Per le montagne Haraz

23 aprile – Scrivo nella bella cameretta della pensione di montagna di Hajara a oltre 2000 m. Il clima qui è ragionevole, niente a che vedere con quel forno di Zabid. Mi sono goduto anche una dormitina pomeridiana, mentre il cielo si rannuvolava e le nubi basse scure sfioravano le montagne per poi far cadere qualche sparsa goccia. Si è accesa una luce diversa da quella del sole brillante e questo è un ulteriore aspetto che sottolinea il cambiamento dal posto di stamattina.

Ma per seguire con ordine, torno indietro a quando sono partito con i neozelandesi e il loro autista. Lui è pastore anglicano e ha lavorato ad Aden per quasi un anno. Ci siamo fermati al mercato del pesce di Hudeida per osservare gli scambi e la belle varietà di pesce in offerta, tra cui tanti squali.

Uno strano divertente personaggio dai capelli lungi e dall'aspetto un po' hippy – dice di essere delle isole Kamaran – ci ha accompagnato in giro dando concitate spiegazioni con tanti gesti e poche parole in inglese. Quando ha saputo che parlo arabo ha rinnovato molti dei chiarimenti con maggiore entusiasmo e dovizia di dettagli. A Maghraba abbiamo mangiato e ci siamo separati. Da lì ho preso un'auto per Manakha, quindi ho camminato fino a Hajara con una sosta per conversare con un ragazzo che ha voluto sapere tante cose sul mio paese. La serata è stata occupata da una lauta cena a lume di candela per via di un'interruzione di elettricità e poi una suonata di liuto e canti locali. Le danze sono accompagnate da un particolare suono sibilante della bocca.

24 aprile – È stata una giornata molto attiva. Alle 8 di questa mattina sono partito con una guida e siamo risaliti per un ripido fianco della montagna fino ad arrivare al villaggio di Hutayb e da lì proseguire per un secondo centro, al-Kahl, meta di pellegrinaggi di ismaeliti, soprattutto indiani. Ho lasciato la guida a Manakha, dove ho preso un succo di mango e da lì sono risalito a Hajara in un taxi che mi ha preso sulla strada. Ho riposato fino alle 3 appisolato, ma meditavo già l'idea che mi aveva dato un signore, cioè di fare un giro circolare per diversi villaggi sull'altro versante della valle, quello verso Hudayda, da cui sono arrivato ieri.

Così mi sono fatto scrivere la lista dei villaggi da cui passare e mi sono incamminato solo. Questa volta ho gustato veramente l'avventura, la necessità di risolvere il dubbio ogni volta che mi trovavo a un bivio. Sono sempre riuscito a cavarmela bene perché ho chiedevo conferma ai contadini indaffarati nei campi, sempre con lavoro manuale o al massimo l'aiuto di un asino. A un certo punto addirittura diverse donne mi hanno chiamato da lontano perché vedevano che prendevo un cammino sbagliato e mi hanno indicato la strada per Juma'a, decisamente il più bello dei paesini da cui sono passato questo pomeriggio. Si trova arroccato su uno sperone e pare una piccola fortezza di case in pietra strette tra di loro.

In tutto sono state tre ore ininterrotte di marcia, da aggiungere alle altrettante del mattino. Mi sono allenato per il trek che inizierò domani con le mie amiche. Ma dato che al contrario di oggi dovrò portare lo zaino intero perché il percorso non è ad anello, ho cercato un modo per inviare il superfluo a Sanaa e ho trovato un autista che depositerà il mio pacchetto in un albergo della capitale. Sono rimasto con il minimo indispensabile.