A Rangdum in attesa

Ladakh237

Una notte senza dormire, letteralmente. Girandomi e rigirandomi, respirando male per il raffreddore, è stata una nottata di attesa, preludio a una giornata di attesa, e per di più senza risultati.

Ho fatto colazione con Albert e quando gli parlavo del mio piano di evasione, anche lui, come per raptus, è stato preso da un'improvvisa voglia di andarsene. Lui, che è artista e fotografo, si ritrova qui con le batterie della macchina fotografica scariche e non può nemmeno caricarle.

Allora abbiamo cercato insieme un'auto, fermando le pochissime che sono passate dal piazzale per registrarsi al posto di polizia e mangiare uno spuntino nelle locande sotto le tende. Le quattro persone con cui ho viaggiato ieri si sono accaparrate il primo veicolo, stipandosi nel retro con i rispettivi bagagli. Noi abbiamo fermato dei francesi di un gruppo organizzato che viaggiavano in due jeep, ma non siamo riusciti a convincerli. Il giovane capo gruppo non vuole guai con i partecipanti, sembra capire la nostra situazione, ma poi ci dice che se abbiamo voluto l'avventura, dobbiamo subirne le conseguenze. Grazie tante, ma speravamo in un po' di collaborazione…

Poi è passata una famiglia indiana, caricata in una jeep piena come un uovo, addirittura con il cuoco. Non ci hanno nemmeno degnati di uno sgardo, come fossimo dei paria. Infine sono venuti degli italiani che ci avrebbero preso, anzi ero già pronto a caricare il mio zaino e prendere posto in auto, ma l'autista ha fatto una scenata e le nostre insistenze non sono servite a fargli cambiare posizione.

I molli passeggeri avrebbero dovuto imporsi, ma titubanti non avevano forza di volontà né consapevolezza di essere loro i datori di lavoro dell'autista. L'ho stramaledetto! Tra l'altro mi ero anche subito con rassegnata educazione una lunga tiritera quando l'uomo del gruppo si è dilungato in uno sfoggio di cultura tutto italiano sui popoli della zona. Lì sul piazzale, mentre la mia preoccupazione era di definire i dettagli pratici del viaggio, era del tutto fuori luogo, ma dovevo dare l'impressione di costruire un rapporto di cordialità anche se in realtà mi stava annoiando da morire.Ladakh278

Dal primo pomeriggio, passata l'ora in cui è probabile che transiti qualche veicolo, abbiamo deciso di tornare al monastero a piedi e di passare la notte laggiù. Dicono che domani ci sarà il pulman, ma di pulman ne sento parlare fin da quando mi trovavo a Kargil, e non ne ho visto ancora traccia. Mi sembrerà un miraggio se lo vedo. Purtroppo ho paura che domani si ripeterà il copione di oggi e mi ritroverò ancora qui bloccato. A quel punto, invece di andare avanti cercherò di tornare indietro, con tutte le mie forze, anzi salterò su qualche auto e non ci sarà nessuno che potrà schiodarmi. Sarà la forza della disperazione.

Abbiamo lasciato parte del bagaglio alla guesthouse in camera di un israeliano che viaggia in moto e ci siamo incamminati sulla vasta pianura ghiaiosa verso la macchiolina del monastero. Prendiamo la scorciatoia che passa attraverso il fiume, da guadare in diversi punti, insieme ad alcuni piccoli monaci che tornano a casa dopo la scuola.

Al monastero sono rimasti solo in pochi perché i più sono all'incontro con il Dalai Lama nella Nubra Valley. Ci offrono tè al burro e mi sento nauseato al solo ricordo di quello che ho dovuto bere ieri; invece quando cautamente lo provo, gli trovo un buon sapore e scopro che mi piace. Con il tè ci viene anche porto un sacchetto pieno di farina di tsampa che presa con le dita e lanciata in bocca, viene accompagnata da un sorso di bevanda. L'operazione deve seguire la prima con grande rapidità perché la farina forma subito una placca sul palato.

Da questa stanza osserviamo gli asini arrivare uno a uno e accalcarsi nel cortile attorno a una ciotola da cui ci cibano di farina di tsampa, anche loro come noi.

L'isolamento di Rangdum è estremo. In inverno non è raggiunto dai veicoli e nemmeno dal cielo atterrano mai gli elicotteri, come saltuariamente può avvenire nello Zanskar in caso di grave necessità. Ci dicono che l'inverno scorso due persone sono morte senza soccorsi né cure mediche, una bambina di tre anni e una giovane donna. Se qualche monaco anziano ha problemi di salute, viene evacuato prima dell'inverno.

Ci danno una camera affacciata sull'imboccatura della valle da cui scende invisibile il percorso di trekking dal passo Kanji La. Ci sono come d'abitudine una serie di materassi lungo il perimetro e in uno stanzino accanto, un pulito gabinetto alla turca. Mi sento esausto. Appena posso mi butto a letto, ma sono percorso da brividi e sento di essere caldo. Prendo le pastiglie di paracetamolo che ho, scadute da 5 anni, poi controvoglia mangio un po' del riso con verdure fritte che i nostri ospiti ci portano in camera. Ho sicuramente la febbre.