Mui Né: comunione con la Natura

21 gennaio - Parto alla volta di Mui Né sulla costa, per un po' di mare. È una giornata splendida, ma quando arriviamo al bordo dell'altopiano che l'altro giorno offriva un panorama bellissimo, trovo la pianura coperta da un leggero strato di foschia che rende la visibilità un po' meno spettacolare. Il pulman è occupato da numerosi studenti che vanno a studiare in scuole salesiane a HCMC.

Poco prima di arrivare a Mui Né si attraversa un paesaggio semi desertico di sabbia con macchie di arbusti e belle terre colorate. Poi si costeggia il mare; infine si imbocca una strada parallela alla costa bordata dalle varie pensioni a bungalow o a camere tra le palme. La spiaggia è in realtà così esigua da ridursi in alcuni tratti all'inesistente e le onde del mare vengono a sbattere contro le gradinate delle pensioni che proteggono la costa dalla forza dell'acqua.

Dove cessano le costruzioni degli alberghi la spiaggia si allarga ed è bordata da un bel palmeto. Tuttavia qui la sabbia non è pulita perché i rozzi pescatori usano questo spazio come discarica e gabinetto. Nel mare si vedono di tanto in tanto passare delle strane imbarcazioni rotonde a forma di una grande cesta di giunco che, nonostante una forma senza capo né coda, vengono abilmente manovrate con l'aiuto di un remo.

22 gennaio - Affitto un motorino per arrivare alle dune, quelle di sabbia bianca, che si trovano ad alcune decine di chilometri dal paese. Di fatto mi risulta difficile chiamare questo posto un paese perché è così sviluppato per tanti chilometri lungo la costa che non si individua un centro vero e proprio e non si riesce nemmeno ad afferrarne una dimensione percorrendolo a piedi. Il tutto deve essersi sviluppato a partire dal nucleo dei pescatori che raggiungo dopo alcuni minuti di strada. Infatti qui nella rada si vede ormeggiata in ordine sparso una pittoresca flottiglia di diverse imbarcazioni di legno di dimensioni disparate che come macchie nere contrastano sull'azzurro accecante del mare nella piena luce del giorno.

Passato questo punto ripercorro lunghi chilometri della strada che ha battuto l'autobus nell'altro senso portandomi qui, poi giro per una strada di terra rossa fino a che intravedo in lontananza la montagna di sabbia chiarissima, modellata dal vento in nette forme curvilinee. Sono stato fortunato nell'ottenere indicazioni dalle pochissime persone per strada perché sono partito sapendo solo vagamente la direzione e non ho mai trovato un cartello.

La duna si può avvicinare. Si passa attraverso un boschetto di fitti tamerici, ostacolo quasi impenetrabile ai raggi solari e barriera efficace contro il vento. Poi si esce dalle piante e ci si trova al bordo del lago di acqua blu oltremare nella luce intensa. Accanto si alza invece un gigante di sabbia bianca con una salita in forte pendenza. Ma a parte questo, è tanto più faticoso scalarla poiché i piedi sprofondano nella sabbia e un vento violento soffia movendo in continuazione folate di granelli impazziti a raso terra in rapidi disegni cangianti e vortici caleidoscopici. La sabbia viene spazzata lungo il percorso del vento e quando ci si passa dentro camminando con le gambe nude, la si sente gettata come uno scudiscio sulla pelle, così da produrre una sensazione di aghetti che si conficcano nella carne.

Dalla cresta vedo un pennacchio di sabbia disegnarsi dalla sommità di questo monte così strano nella direzione delle raffiche. Ai piedi della duna si apre invece il lago, mentre a perdita d'occhio si vedono altre montagnette di sabbia rosata. A est, il mare che verso la costa si spoglia del colore cupo degli abissi per accogliere tanti archi di spuma bianca formati dalle onde che si rompono sul litorale. Tutti i colori della natura sembrano essere abbracciati dal mio sguardo che vaga su questa meraviglia.

Fino a questo punto ho percorso 33 km da dove sono partito stamattina. Perciò meglio rimettersi presto in strada per non trovarsi in giro dopo il tramonto. Faccio comunque una sosta anche alla dura rosa, poco prima dell'entrata al villaggio dei pescatori. Un colore caldo e affascinante tinge questa sabbia, soprattutto nella luce dell'imbrunire. Gli ultimi raggi radenti sottolineano con ombre non troppo nette le ondine disegnate dal vento secondo una geometria perfetta e inimitabile: la mano della natura.

Riprendo la strada e ripasso per la cala con tutte le imbarcazioni ancorate, quelle dei pescatori che avevo visto nella luce sgargiante del mezzogiorno. Ora galleggiano placidamente su un mare blu cupo, mentre il cielo rimane luminoso e rosato per effetto degli ultimi raggi del sole che è già calato dietro l'orizzonte. Le sagome nere delle barche sembrano una presenza di fantasmi inquietanti stagliandosi così nette sulle acque lievemente increspate che ancora per poco rispecchiano l'azzurro del cielo. Questo quadro va lentamente verso la notte ma alcune nuvole rosate ravvivano ancora l'uniformità del cielo. Mi sembra un panorama irreale tanto è bello e faccio fatica a staccarmi dalla sua contemplazione, perché mi sembra di sprecare un regalo bellissimo della natura. Poco più oltre vedo il tramonto, ormai scuro, attraverso gli alti fusti e le chiome delle palme, altro contrasto esotico e dolcissimo di colori pastello e di nero notturno.

Dopo cena mi sdraio su una amaca vicino al mare. Il rumore delle onde è forte e la nottata è incantevole. La luna piena, che sempre mi affascina indicibilmente, illumina il cielo e permette di distinguere perfino la linea dell'orizzonte sul mare scuro. Tanti puntini luminosi costellano l'enorme estensione delle acque, altrettanti pescherecci al lavoro.

Mi assopisco sull'amaca tesa tra due palme nel giardino, cullato dal suo garbato dondolare. Anche se sono facile preda delle zanzare sulle caviglie nude che già mi prudono selvaggiamente in vari punti, interrompo la lettura e rimango a godermi questa notte e questa deliziosa brezza marina. Poi mi muovo di qualche passo verso il mare, al di là delle luci del giardino. Guardo in alto e vedo le elegantissime foglie frastagliate delle palme riflettere come una superficie di lucida e nera ossidiana la luce della grande luna. Il vento le fa danzare armoniosamente contro un cielo stellato. Ancora la silenziosa musica della natura.

Nel tornare alla camera scorgo il materasso di un dormiente gettato sotto la capanna centrale nel giardino, quella del bar. E come lui mi piacerebbe continuare a godermi questa splendida nottata all'aria aperta.