I templi di Angkor

Un tempio a montagna29 novembre - E' iniziata la visita ai templi di Angkor, la vastissima area occupata da una miriade di templi antichi di 1000 anni in bilico tra la zona turistica di recente esplosione e la giungla che li ha sommersi per tanti secoli e minaccia costantemente di riprenderseli. Questa presenza imponente e incombente della natura poderosa è la caratteristica più affascinante dei templi e ridimensiona il carattere sfacciatamente commerciale e turistico della città che in pochi anni è diventata la terza più grande del paese.

Tutti i templi sono immersi o circondati da un giardino selvaggio di piante eleganti e centenarie dai fusti alti e possenti. Alcune costruzioni sono letteralmente sovrastate da questi esseri vegetali in un abbraccio di sfida tra le pietre scolpite e le parti legnose che le stringono e sembrano esse stesse scolpite dalla mano di uno straordinario scultore. Non si sa chi avrà la meglio. Certi legni sembrano modellati dal tempo e disegnano interessanti quanto strabilianti forme che paiono veli pietrificati. Le pietre dimostrano la loro antichità dal colore che hanno assunto, dai licheni o dai muschi che le hanno vestite, dalla loro stessa disposizione in mucchi o cataste derivanti da crolli che le mani dell'uomo non hanno voluto o potuto rimediare.

 

Insetti sconosciuti emettono sibili, fischi metallici intensi, acuti e continui della potenza di una sirena meccanica. Se ne esce assordati dopo essere stati incuriositi e posti in vago stato di allerta quasi fossero allarmi di avvertimento. Ma in realtà è lo stupore che prevale davanti allo straordinario fenomeno.

Anche sulla terrazza della pensione dove alloggio, la sera è iniziato un fischio assordante che credevo provenisse da un ventilatore mal lubrificato e cigolante. Maledicevo l'indolente personale dell'albergo che non si scomoda per rimediare al problema. Tuttavia la terza sera, mentre cercavo di portare avanti la lettura di un libro nel fastidioso cigolio, ho visto una cameriera spostare un vaso di fiori e il tormento è cessato. Non riuscivo a capacitarmi! Ancora incredulo, l'ho verificato di persona ma non c'erano dubbi: si trattava di un grillo.

Per rimanere in tema di insetti, mi viene in mente che mentre ero in visita ai templi stamattina, ho voluto mangiare il panino alle uvette che avevo comprato per uno spuntino. Masticando ho sentito qualcosa di duro che mi ha istintivamente bloccato il movimento della mandibola per continuare con più cautela. Poi ho sentito uno straziante dolore nella lingua e ho pensato di aver trovato una spina; ma in realtà mi aveva punto un insetto sconosciuto che mi sono rifiutato di identificare, sperando soltanto di non avere nessuna reazione allergica al doloroso morso.

Una ripidissima scalinata

1 dicembre - Sono arrivato al terzo giorno completo di visita ai templi. Ho visto i principali, ma naturalmente la lista sarebbe ancora lunga: non mi sono stancato di questa esperienza, che anzi è stata molto interessante. Alle forme della natura prodigiosa e così insolita per me, si aggiunge la sorprendente configurazione delle costruzioni dalle proporzioni impensabili in altezza ed estensione. Molti riproducono la montagna sacra, il Meru, così che l'accesso alla loro parte superiore è stato reso appositamente difficoltoso con gradini di pochissima profondità e altezza sconsiderata. Sia dal basso che dall'alto la rampa sembra una parete verticale. Se si aggiunge lo stato di conservazione della pietra, molto spesso erosa, si capisce che la scalata risulta anche pericolosa.

Salire permette però non solo di sfidare il proprio coraggio, ma anche di rendersi conto delle dimensioni della costruzione. Nel tempio principale, l’Angkor Wat, la terrazza superiore a non so che altezza, potrebbe essere per dimensioni un tempio a sé stante. C'è poi l’affascinante tempio lasciato nella giungla, il Ta Prom: sono stati rimossi in parte, ma non gli alberi più imponenti, che avvolgono con radici incredibili le parti costruite in singolare unità di destini.

Oggi ho anche fatto il viaggio in tuktuk fino a un tempio lontano, il Banteay Srei, molto raffinato per le sue sculture e quindi meritevole del viaggio di un'ora dalla città. A parte la destinazione, il  viaggio in sé è stato altrettanto meritevole perché attraversando campagne di risaie inframmezzate da eleganti palme, sono transitato per villaggi dove la vita quotidiana veniva colta al momento del mio passaggio: bambini in uniforme sul cammino per la scuola, ragazzini in bici, contadini al lavoro in risaia, forni di mattoni e terracotta che troneggiano nel cortile delle case. In questi ultimi viene introdotto man mano un lungo pezzo di legno dalla bocca a raso terra per scaldare così il grosso calderone fumante poggiato sopra.

Tante bancarelle fiancheggiavano la carreggiata; alcuni offrono dei cilindri di foglie intrecciate che contengono delle pasticche di zucchero di palma cotto, zuccherini artigianali molto saporiti.

Radici e pietre

Il comizio elettorale che era in corso, lo ritrovo al ritorno nel bel mezzo della parte di festa per gli stomaci affamati. Lungo le strade numerosi sono i cartelli propagandistici dei tre partiti politici che si scontrano nelle elezioni e si sono trovati tristemente contrapposti nei lunghi e terribili anni della tragica storia cambogiana. I cartelli riportano semplicemente il nome del partito senza altri elementi grafici, in caratteri bianchi a volte un po’ sbiaditi, su fondo azzurrognolo. Tra tutti primeggia per frequenza quello comunista, il Cambodia People’s Party.

Leggendo la storia della Cambogia serve per capire quante sofferenze sono state inflitte a questa gente durante gli anni della guerra cosiddetta fredda per le potenze del centro, ma che è stata molto calda per i paesi della periferia. La portata di queste tristi vicende è tale che fino a pochi anni fa queste stesse aree erano inaccessibili, baluardo dei terribili Khmer rossi e delle milizie che reclutavano nelle campagne.