Casablanca monumentale

Image24 aprile. La moschea Hasan II è grandiosa. Questa mattina è circondata da una leggerissima nebbiolina che l'oceano ha diffuso nell'aria. La costruzione è impressionante e di buon gusto, riprendendo i motivi dell'arte moresca e le lavorazioni tradizionali.

Seguo un percorso per le vie della Casablanca coloniale, che tocca notevoli edifici in stile moresco ed europeo e mi permette di ammirare come ultimo punto la cattedrale, ormai una costruzione trasandata. L'abbandono in cui versa la fa apparire un edificio morto, il cui interno è ancora più desolante perché completamente spoglio. Solo le piccole tessere di vetro colorato delle vetrate gli rendono un guizzo di vita, con la luce che le attraversa dall'esterno e le fa risplendere. Ma per il resto, la funzione che le rimane è servire come porta del campo da calcio. I bambini stanno infatti giocando in questo bel parco che la circonda.

Mentre sono diretto alla stazione dei pulman vengo accostato da un tipo che vuole accompagnarmi. Sospetto un classico colpo alla marocchina: si parte dall'essere amici, anzi fratelli, magari aggiungiamo poi qualcosa sulle rispettive religioni che derivano da un unico ceppo e hanno un Dio unico, tanto per dare un tocco di santità al nostro legame e poi… toc, arriva la fregatura che, date le premesse, è difficile schivare. Tutto il preambolo è servito per creare una relazione fasulla di cortesia che la vittima fa fatica a troncare in un paese dove tutti devono sembrare amici. E a rifiutare questa apertura ci sembra quasi di essere degli scortesi, degli ingrati e dei prevenuti.

Capisco che gatta ci cova, ma lui, intuendo che voglio liberarmi di lui, precipita il disperato tentativo di scroccare un pranzo. Gli va storta perché dico che non mi va di mangiare e tanto meno con lui. Allora, ultima spiaggia, esprime una richiesta di aiuto (tradotto: soldi), che gli nego, anche se in parte me ne pento, perché forse ha davvero bisogno. Tuttavia, dato che la cosa è nata poco chiara dall'inizio, la colpa è solo sua. Per via di precedenti esperienze negative, sono diffidente di queste situazioni in cui, passo dopo passo, ci si trova invischiati in una trappola senza rendersene conto e senza potersi districare con facilità.

Quando entro nella sala di attesa della stazione e mostro il biglietto al controllore, mi trovo in un frangente simile. Questo tizio mi rivolge un'esplicita richiesta di denaro, facendo perno sulla storia della moglie morta, tre figli da allevare, la vita dura ecc. Io faccio muro con un altro rifiuto, ma stavolta sono convinto di quello che dico perché capisco sempre di più che come straniero vengo visto come una specie di lampada di Aladino a cui rivolgere le più svariate richieste. Deve essere per molti una specie di lotteria a premi, una ruota della fortuna che vale sempre la pena di giocare – e se va bene, tanto di guadagnato.

Ma quello che mi stupisce è la mancanza di dignità che dimostrano le richieste di gente che ha un lavoro fisso, per quanto umile. Mi indigno per questo atteggiamento che già avevo notato dieci anni fa e che mi toccherà sopportare tante altre volte nel giro di questi pochi giorni.