Tappa a Tamtattoucht

ImageStamattina alle 6 ero in piedi e vagavo per le gole ancora prima di fare colazione sentendo l'aria fredda incanalata tra le pareti soffiare fresca su di me. Ho fatto ritorno all'albergo per prendere le maniche lunghe. Il venditore di ieri mi ha confermato, come tutti, che il trasporto per Imilchil passerà alle 8.30.

Pare che avrò allora il tempo di fare la colazione e di aspettare. Ma vedo che l'ora passa, ma non il pulmino… Incontro le due italiane di ieri che stanno decidendo cosa fare e ci incamminiamo lungo la strada. Alla prima auto che vedo, metto fuori il dito. Non mi sembra vero: si ferma! Tuttavia andrà solo fino a Tamtattoucht, ben prima di Imilchil, anzi mi toglie ogni speranza sulla possibilità di continuare per la mia destinazione.

 

Accetto comunque il passaggio e percorriamo la tortuosa valle di questo straordinario fiume mentre questo signore mi racconta di essere un ex militare stanziato a Dakhla, nel Sahara occidentale. Ma ora è qui in pensione nella sua terra e i suoi figli studiano a Tineghrir.

Arriviamo a un paese a 1800 m che dà una bella impressione. Ci rimarrò volentieri se non riuscirò a muovermi da qui. Ma non mi do per vinto da subito e aspetto un'ora e mezzo sulla strada insieme a un ragazzo che pure lui sta cercando un mezzo per tornare al suo paese su per la valle.

Mi vengono incontro bambini che sfacciatamente chiedono soldi, biro o caramelle. Poi si fa avanti un ragazzino dall'atteggiamento già adulto che con le mani in tasca e impettito, mentre guarda lontano, pronuncia la frase che riassume tutto il possibilismo circa i trasporti (e non solo) e mi fa ridacchiare sotto i baffi. Mi dice: "Il trasporto per Imilchil c'è sempre. Ma oggi… non so!"

Image L'affermazione, pronunciata con un tocco di ironia, mi sembra davvero assurda e in contrasto con il principio fondamentale delle scienze esatte. Ma bisogna riconoscergli un fondo di onestà, perché tutte le persone che ho interrogato e controinterrogato ieri, erano pronte a giurare che il pulman per Imilchil non solo c'è, ma che passa alle 8.30. Vero che sono rimasto pronto a ogni evenienza, tuttavia propendevo a credere in un esito positivo nella scommessa, data la concordanza di tante voci.

Quando vedo che sono ormai le 11.30 e le poche auto che sono passate o erano dirette al paese stesso, o erano piene, o erano di turisti, torno all'albergo all'entrata del villaggio. Da qui si domina la bella vallata e uno splendido panorama.

L'intensa attività degli ultimi quattro giorni ha accumulato in me un debito di stanchezza che devo ripagare. Mi butto sul letto fino alle 14 e anche quando esco per camminare, lo faccio con un passo flaccido e mi sembra di dovere trascinare un peso enorme. Non me la sono sentita nemmeno di mangiare perché ho un vago senso di nausea.

Camminando tra i verdi campi di spighe pettinate dal vento, vengo adocchiato dai tremendi bambini che iniziano a seguirmi. Sono però le bambine a essere più subdole: come quella decisamente bellina di oggi, che mi ha chiesto di essere fotografata, ma quando sono stato pronto per accontentarla, mi ha detto che avrebbe voluto 1 Dh in cambio. La moneta naturalmente non l'ha mai avuta ma nemmeno la foto. Le ho detto che non sono disposto a comprare le mie foto e dato che le montagne non si fanno pagare, fotograferò loro.

Mi sono spinto oltre la scuola verso la pista che porta al Dades per vedere l'immensità desolante di spazi pietrosi a perdita d'occhio bordati dalle lontane montagne. La luce e l'ombra in movimento sotto le nuvole che viaggiano nel cielo fanno risaltare diversi piani di lontananza.

Ma anche qui i bambini erano in agguato. Non so da dove siano venuti, né cosa ci facessero lì, ma ne ho trovati quattro che mi hanno raggiunto. Mi sentivo spossato e ho approfittato per sedermi, lì sulle pietre. Insieme abbiamo allora costruito una casa di sassolini a due piani per giocare. Poi ho trascinato me stesso verso l'albergo passando dal paese.

Tanti alti muri di fango delimitano gli spaziosi recinti che marcano le proprietà. Uno era in costruzione e ho messo dentro la testa. L'uomo che ci stava lavorando ha avuto l'insolenza di chiedermi 1 Dh dopo avermi accolto all'interno per farmi curiosare. E io, più meravigliato che indignato che un adulto mi chiedesse una cifra così insignificante come fanno i bambini, gliel'ho anche dato. Sono completamente costernato davanti a questo popolo mendicante.

La zona è sicuramente povera. Lo vedevo dai vestiti stracciati e le scarpe a brindelli che portavano i bimbi che ho incontrato sulla pietraia. Poverini, avevano le mani con la pelle rugosa dalla polvere, dallo sporco e dal lavoro, i denti rovinati, le unghie malconce. Non so se si possa pretendere dignità dalla povertà, ma in ogni caso questo non è un valore che viene considerato. L'altra volta che venni in Marocco, fui perquisito in aeroporto non alla ricerca di oggetti proibiti in aereo, ma per elemosinare gli spiccioli di moneta che l'ufficiale non vedeva l'ora di intascarsi. Era un ufficiale stipendiato e si riduceva a chiedere la carità…

Dalla terrazza dell'albergo, reclinato sui cuscini come un pascià, ho letto ammirando di tanto in tanto lo stupendo quadro del paesaggio. Per il resto, mi sono intrattenuto con i gestori dell'albergo. Brahim parla a lungo inframmezzando le sue parole con silenzi e allora lo sguardo penetrante si fissa nel mio, catturando quasi l'attenzione con l'ipnosi, come faceva il mio amico berbero Bassou.