Hué e l'isola nel mare

13 gennaio - Ieri notte sul treno devo essermi addormentato sullo spettacolo di un signore di una certa età che dirimpetto a me si puliva la bocca spalancata con uno stuzzicadenti mentre rimaneva comodamente sprofondato sullo schienale reclinato come la poltrona del dentista. Non per molto, perché all'1 ero di nuovo sveglio e dormicchiando scomodamente ho dovuto tirare fino alle 8, ora in cui il treno si è fermato nella stazione di Hué.

Non ho potuto dormire in albergo, ma solo leggermente riposare, forse per via di quel caffé delizioso, cremoso di sapori di cioccolato e latte condensato. Sono uscito presto in città per la visita della cittadella, ovvero di quello che ne è rimasto dopo le tragiche distruzioni portate da più guerre, di cui l'ultima ad opera di quella che si ritiene la nazione modello di democrazia, ma in realtà non propone niente di più che lo stravecchio schema del passato, quello di una potenza che si impone sui più deboli con un nuovo colonialismo subdolo e pernicioso.

Lungo la recinzione del parco, i rigattieri di strada offrono chincaglierie e cimeli di guerra come tazze e vassoi da rancio e tristemente le placchette identificative di soldati caduti. Saranno state pure merce contraffatta, ma erano comunque impressionanti, se si pensa che dietro ciascuna stava la vita di una vittima caduta per una maligna guerra. Siamo qui infatti a solo poche decine di chilometri dalla zona smilitarizzata che divideva i due Vietnam e su cui si sono svolte le più feroci battaglie. Che tristezza! Per fortuna che accanto a questi oggetti i venditori di orchidee hanno appeso i loro vasi con le piante aeree cariche di bellissimi fiori e la gente si assembra per ammirare, scegliere e comprare.

Nel pomeriggio ho fatto una visita al mercato prima di raggiungere la particolare costruzione della cattedrale coloniale dove ho assistito a un pezzetto della messa domenicale, partecipata da un alto numero di giovani. Sono stupito del numero di chiese che in ogni città marcano la presenza cristiana in questo paese che credevo molto più laico o vicino alle religioni orientali.

Purtroppo pare che per domani il tempo sia in peggioramento perché una grossa perturbazione è in arrivo dalle acque del Mare Cinese Meridionale e il telegiornale mostrava un'eloquente immagine di mare in burrasca per indicare lo stato delle acque previsto. Non sembrava molto incoraggiante.

14 gennaio - Con questa prospettiva di tempo atmosferico, che fare? Sono indeciso e dopo un'attenta ponderazione del problema ho deciso di affittare comunque una moto e sfidare incoscientemente la sorte dirigendomi verso la costa a 15 km dalla città. Voglio percorrere parte di un'isola litoranea di forma stretta e allungata che forma una laguna sul lato verso la terraferma.

Ero un po' preoccupato per il percorso fuori città, memore dell'esperienza attraverso il traffico terrificante. Invece, le strade per arrivare al paese di Thuan An erano tranquille battute per lo più dalle bici e dalle moto. Il cielo è nuvoloso con qualche schiarita di sole.

Attraversato il ponte sulla laguna, mi trovo su una stretta lingua di terra sabbiosa percorsa dalla stradina: verso destra vedo lo scintillare delle acque chiuse, costellate di pali per la pesca; sull'altro lato, oltre una cresta di sabbia e una fascia di vegetazione protettiva si estende invece la spiaggia, oggi battuta da un mare grosso e onde violente. Il primo tratto della costa si poteva dire addomesticato, ma oltre, quando ho riattraversato il cordone di sabbia e ho sbirciato il mare, mi sono trovato davanti a un ambiente selvaggio e inospitale, soprattutto con questo senso di minaccia proveniente dal mare.

Nel percorrere i 30 km sull'isola fino al successivo ponte verso la terra ferma ho incontrato diversi villaggi e centri abitati, una moltitudine di ragazzi e bambini che tornavano da scuola in camicia bianca e un nastro rosso al collo. Ma la caratteristica di questa terra sono le tombe costruite in memoria degli avi. Sono veri e propri mausolei ricchi e sfarzosi, colorati e interessanti che costeggiano la strada. Mentre ero fermo per fotografarne un gruppo particolarmente pomposo, alcuni giovani seduti in un bar mi hanno invitato a bere un bicchiere di tè con loro. Non c'è stata una vera e propria conversazione per via delle insormontabili barriere linguistiche, ma è stato un bel gesto di ospitalità. Anche altrove la gente salutava calorosamente il mio passaggio di occidentale perso su quest'isola vietnamita.

Ho terminato il lungo percorso in moto raggiungendo il Fiume di Profumi. Su un altura a poca distanza da un ponte, si vede svettare l'alta statua della Dea della Misericordia. Risalgo la lunga scalinata e arrivo in prossimità del santuario. Una monaca si occupa dei piccioni; alcuni ragazzi in abito monacale sono venuti a pregare. Da lì rientro a Hué, ma ormai il tempo è peggiorato e nonostante non abbia piovuto, minaccia di iniziare da un momento all'altro.