene ripetuta nello scatto successivo da Xijian, segno che è stata convincente ed è piaciuta.

All'ora di cena mi invita a mangiare, poi vorrei invitarlo io a bere una birra, ma improvvisamente si scatena un tremendo temporale con nuvole talmente basse che sfiorano sotto un cielo oscuro le cime dei grattacieli, mentre scendono cataratte d'acqua e i lampi precedono di pochi istanti assordanti boati del tuono. Arrivato a casa mi intrattengo a chiacchierare con Léi. È simpatico nella sua teatralità quando mima con buffe espressioni del viso quello che sta esprimendo.