Le splendide Patan e Baktapur

8 novembre - Partiamo per Patan con un tuk tuk. La piazza (Durbar Square) è stupenda, più bella ancora di quella di Kathmandu. Mi fermo davanti a ogni tempio ad ammirare e documentarmi. Molti ragazzi tentano di farci da guida. Due bambine ci guidano al tempio dei 9000 Bhudda. Hanno solo 6 e 4 anni! Pranziamo seduti sui cuscini con una bellissima prospettiva sulla piazza.

Nel pomeriggio compro mezzo kilo di tè e andiamo al campo profughi tibetano per vedere la lavorazione dei tappeti. Vediamo anche la strada dei negozi di artigianato, ma non c'è niente di interessante.

Allora torniamo al Thamel. Prendo solo un tuk tuk per andare al tempio buddista di Swauambunath, detto anche tempio delle scimmie. C'è un incantevole panorama su tutta Kathmandu e la sua valle. Torno al Thamel dove mi dedico agli acquisti di un libro sull'induismo, un pendaglio d'argento raffigurante Ganesh e altre cosette. Ceniamo al ristorante vegetariano con gli italiani. 

Image9 novembre - Sveglia di buon ora per la visita di Baktapur. Dopo la colazione a base di yogurt che vado a comprare direttamente alla fabbrica di latticini e che mi viene dato in un gran vaso di terracotta, mi dirigo alla stazione degli autobus, ma il punto di partenza in realtà è una traversa della strada principale, come mi spiegano. Salgo sul furgone express (costo 6 rps) sedendomi sulla gomma di scorta per terra.

A Baktapur un ragazzo mi conduce alla porta della città. La piazza è anche qui bellissima nel primo sole e con pochi visitatori nei dintorni. Mi aggiro per le strade, accompagnato dai bambini che di volta in volta incontro per la strada. La città è ordinata e intatta con le strade accuratamente lastricate con mattoni disposti a lisca di pesce. Sulla piazza dei Vasai assisto al raccapricciante sacrificio di una pecora che viene sgozzata davanti a un simulacro di Ganesh. Poi i bambini giocano con pezzi di budello che si avvolgono attorno al collo e appendono sulla statua. Ammiro un vasaio che lavora la creta, facendone candelieri con pochi movimenti delle dita.

Pranzo provando come dolce uno speciale e buonissimo latte cagliato che fanno qui. È certamente un rischio sanitario, ma non mi importa e vale davvero la pena.

Nel pomeriggio continuo la mia rilassante passeggiata. Mi fermo a parlare con un ragazzo che vende le spezie (compero zafferano e vaniglia). Mi intrattengo per un bel po' sui gradini del suo negozio, mi offre un piatto tipico newari, ovvero uovo cucinato con farina di fagioli e semi di finocchio, sembra; beviamo poi birra insieme a una giovane coppia di San Remo che è venuta a Baktapur in bicicletta.

Ritorno a Kathmandu sull'autobus express. Ci sono donne dai visi veramente belli, una giovane e affascinante vestita di rosso e rosa con una tikka sulla fronte.

È l'ultima serata in Nepal. Esco per comperare con Kim un anello con serpente e i copricuscini che spero si adattino alla misura delle mie sedie. Poi mangiamo alla bakery nel giardino. L'aria è ora ben più fresca di 20 giorni fa, quando arrivammo.

Di ritorno all'albergo parliamo con il portiere che studia all'università. Dice che uno stipendio minimo si aggira sulle 1800 rps al mese (1rp=25 lire). Lui ne guadagna 1500. Che divario con la nostra realtà! All'aeroporto me ne sono accorto amaramente, vedendo in vendita merce a prezzi occidentali, un insulto alla miseria diffusa di qui.

Se le condizioni di vita sono basse e l'igiene scarsa, se l'inquinamento è il flagello delle grandi città, se l'aspetto urbano è così disordinato e trasandato, è perché il reddito permette appena di sopravvivere. È un mondo di contrasti. Ancora una volta tornerò a casa sentendomi colpevolmente nell'ovatta e con la possibilità di soddisfare molti dei miei desideri, o capricci. Allo stesso tempo quasi proverò disprezzo per tutte le inutili comodità intorno a me e per la grettezza di molte persone che pensano solo a denaro, potere, prestigio, dimenticando quello che nella vita c'è di importante, come l'amicizia o donare e aiutare. Entrerò con fastidio in un ipermercato illuminato come una festa da ballo, dove per ogni articolo ci sono 100 marche e varietà... tutte inutili.

Ancora non sopporto l'idea di fare la parte del viaggiatore qualunque, che deve tornare, raccontare peripezie, mostrare foto a chi forse chiede di vederle solo per cortesia. Ma io no! Non sono stato in un parco di divertimenti! Piuttosto in un laboratorio di vita. Le persone che mi ascolteranno o faranno finta di prestarmi attenzione con qualche domanda cortese del tipo “E il volo, è stato diretto?”, non capiranno mai. È l'inevitabile e amara verità. La mia è stata un'esperienza completa, avvolgente, inenarrabile, non solo di cose che ho visto, ma di emozioni che ho sentito fortemente, di legami che ho costruito con la mia compagna di viaggio e con le persone che abbiamo incontrato in un mondo perduto… raccontare posti o fatti banali o strabilianti mi sembrerà di appiattire tremendamente uno spessore che mi ha arricchito e farà parte di me finché mi sarà dato di vivere.

Quanta gente che conosco vive in un guscio sigillato senza una dimensione per capirmi… Sento dentro me la crescita che mi ha dato questo viaggio, un entusiasmo e un'euforia che credo rimarrà tutta per me. Sono fiero di aver fatto il turista come l'ho voluto io, di aver avere avuto la possibilità materiale, fisica, mentale di forgiare in prima persona questa magnifica esperienza.