Hoi An, giorni di pioggia

Vietnam060215 gennaio - Parto stamattina per Hoi An. Il pulman attraversa bellissimi paesaggi bordeggiando la costa di un mare impetuoso con onde bianche che si infrangono sulla spiaggia vaporizzando una nebbiolina di salsedine. Oggigiorno non si deve valicare più il passo Hai Van perché la nuova galleria attraversa la montagna accorciando di un'ora il tragitto. Peccato perché la vista era considerata molto interessante.

Accanto a me siede un monaco di giovane età, avvolto in una tonaca marrone. È gentile e mi offre una bevanda, poi dei croccantini da sgranocchiare che hanno un gusto né dolce né salato. Accetto solo per cortesia. Ha dei lineamenti molto orientali e gli occhi gli scintillano dietro due strette fessure. Quando gli chiedo dove stia andando, non mi risponde a parole, ma con segni, significando che non mi capisce. Gli mostro una cartina per farmi indicare il posto e per visualizzare a mia volta il mio itinerario. Mi convinco che è muto, ma più tardi lo sento parlare con il suo compagno di dietro. Così reagiscono tanti vietnamiti  quando sanno di non capire né di essere capiti facendo ricorso alla lingua. Allora non utilizzano parole inutili, ma si esprimono solo con dei segni muti e trovo questa reazione intelligente. Molto diversa da quelli che parlando con uno straniero alzano il tono della voce come per parlare a un sordo, credendo di essere meglio capiti.

 

A Hoi An vengo lasciato ai margini della cittadina. È un posto piccolo e inizio a percorrere le strade del centro alla ricerca di una sistemazione per la notte. Qui i prezzi sono più alti che altrove e gli alberghi sono già abbastanza pieni. Ne devo girare parecchi prima di trovarne uno che mi convenga. L'ora di pranzo è già passata e per calmare la fame mi butto in un'esperienza di sapori nuovi: lumache con nervetti in intingolo piccante. Pur non saziandomi di un piatto sostanzioso, trovo il sapore squisito.

Non rimane molto del giorno per vedere la città, ma ne ho già avuto un'impressione attraversandola. La prima cosa che colpisce non sono forse gli edifici storici, ma i numerosissimi negozi di sartoria. Realizzano capi su misura a partire da un repertorio esposto in bella mostra su alcune decine di manichini. Ma sono fogge poco attraenti e tessuti di bassa qualità...

Poi si nota la particolare struttura delle case antiche di cui rimangono tanti begli esempi. Edifici bassi di due piani con tegole fittissime e colorati di un pallido giallo crema. Ma il tempo si è ulteriormente guastato e si è addirittura messo a piovere. La perturbazione annunciata ha toccato la costa.

16 gennaio - Mi sveglio con la pioggia che ho lasciato ieri sera. Non forte, non ininterrotta, ma pioggia senza sole. A volte goccioline fini trasportate dal vento, a volte acqua da cui è saggio ripararsi con l'ombrello. Compro quindi un impermeabile usa e getta.

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Parto per un'escursione a My Son, dove si trovano rovine cham nella bella foresta. I colori sono spenti, ma l'acqua scorre sulle foglie della vegetazione lussureggiante e le lucida; poi, cadendo al suolo, esalta i profumi di terra e accende il colore dell'argilla. Sulle rovine cosparse tra il verde, l'acqua fa risplendere la pietra delle colonne e incupisce il colore degli antichi mattoni. Le vestigia non si potrebbero definire spettacolari; non si paragonano ai grandiosi siti archeologici di altre civiltà del sud est asiatico. Inoltre la maggior parte di quello che c'era, se lo sono portato via per sempre le bombe americane. È tuttavia un posto suggestivo e simbolico per il significato che ha avuto negli scambi culturali ed etnici nella regione.

Con il gruppo di turisti raggiungo l'ampio fiume che navighiamo per fare ritorno a Hoi An. Mi godo ancora le strade della bella cittadina, rimasta forse come era il Vietnam di 50 anni fa, almeno per quanto riguarda l'architettura. È pur vero che le belle case sono ormai invase da una marea di negozi che approvvigionano tutte le esigenze dei tanti turisti.

Anche stasera mangio in ristorante popolare, come sono solito fare. Sono ricorso al ristorante turistico ben poche volte, nei primi giorni di viaggio, ma ho presto osato superare quel confine che tende a isolare il turista in un mondo artificiale e ho scoperto locali che mi fanno vivere un'atmosfera del paese che apprezzo. Ce ne sono alcuni che sorgono direttamene sul marciapiede: una semplice vetrina con ruote nella quale sono esposte le pietanze. Affianco, su tavolini, siedono gli avventori e vengono serviti. Non c'è cucina, né acqua corrente perché i piatti vengono preparati altrove, oppure, se sono carni grigliate, vengono arrostite lì sulla strada.

Altri invece sono ricavanti in una casa privata e sembrano essere un'appendice dell'abitazione, sistemati come sono in un locale libero al piano della strada. Come i primi ristoranti, anche questi offrono solitamente un piatto unico in cui sono specializzati e hanno un'insegna che specifica quello che si trova. Di solito è com, ovvero riso, accompagnato da qualcos'altro, maiale, pollo, verdure, ecc.

Stasera ho preso un piatto di riso con carne di pollo sbriciolata accompagnato da germogli di bambù. Il locale era in una vecchia casa caratteristica con il soffitto in travi di legno e forse non vedeva stranieri da un bel pezzo, se mai ce ne sono stati. La televisione rimbombava con un film inglese sottotitolato, quelli di avventure rocambolesche, una produzione di scarsa qualità. Due ragazzi sedevano a un tavolo e mi hanno rivolto discrete occhiate incuriosite. Un uomo mangiava il suo pollo a un altro tavolo, seguendo l'azione del film.