La costa dell'Oceano Indiano

La notte è stata un disastro. Avevo montato la zanzariera contro le zanzare, che già al crepuscolo si era coperta dall'esterno di tante mosche disgustose, ma il problema è stato il materasso sottile che mi ha fatto sentire tutte le mie ossa appoggiate direttamente per terra. Per di più un cane ha pensato bene di mettersi ad abbaiare come un matto sotto la finestra e alle 4 hanno iniziato le preghiere amplificate del mulid che non finivano più.

Ho fatto fatica ad alzarmi per essere pronto alle 6. Ieri sera avevo preso accordi con l'autista di una jeep diretta a Mukalla con altri passeggeri, tra cui tre donne velate di nero. Perché queste non sedessero vicino a uomini estranei ci sono stati i soliti cambi di posto, ma io sono rimasto relegato allo scomodo banchetto del retro, incastrato tra i bagagli e senza grande possibilità di sgranchire di tanto in tanto le gambe. Presto ho avuto intorpidite le membra inferiori e il sedere e ho creduto più volte di non farcela più.

All'arrivo a Mukalla c'è stato un bel problema. Ieri avevo concordato con l'autista in 1000 riyal il prezzo del viaggio e nonostante fosse inferiore ai 1300 riyal che avevano detto all'albergo, sinceramente mi sembrava ancora gonfiato. Così verso l'arrivo ho chiesto al mio vicino, il quale ingenuamente mi ha detto che pagava 400, ma subito è stato ripreso da un altro passeggero, probabilmente al corrente del fatto che agli stranieri chiedono 1000. Io sono stato zitto, proponendomi di porgere all'autista 400 riyal contati e andarmene salutandolo cordialmente.

Così ho fatto e la sorpresa gli è venuta addosso come una doccia fredda, ma alle sue rimostranze ho risposto che non sono venuto in Yemen dall'altra parte del mondo per farmi prendere in giro dalla gente. Se tutti avessero pagato 1000, anch'io mi sarei attenuto all'accordo, ma a queste condizioni, non ci sto. Lui ha minacciato di chiamare la polizia, ma ho detto che la polizia la chiamavo io in mia difesa e sono andato via a passo misurato. Dopo cinque minuti che camminavo, però me lo sono trovato davanti con lo sguardo feroce e gli occhi iniettati di sangue. Andava avanti a ostinarsi, mostrandomi biglietti da 1000 che a sua detta tutti avevano pagato e ricordandomi la mia parola data. Ma io non ho mollato e gli ho voltato le spalle mentre lui alzava la voce e mi chiamava ladro. Proprio lui!

Ho cercato un posto dove rifugiarmi e ho trovato una stradina a senso unico, dove non mi poteva seguire con l'auto. Penso di stare nascosto per un po' perché se andassi all'albergo, potrebbe farsi trovare lì, dato che scioccamente gli ho detto dove intendevo andare. Trovo un oscuro negozio internet e rimango un'ora abbondante, approfittando del tempo per dare mie notizie in Italia.

Vado poi verso l'albergo, ma non mi conviene e vado a cercarne un altro. Dopo alcuni tentativi trovo una camera decente a 1200 ryal, invasa da un penetrante odore di fumo impregnato nelle tende anche se le pareti sono piastrellate. Armeggio intorno agli interruttori e i comandi del condizionatore finché riesco ad azionarlo per depurare l'aria.

Faccio un rapido bucato che stendo su una corda tesa in camera ed esco nel calore rovente di questa città. Mi spingo fino al porto con le bianche case e il mare azzurro. Lo trovo carino, ma il sole e l'umidità fanno colare in continuazione, tanto che posso presto strizzare il fazzoletto con cui mi asciugo e farne uscire gocce di sudore. Arrivo al lungo fiume, il khor, ben sistemato con begli arredi urbani, cosa rarissima per una città araba.

dscnmukallaPresto il sonno ha il sopravvento su di me e mi sdraio su una panchina per sonnecchiare un po'. Mi sveglio di soprassalto quando sento una presenza vicina e aprendo gli occhi vedo un uomo in divisa che mi sovrasta. Per un attimo mi viene il sospetto che ciò sia legato all'episodio di stamattina. Forse l'autista ha davvero chiamato la polizia e mi hanno scovato, cosa non difficile perché devo essere l'unico occidentale in giro per Mukalla. Si potrebbe presentare un interessante seguito della vicenda, ma si tratta solo di una guardia che vuole parlare con me.

È somalo, da 16 anni in Yemen. Dice che questa zona della città è stata sistemata da un mercante del posto arricchitosi in Arabia. Ora la zona è sorvegliata per mantenere ordine e pulizia. Mi porta un sacchetto riempito di acqua fredda e una sigaretta; mi parla del suo paese e della sua vita qui, del suo sogno di tornare in Somalia, nonostante il rifiuto della moglie yemenita.

Verso le 18 si alza la chiamata della preghiera e mi muovo per passeggiare un po'. Mi spingo verso le vie del mercato, che trovo all'inizio della sua attività serale, brulicante di gente che esce ora che il calore smorzato lo permette. Decine di negozi vendono il famoso miele di Hadhramawt, la gente mangia; passo dal mercato del qat dove la pianticella è protagonista, ma rimangono ora solo gli avanzi perché la gente mastica all'inizio del pomeriggio.

Per cena vado verso il porto peschereccio e mangio un buon pesce grigliato. Nelle strade noto le belle futa, i tessuti ricamati indossati dagli uomini a mo' di gonna avvolta alla vita, ma toccando il tessuto al mercato sembra spesso sintetico e probabilmente importato dall'estero.