Il passaggio del re

ImageMentre faccio la colazione nel bel sole del tempo ristabilito, osservo un personaggio che non può non attirare l'attenzione. È un mendicante onnipresente e vestito in modo molto eccentrico, come se dovesse affrontare la peggiore tormenta di pioggia. Porta stivali di gomma, un berretto a visiera coperto da uno cencio. È avvolto in un impermeabile stracciato e tiene legato alla schiena un fagotto da cui pendono aggeggi vari. Passa di locale in locale elemosinando cibo, anche prendendoselo direttamente dai piatti della gente che tollera questa intrusione, in nome della carità.

Già da ieri sera avevo intuito che lasciare Imilchil doveva essere tanto difficile quanto raggiungerlo. Vedo un pulmino pronto per Rich, ma questa cittadina che si trova sulla strada di Fez mi costringerebbe a un assurdo giro di 160 km, molti dei quali su piste. Poi vedo passare quello che fa la spola a Tineghrir, che mi riporterebbe da dove sono venuto ieri e da lì mi resterebbero ancora un sacco di ore di strada per arrivare a Fez. Invece per Aghbala, che sarebbe la strada più corta, non si muove niente.

Quando vedo passare due cammion e la gente seduta al bar mi dice che scendono alla valle, scatto per chiedere un passaggio all'autista. Questi mezzi hanno portato le greggi dei nomadi dalla regione di Oujda dove hanno svernato e ora tornano vuoti a valle.

La strada è abbastanza lunga, una sessantina di chilometri tutti in discesa e dall’alto sedile nella cabina godo di una vista privilegiata. Poco dopo il paese vedo il famoso lago che cercavo ieri e a cui non sono arrivato. Passato quello, inizia una discesa rompicollo per una strada scavata nella roccia molto panoramica. È in uno stato precario di manutenzione, con i cigli pietrosi e pietre anche nel bel mezzo della carreggiata, ma questo non fa che accrescere il suo fascino.

Il panorama torna a popolarsi di alberi. Non fitti, ma radi e disseminati su un terreno che pare la pelle di un elefante rugosa e grigia sulla cui superficie passano le striature della roccia. Poi gradatamente, scendendo verso il Medio Atlante, la vegetazione si fa più abbondante, il rilievo più dolce e infine giungiamo alla cittadina di Aghbala.

Qui c’è vita. Vedo le donne indaffarate a lavare i panni a una fontana pubblica, sfregandoli per terra sul piano di cemento dalle cui crepe risale il fango in vari punti. Poi, al di là del paese, arrivo alla piazzola dei taxi per continuare il mio spostamento. Ma di auto non ce n'è neanche l’ombra e nell'attesa telefono a Edy annunciando l'arrivo per questa sera, trasporti permettendo. Vado dal barbiere, perché rischierei di non essere riconosciuto se mi presentassi nello stato in cui sono.

Quando torno al bar, c'è movimento tra le poche persone che attendono di andare a Khenifra. La situazione dei trasporti è già complicata per essere il primo di maggio. Ma cosa ancora più grave, apprendo che non ci sono taxi perché oggi il re passerà da Khenifra, sulla strada per un villaggio dell'Alto Atlante dove c'è stata una moria di persone lo scorso inverno, per il freddo e altre cause. I taxi sono stati tutti pagati perché la gente scenda senza spesa a Khenifra per partecipare alla grande messinscena del corteo reale.

Noi, poveri passeggeri ordinari, siamo ridotti a prendere un taxi per Sidi Yahia dove oggi si tiene un mercato e lì confidare in qualcosa altro da là. Siamo in 12 in un'auto autorizzata per sei persone e uno dei passeggeri viaggia nel bagagliaio, ma è quello che passa il convento. Mi chiede, uno che sta davanti, se anche nel mio paese i taxi funzionano così e scherzosamente dà del ladro al guidatore che riscuoterà da ciascuno la tariffa piena del passaggio. Un vero affare!

Non è una strada lunga, per fortuna, perché sono come una sardina in scatola e non riesco nemmeno a tenere diritto il collo. Faccio la conoscenza di un professore di matematica che insegna relegato ormai da sette anni a Imilchil e sta tornando a casa ad Azrou per una breve vacanza. Ogni volta che fa il viaggio passa ore e ore tra viaggi e cambi di mezzo, ma dice che oggi la situazione è particolarmente disastrosa. Anche lui è sceso con il camion delle pecore.

Il mercato è semideserto perché anche da qui tutti sono scesi, con taxi prepagati, per assistere al passaggio del sovrano. Dopo una breve attesa, troviamo una soluzione di ripiego, quella di scendere alla strada statale con un furgoncino in partenza dal mercato, che ci porterà un po' prima di Khenifra. Da lì speriamo di prendere il primo l'autobus che passerà per Fez.

Infatti arriviamo e presto passa il pulman: diretto per Fez, non poteva andare meglio! Ma sono un illuso, se credo che le avventure della giornata siano finite qui… Già si vedono lungo la strada tante bandiere di rosso cremisi con la stella verde a cinque punte campeggiante nel mezzo, a segnare il percorso del convoglio del re. A Khenifra dobbiamo fare una deviazione perché la strada principale è sbarrata, ma non c’è un itinerario alternativo segnalato e l'autista del pulman si arrabatta per cercare di ritornare alla strada principale. Ci ritroviamo presto a un altro punto sbarrato e il nostro grosso pulman è costretto a fare una lunghissima e difficile manovra su un terreno sterrato per invertire la marcia.

ImageImbocchiamo poi un'altra strada e tentiamo di riprendere la nazionale, ma ci scontriamo con un altro sbarramento. Da qui, ci dicono i servizi di sicurezza di cui trabocca la città, non ci si può muovere se non dopo il passaggio di Sua Maestà, previsto tra un paio di ore. Scendo dal pulman con il professore e mi incammino lungo la strada, deciso almeno a vedere questo benedetto re.

Dietro le transenne tutti aspettano impazienti, vestiti dei loro migliori costumi da festa; ci sono gruppi che suonano ritmi con tamburelli e cantano, cavalli bardati e cavalieri vestiti di tutto punto che reggono la foto del re, a testimoniare questo rapporto di sudditanza al signore.

C'è una marea di gente che non ha altro da fare oggi che passare ore in attesa di vedere un sovrano feudale del XXI secolo. Mi sembra scandaloso e significativo dell'immaturità del popolo e delle istituzioni, ancor più di quanto potevo inferire dalla cerimonia del baciamano che la televisione di stato insiste a propinare a ogni piè sospinto.

Ci allontaniamo a piedi dal pulman, aprendoci un cammino tra la folla eccitata. A un certo punto Younes saluta una ragazza che mi presenta come una sua vecchia fiamma. È bella e spontanea nel suo comportamento, anche nei miei confronti. È stata sposata ma è ormai divorziata e ha una piccola bambina. I due parlano intimamente e sembra che la loro storia non sia mai finita, nonostante il matrimonio di lei, nonostante una fede che il professore stesso porta al dito.

Passa il tempo e propongo di aspettare il passaggio del re più vicino al pulman, ma fa caldo e il professore, il quale porta un maglione di lana e per giunta nero che finora non ha rinnegato, preferisce stare all'ombra. Improvvisamente c'è un brivido di eccitazione, si scorgono i mezzi della guardia reale, poi passa un mezzo blindato che fa molta scena e incute soggezione, con ogni tipo di antenna sul cofano e sul baule; indi una formazione di auto blindate nere e infine la limousine del re, dal cui tetto sporge la sua figura che saluta le folle in visibilio. È un passaggio velocissimo e la gente ha aspettato ore per intravedere nel migliore dei casi la faccia tondeggiante e apatica del suo sovrano. Se non gli è andata bene, ha visto al massimo la sua reale schiena.

La folla, prima trattenuta dalle transenne, si riversa tutta nella strada per seguire il corteo. La festa attesa per ore è durata un istante, ma molti hanno dato così un senso alla propria giornata, tinta da un puro sentimento di servilismo. Salutiamo Fatima per tornare con passo rapido al pulman. Ma nella zona in cui l'avevamo lasciato, tutto è già stato smantellato ed è tornato alla normalità. L'avevo detto a Younes solo scherzando, ma scopriamo che è andata proprio così: il nostro pulman è già partito! Dentro io ho il mio bagaglio e Younes la sua valigia, oltre al fatto che il bigliettatio gli doveva il resto di 100 Dh.

ImageIl professore ha il numero di telefono dell'aiuto autista e lo chiama, ma solo per avere conferma che il mezzo è già uscito dalla città e non ha la minima intenzione di aspettarci. Iniziamo allora un rincorsa con i mezzi che troviamo, sperando di raggiungerlo alla prima fermata, ma so che è una speranza vana. Al volo saliamo su un taxi per Mrerit, ma quando arriviamo dopo una mezz'oretta di strada, il pulman è già andato oltre. Prendiamo allora un altro taxi per Azrou, altri 50 km più in là.

Si attraversa un dolce paesaggio di alture e colline, attraverso cui si snoda lo stretto nastro che è la strada, la quale sembra non curarsi troppo di evitare curve e rilievi, ma quasi divertirsi a seguirli per rallentare la marcia dei veicoli. Siamo quasi arrivati alla città e sono le 18 quando il professore telefona, ma ancora una volta l'autobus è ripartito per Fez. Se non altro ha lasciato alla stazione i nostri bagagli, visto che Younes è arrivato a destinazione. Ma io invece ho ancora altri 90 km da fare.

Recuperiamo i bagagli nell'ufficio del direttore e ci lasciamo. Io devo ancora trovarmi un ennesimo mezzo per raggiungere Fez. Non chiamo Edy finché non avrò messo i piedi in quella città che si fa tanto sospirare e sembra essere sempre più lontana quanto più viaggio.

Nel un taxi che trovo un giovane loquace mi racconta la sua vita, ancora breve, ma piena di eventi, tra gli anni passati come macchinista sui pescherecci, poi nella marina mercantile e infine nel trasporto dei passeggeri. Poi il viaggio in Francia, senza documenti, il soggiorno a Parigi durato 7 anni ininterrotti, l’inizio di una nuova vita, che è ormai la sua strada, con una moglie francese che si vanta di aver convertito all'islam. Ora è riuscito dopo tanto tempo a ritornare a casa per un breve periodo, con i documenti in regola. Apprezza l'educazione della gente in Europa, mentre disprezza l'atteggiamento sfruttatore dei suoi connazionali, soprattutto nei confronti del forestiero.

Parla di suoi amici che si sono arricchiti con lo spaccio di droghe, triste aspetto dell'immigrazione marocchina. Soldi sporchi, gli dico io, anche se abbondanti; alla lunga non ripagano. Infatti mi racconta che un suo amico aveva voluto lavare le colpe di facili guadagni pagando ai genitori il costoso pellegrinaggio alla Mecca. Con l’adempimento di un dovere religioso, secondo una mentalità del tutto simile a quella che ammetteva l’acquisto delle indulgenze, credeva di passare un colpo di spugna su tante nefandezze. Ma i due genitori, tornati dalla Mecca, hanno un incidente stradale ed entrambi periscono. Il figlio è straziato e sicuramente, nella sua mente musulmana, vedrà in questa nemesi il castigo divino.

Raggiungo la casa di Edy, porto sicuro dopo tanto navigare. Un appartamento accogliente e ben arredato in stile moresco; una cena tardiva – mi hanno aspettato tutto questo tempo senza sapere niente di me, se sarei arrivato o no… mentre io scendevo con i camion delle pecore e rincorrevo pulman che mi avevano lasciato a terra. Ma sono arrivato e posso finalmente riposare.