Pellegrinaggi persiani

ImageIl viaggio è durato a lungo, oltre 14 ore, con una lunga attesa a Doha. L'ho passata in compagnia di un giovane cinese che tornava a casa dall'Italia dove aveva studiato per alcuni mesi. Alle 4.30 sono atterrato a Tehran e ho superato positivamente tutti i controlli di frontiera per uscire nell'aria piacevole dell'alba in periferia. Non so bene cosa fare a quest'ora, se riposarmi di questa lunga fatica o affrontare la giornata in modo dinamico, subito.

A cose fatte, ora che scrivo, non posso dire se non che la giornata è stata molto attiva e che non ho avuto la minima possibilità di recuperare parte della stanchezza. È stato un inizio dominato da una nota che, sotto un profilo culturale, mi ha fatto entrare a capofitto nella vita e nella cultura più caratteristica di questo paese. È la scoperta pratica e la prima esperienza della fede sciita, a cui mi sono accostato con un duplice pellegrinaggio, la cosiddetta ziyarah.

Ancora nel chiarore dell'alba, avevo notato sulla strada dell'aeroporto un enorme complesso religioso, in parte ancora in costruzione. Le gru si innalzano tra svettanti torri dorate e le cupole azzurre spuntano appena illuminate dalla luce delicata. Il posto attrae tantissimi pellegrini che si accampano durante la notte con tende colorate a igloo in ogni spazio verde. Nei cortili ci sono i servizi per i visitatori: negozi vari, un fornaio che all'alba sta sfornando decine e decine di sfoglie di pane caldo e la gente si accalca a comprarlo per la colazione; altre persone si dirigono ai bagni per rinfrescarsi o rifornirsi d'acqua.

Si tratta del santuario e mausoleo dell'Imam Khomeini, Haram-e Motahhar, quello dove circa un mese fa, nel pieno delle manifestazioni, è scoppiata una bomba. È un complesso che ricorda vagamente il Tempio d'Oro di Amritsar; la partecipazione dei fedeli rimanda ai movimenti delle masse che inondano i luoghi sacri in India. Si respira decisamente un'atmosfera indiana, con tutte le modifiche del caso. Per esempio, nell'abbigliamento, è d'obbligo la sobrietà più assoluta, soprattutto per le donne.

Dalla stazione degli autobus Terminal-e Janub, non riesco a telefonare al mio amico Shaho, quindi rinvio l'incontro con lui al mio prossimo passaggio per Tehran. Decido di dirigermi direttamente a Qom, dando così un inizio poco convinto all'itinerario attraverso il paese. Non mi sono ancora reso conto che d'ora in poi sono in gioco al cento per cento.

Ma c'è una sorpresa: oggi non è proprio il giorno adatto per andare a Qom. Una fila infinta di viaggiatori è inquadrata tra le transenne coperte da una tettoia, in attesa dei mezzi di trasporto che arrivano con il contagocce. È giovedì e cade una ricorrenza religiosa: tutti si dirigono alla città santa, alla città del clero, quella che ha ospitato Khomeini quando si scagliava a tutta forza contro lo Shah e la sua politica, prima di essere costretto all'esilio. Mi trovo ancora senza volerlo nel flusso dei pellegrinaggi.

Attendo più di un'ora e mezzo prima di salire su un pulman, ma ho fatto nel frattempo la conoscenza di una famiglia afgana composta di marito, moglie e due bambine, oltre alla cognata con altre due bambine. Il giovane uomo parla inglese e ci intratteniamo nell'attesa facendo la conoscenza reciproca. È uno dei numerosi immigranti che ha trovato asilo in questo paese vicino per cultura e lingua scappando da un regime oscurantista prima e dalla guerra poi. Loro sono sciiti e parlano il dari, il persiano orientale.

ImageA Qom ci sono due punti di grande richiamo religioso, di cui uno si trova al centro stesso della città e troneggia con i suoi minareti e le sue cupole luccicanti al di sopra delle case. È il complesso Hazret al-Ma'sumeh, dedicato a Fatima, sorella dell'ottavo imam Ali Reza. Ecco spiegata la fila in attesa dell'autobus che sembra inesauribile: nel momento in cui salgo sul mezzo la osservo riformatasi continuamente nelle stesse dimensioni.

Qom pullula di pellegrini perché domani ricorre l'anniversario della nascita del Mahdi, il dodicesimo imam che secondo la fede shiita nel XI sec. è entrato in uno stato di occultazione ed è visibile ora solo da pochi eletti; è lui che ritornerà insieme a Gesù per liberare la terra dall'errore prima del giorno della Risurrezione.

Per le strade striscioni enfatizzano la ricorrenza con scritte inneggianti e la gente si riversa incessantemente attraverso i portoni del santuario. Facendo strada con il gruppetto degli amici afgani, mi devo prendere carico di una delle bambine che tengo per mano mentre attraversiamo sotto un sole torrido le strade zeppe di traffico. La bimba si lascia condurre docilmente, incuriosita da questo estraneo un po' diverso che entra nella sua vita familiare, ma tutto si svolge in modo molto naturale e i genitori accettano il mio ruolo con piacere. Mi sento accolto.

Arriviamo al grande complesso, articolato in diversi cortili concatenati che precedono l'accesso al sepolcro venerato dove i fedeli si accalcano per sfregare con una mano la gabbia d'argento chiamata zarih e poi passarsela sul capo per ricevere la grazia. Naturalmente gli uomini devono stare a un lato del sepolcro, mentre alle donne è riservato l'altro, a cui accedono da un percorso diverso per evitare disdicevoli strusciamenti.

Man mano si penetra verso le sale più interne, i pavimenti e le pareti sono foderate con lastre di marmi sempre più pregiati, trasparente onice persiano a sfumature verdi, poi pareti e soffitti interamente ricoperti di piccole tessere a specchio che rendono magico l'ambiente.

Nella camera centrale, la folla si muove magmaticamente intorno al fulcro, qualche braccio si allunga ogni tanto al di sopra delle teste per raggiungere lo zarih e alcuni lanciano a intervalli un'invocazione o un'acclamazione di lode a Maometto e alla sua famiglia, che trova diligente risposta in un coro di altre voci a concluderla in litania. Qualche viso è addirittura solcato dalle lacrime per l'emozione dovuta all'atmosfera molto coinvolgente.

Tutto ruota attorno alla rievocazione del martirio con una tragicità che in fondo è propria della vita, ma viene elevata dagli sciiti a culto e a rito, considerandolo un destino desiderabile nella storia di ogni uomo coerente. Il martirio non è una sconfitta con la morte, ma una forma di lotta sublime contro l'ingiustizia e la falsità, modello di vita secondo i grandi valori del sacrificio e del coraggio. Essere sciita vuol dire preferire morire con orgoglio che vivere nella paura e nella schiavitù.

In altre sale i fedeli pregano con genuflessioni che si concludono con il contatto della fronte su un disco posato sul tappeto, fatto di un materiale che simboleggia la polvere che siamo e diventeremo. Anche Ali prega a lungo, poi ci ricongiungiamo con le donne e usciamo dal complesso. Nella piazza ci sono aiole, alcune con un poco di ombra, e la famiglia afgana si accomoda in una chiazza riparata dal sole per mangiare il picnic insieme a me.

ImageÈ giunta l'ora di chiamare l'ospite che ha accettato di accogliermi in couchsurfing. Dice che verrà a prendermi tra 10 minuti. In auto mi porta al suo appartamento e mi presenta ai suoi coinquilini, tutti giovani studenti. Aspettava una mia chiamata di conferma del giorno esatto, mi confessa, e in effetti l'avevo promessa, ma mi sono dimenticato di farla.

Hassan sta organizzandosi per partecipare domani mattina a un raduno di oltre 300 persone a Tehran. Fa parte di una rete di "promotori finanziari" e dovrà partire alle 3 di notte per andare all'appuntamento. È originario di Kerman, ma vive qui da tanto tempo dato che i suoi genitori erano religiosi e questa è la città del clero. Ma ha perso entrambi in un tragico incidente.

Parlo con diversi giovani dell'appartamento, anche se pochi sono quelli in grado di conversare in inglese. Verso il tramonto esco e raggiungo il cimitero che consiste di una distesa di lastre marmoree che tappezzano interamente l'area, salvo qualche arbusto che emerge qua e là. Alcuni gruppetti seduti in cerchio sulle tombe sembra che tengano una riunione familiare o magari un picnic anche loro.

Ho un sonno tremendo e vorrei tanto dormire. Intorno al santuario tanti negozi vendono il dolce del posto, il sumen, ma decido di comprare un melone da portare a casa. Nell'appartamento non capisco cosa stia succedendo. Alcuni sono assorti sui propri computer portatili e sembra che stiano lavorando in gruppo. Ogni tanto qualcuno si alza e cambia stanza, va nell'appartamento accanto che comunica con il primo tramite porte spalancate sul pianerottolo. Tutti sono in subbuglio per la partenza notturna, ma rinuncio a capire e sprofondo su un divano.

Hassan nota la mia stanchezza, non credo che ci voglia una grande perspicacia. Mi accompagna nell'appartamento accanto dove mi distendo su un altro divano, ma c'è un colpo di scena: mi annuncia che a causa della sua partenza mi porterà a casa di un altro suo amico che può ospitarmi. Cosa devo dire? Per me sta bene e gradisco il suo sforzo di sistemarmi con responsabilità, visto che non ho confermato il mio arrivo e lui mi ha ospitato comunque.

Dopo un po' sento suono di musica e vado a sbirciare accanto. Tutti stanno ballando nell'altra piccola stanza e mi unisco alla spiritosaggine del gruppo. Ma il tempo avanza e crollo dal sonno. Non vedo l'ora che si mangi qualcosa come promesso, ormai l'orario della cena è passato da ore. Appena sono seduto gli occhi mi si chiudono ed entro in uno stato di torpore.

Verso mezzanotte c'è una svolta, improvvisamente scendiamo in strada e Hassan mi invita a mangiare un panino in un locale, poi prendiamo un taxi per raggiungere la casa dell'amico. Attraversando delle strade completamente intasate di auto anche nel cuore della notte, arriviamo nel quartiere lussuoso dove si trova l'appartamento del mio nuovo ospite. Sono ormai quasi le 2, ma è ovvio che non posso andare a letto immediatamente senza essermi intrattenuto con i tre ragazzi che mi ospitano. Sono tra l'altro simpatici e si ride anche senza capirsi molto. Stanno passando in compagnia la vigilia della festa in questo appartamento ben arredato, mentre i genitori, fortunatamente, sono da qualche altra parte. Mi sarei trovato in imbarazzo ad arrivare così senza una debita presentazione. Dopo parecchio tempo fanno delle uova strapazzate e si fuma il qalyun.

ImageCado nella trappola del ta'arof, l'arte della cortesia persiana, con Hamid che si versa un bicchiere d'acqua e prima di bere lo porge a tutti per cortesia. Non cogliendo la sottigliezza dell'operazione, lo accetto, ma dalla sua reazione contrariata capisco di aver fatto il passo falso e ci ridiamo sopra. Anche nei negozi sono sicuro di essere troppo diretto quando un negoziante per pura cortesia recita la parte di rifiutare il pagamento. Dovrei stare di più al gioco delle parti, ma questo necessiterebbe una conoscenza della lingua per scambiarsi i necessari complimenti. Mi divertirei un mondo a osservare e a prendere parte al rituale, anche nel valzer degli scambi verbali.

I ragazzi mi mostrano sul loro telefonino il video di una canzone rap moderna in cui il presidente Ahmadinejad pronuncia spezzoni dei suoi discorsi roboanti a ritmo di musica, poi progressivamente la sua faccia si trasforma nel muso di una scimmia e si muove come una marionetta, per poi tornare sé stesso nella sua giacchetta blu smunto.

Quando finalmente mi apparto in una stanza sul cui tappeto hanno steso un materassino, sono ormai le 3 e il sonno mi è quasi passato. Mi piacerebbe addirittura intrattenermi ancora con loro, ma penso al programma di domani.