Kerman e il deserto Kalut

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Contrattiamo un autista per un'escursione nel deserto Kalut a una considerevole distanza da Kerman. Si trova in direzione nord ed è costellato da grandi depositi di sabbia che formano blocchi modellati dalle intemperie, particolarmente affascinanti.

Alle 15 ci incontriamo come previsto con Hamed e la sua vecchia auto al lato del mercato. Ha 23 anni ed è padre di un figlio. Forte della sua bella presenza, è decisamente un vanitoso. I suoi capelli quasi cotonati gli fanno una bella criniera scura che ogni tanto si aggiusta guardandosi in uno degli specchietti dell'auto. Porta diversi anelli alle dita, come usano molti i giovani, ma lui ne ha decisamente di più, ed è vestito con cura.

 

La sua non è la migliore delle partenze, perché mentre sto ancora salendo sulla sua Paykan sento un forte strattone in avanti, seguito dal botto che fa il suo paraurti scontrandosi con quello del taxi nuovo davanti. Ma al controllo dei danni, sembra non ci sia niente di che e con una veloce scusa e un'espressione quasi impassibile Hamed avvia nuovamente il motore per lasciare il gruppo degli altri autisti e partire alla volta del deserto.

Si esce rapidamente dalla città lungo una grande strada che presto abbandoniamo per addentrarci verso un'affascinante catena di montagne nude di roccia che formano un baluardo a nord. Si sale per una valle e passiamo alcuni villaggi per arrivare proprio a quello di Hamed, che si chiama Sirj. Qui ci propone una sosta e attraversiamo quella che sembra una grande oasi di verde concentrata nel fondo valle con diversi giardini e orti. Un'enorme albero centenario vigila alla sponda del torrente con una chioma maestosa un po' danneggiata nel corso della sua lunga vita. La mamma di Hamed ci porta un sacchetto di uva e altri frutti.

Riprendiamo la strada e passiamo il bivio per Shahdad, ormai oltre il baluardo montuoso e immersi nell'aria rovente della pianura desertica, nonostante il sole ora non sia quello più caldo della giornata. Su questa strada solitaria non incrociamo altri veicoli.

Un cartello indica Kalut ad altri 20 chilometri. Pian piano iniziamo a distinguere le forme in lontananza che prendono dimensione e profondità al nostro avvicinarsi e appaiono come volumi sempre più tridimensionali ora che la luce del sole li illumina di sbieco. Il cielo è quasi lattiginoso, non certo per l'umidità, ma per via del pulviscolo e dell'estremo calore. Ci fermiamo al lato di queste formazioni straordinarie e prendo a scalarne una per ammirare dall'alto il panorama disseminato da una miriade di banchi di sabbia scolpiti, bellissimo, ma allo stesso tempo terribilmente ostile. Sento la precarietà della vita umana in mezzo a questa solitudine immersa in tanto calore senza nessun tipo di riparo né acqua, esposta a condizioni estreme e del tutto avverse. La nostra stessa auto non è che un mezzo dotato di scarsissima autonomia, un po' azzardato per esserci spinti fino a qui.

Consumiamo l'uva e i fichi dell'orto, bevendo l'acqua che ormai è diventata calda come un brodo, seduti all'ombra sì, ma su un terreno che è bollente. Abbiamo ora davanti i quasi 150 km del ritorno. Oltre le montagne, l'auto ha bisogno di un intervento. Hamed apre il cofano e armeggia con fusibili e fili, mentre rare auto sfrecciano accanto con i fari accesi. Verso Kerman il tramonto tinge il cielo di violaceo livido e la città in lontananza si sta illuminando.

Ceno con Fabio su una panchina della piazza, con i pomodori e il formaggio che avevamo comprato. Quando vogliamo attraversare il bazar coperto, alcuni militari di pattuglia ci mandano indietro perché questa città, sulla strada che viene dall'Afghanistan e dal Pakistan è ben rifornita di stupefacenti e molti giovani sono caduti nella trappola delle droghe pesanti. Il mercato coperto non è un luogo raccomandabile di notte.

Image18 agosto. Bam non è a una distanza impossibile da Kerman, ma non penso di visitarla. Dopo il tremendo terremoto del 2003 che l'ha rasa al suolo, basta osservare un poster frequentemente esposto per capire l'estensione dei danni e lo stato in cui è ora ridotta. L'immagine in alto la propone in tutta la sua gloria passata, con il suo bellissimo Arg fortificato circondato da una vera città di fango abitata e viva, quella immortalata nel film Il deserto dei tartari. Sotto, la distesa di macerie risultante dal sisma che, oltre a distruggere un capolavoro della storia, ha purtroppo spezzato tragicamente un gran numero di vite. La strada per Bam è stata inoltre teatro di alcuni rapimenti.

Più vicino e nella stessa direzione si trova Rayen, un'altra cittadella fortificata, restaurata nella sua roccaforte che rimane circondata da rovine di case all'interno del perimetro fortificato. Dà l'idea di questo tipo di città, ma purtroppo le manca la vivacità di un centro abitato. Le montagne intorno sono nude e aspre, dipinte interamente in tinte di terra. Davanti agli imponenti baluardi rocciosi, morbide colline formano un drappeggio adagiato alle loro pendici, ricco di pieghe e di suggestive ombre.

Al di fuori di Mahan ci sono i giardini Bagh Shahzadeh, perfetto esempio di giardino persiano ombroso e irrigato da ruscelli, proprio nel mezzo di questo ambiente inospitale e arido, desertico in tutto se non per alcune macchie di vegetazione sui monti dove sgorga acqua. Allora lì nasce la vita e si raggruppano alcune case. In un padiglione con una bella vista sulla scenografia dei giardini, pranziamo. Sono già le 15 e mi sentivo venir meno dal bisogno di cibo.