Tranquilla esplorazione di Khiva

ImageHo dormito beatamente sulla terrazza nel fresco della notte. Non sono stato l'unico ad avere questa idea, perché anche due ragazze mi hanno raggiunto dalla loro cameretta all'altro lato della terrazza. Sono le ragazze polacche con cui mi sono intrattenuto ieri sera dopo cena quando mi hanno gentilmente invitato al loro tavolo nel cortile dove stavano consumando un dolcissimo melone e una bottiglia di vino uzbeco, anch'esso dolce. Viaggiano in economia ma con grande senso di accoglienza.

Ho passato un po' di tempo con queste simpatiche universitarie, dimenticando il mal di testa mentre raccontavano la loro avventura di viaggio da Bukhara a Urgench con il famoso pulman sulla cui esistenza ho ora una testimonianza diretta.E' molto economico perché hanno pagato solo 7000 sum a testa, ma al prezzo implicito di impiegare 14 ore e arrivare stravolte nel cuore della notte senza una sistemazione. Un passeggero si è impietosito e le ha ospitate e nutrite a casa sua, alle 2 della notte.

Poi un canadese ci ha raggiunto con la sua ragazza kazaka. Nicho è stato insegnante di inglese ad Almaty per diversi mesi e lì ha conosciuto Farida, anche lei insegnante di inglese, dagli strani indefinibili tratti estremo orientali. Ora sta compiendo un viaggio in Asia centrale ma presto sarà già alla sua prossima destinazione di lavoro: Sulawesi in Indonesia.

Mentre faccio la ricca colazione, amorevolmente servita dalla padrona di casa, riconosco che questa pensione mi piace e ci resterò alcune notti. Esco per visitare Khiva e inizio dal museo della musica. Non sarà l'attrattiva più significativa di Khiva, ma mi ispira. Quando le custodi mi vedono, mi portano in una sala e mi piazzano davanti a un televisore, chiedendomi quale disco voglia ascoltare.

Non ho il tempo di esprimere una scelta personale che mi viene praticamente imposto un penoso dvd consistente in un filmato dalla pellicola tutta graffiata e parlato in uzbeco. Speravo di andarmene dopo poco, ma la guardiana si era piazzata alle mie spalle con il telecomando in mano. Il suo compito era di alzare il volume quando c'era della musica e abbassarlo all'arrivo delle parole.

Mi dispiaceva deludere tanto impegno, ma dopo oltre 10 minuti di una storia inguardabile, mi sono sentito a posto con la coscienza e mi sono alzato. Ma ora la guardiana passa alla fase commerciale perché mi propone spudoratamente di acquistare questa porcheria. Naturalmente quello che ho visto di questo prodotto mi è bastato per il resto della mia vita e anche le sue offerte di prezzo decrescente non scalfiscono minimamente la mia determinazione.

ImageCon questo museo ho fatto un inizio particolare, ma tutto sommato abbastanza rappresentativo della qualità dei "musei" contenuti negli edifici di Khiva. In quanto a esposizioni c'è un po' di tutto, ma per la maggior parte il massimo che riescono a comunicare è un particolare senso di grottesco che si fa specialmente intenso quando trovo la nicchia di una madrasa occupata da un piccolo dinosauro in gesso sullo sfondo di un paesaggio preistorico.

Così di madrasa in madrasa, di moschea in moschea, di museo in museo, passo in rassegna molti edifici di Khiva, ma avverto sempre più che le manca autenticità. I restauri sono stati troppo pesanti, i mattoni sono tutti perfetti, le strade non sono sporche e polverose, non ci sono abitanti che le affollano, le popolano e le riempiono di vita e di rumori. Sulle vie lastricante cammina un modesto numero di turisti stranieri e diversi gruppi di uzbechi che sono qui per festeggiare un matrimonio.

Uscendo dalle mura, trovo finalmente qualcosa di autentico: il mercato, il mio primo mercato uzbeco. È pomeriggio, quindi l'attività non è al suo massimo e una grande parte dell'area è già stata sgomberata. Ma si vedono balle di cotone, meloni, angurie, frutta e verdura. Decido di comprare un melone che scelgo di polpa soda e che si rivelerà in seguito simile al più scialbo dei cetrioli.

La sera mi spingo al ristorante di ieri sera, deciso ad affrontare la scelta del cibo con maggiore ponderazione. Sono solo le 18.30 e trovo una coppia di sposi seduti sulla piattaforma rialzata che serve da desco, in una luce obliqua filtrata dalle foglie, ma ancora calda. Mi invitano a sedermi con loro e cerchiamo di fare un po' di conversazione. Mi versano del tè caldo verde, che accompagna normalmente ogni pasto. La teiera nazionale e le coppette con decori blu sono già sul tavolo e mi disseto di qualche sorso caldo che aumenta la mia sudorazione. Poi ordino uno spiedino che stavolta riesco a mandare giù.

Vado poi alle mura dove incontro tutti: Sandrine, Matthieu, Nicho e Farida. Il posto è piccolo e i visitatori non sono molti. Osserviamo il tramonto sul centro storico da cui si innalzano i due minareti slanciati e quello tozzo non terminato, interamente coperto di piastrelle azzurre.

In albergo passo la serata con Nicho che mi parla del suo paese, mentre mangiamo il suo melone che è stato un acquisto molto più fortunato del mio.

5 agosto. Oggi mi sono proposto di vedere quello che mi rimane da visitare in Khiva. Una dolcissima musica russa mi sveglia alla mattina e accompagna la mia colazione. Viene dal cellulare di uno degli ospiti, un ragazzo uzbeco che lavora per un organizzatore turistico e sta visitando degli alberghi per i quali hanno ricevuto lamentele da parte dei clienti. Tutti gli stranieri se ne andranno oggi e rimangono solo uzbechi, guide turistiche che hanno scelto questa sistemazione economica, mentre i loro clienti stanno in alberghi lussuosi.

In particolare un uomo accompagna una signora italiana di 75 anni che da sola se n'è venuta in Asia centrale e si dirige domani alla frontiera con il Turkmenistan, a pochi chilometri da qui. Poi un'altra ragazza sta accompagnando altri italiani. Si svela così il segreto del mio popolo poco avventuroso e intraprendente: viene in Uzbekistan, noleggia auto e guide e visita con queste mediazioni.

Esco di casa. In una falegnameria, dei ragazzini aiutano il maestro intagliatore a eseguire lavori di bassorilievo e levigatura. Oltre, trovo interessante il laboratorio di tessitura di tappeti che illustra le fasi di allevamento del baco da seta, la filatura e tintura mentre la lavorazione può essere osservata direttamente sul posto. Le abilissime ragazze annodano e tagliano i fili che compongono il disegno memorizzato a una velocità tale che non permette nemmeno di seguire il movimento. Il prodotto finito non mi pare però di grande gusto.

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In un mausoleo piastrellato riccamente di belle maioliche azzurre, dei vecchi entrano per pregare e li osservo nel loro bell'aspetto così centroasiatico. Hanno il capo coronato da turbanti, portano uno spolverino di colore grigiastro su cui spicca per contrasto la lunga barba bianca; ai piedi degli stivaletti di vernice.

Per mangiare vado al mercato, dove incontro il signore di ieri sera che vende spiedini in una delle peggiori bancarelle.

La evito diplomaticamente, per entrare dal retro in un'altra che mi pare appena più accettabile. Gli altri clienti sono ipnotizzati dalla mia presenza e mi rivolgono sguardi curiosi e ammirati e alcuni anche un cortese saluto, a cui rispondo con piacere sentendo il messaggio di ospitalità che mi viene da tanta gente.

Il pomeriggio lo passo rilassandomi e leggendo fino all'ora di sera, quando esco dalla porta occidentale dove si trova il ristorante che ieri ospitava un enorme banchetto nuziale. Ma stasera è libero e nella vasca d'acqua davanti i ragazzini, come tutte le sere, si tuffano, nuotano e si spruzzano, poi fanno gare di velocità. Per variare un po' questa dieta carnivora, mangio due piatti di lagman, i buoni spaghetti grossolani serviti a volte in brodo, a volte con un sugo liquido e cosparsi di coriandolo e finocchietto.