Partenza a Luxor, finalmente

14 novembre - Stamattina la prendo con calma perché partendo alle 22 ho tutta la giornata per fare le cose che ho previsto, innanzitutto la questione al consolato per porre termine a questo capitolo di avventure.

Dopo la colazione, che consumo pacificamente affacciato alle vetrine dell'albergo, deposito i bagagli e prendo l'autobus per il centro. Al consolato trovo alcune persone davanti a me, ma il tutto si risolve velocemente. Assisto alla sfuriata con tanto di grida e urla da parte di un individuo che insiste per vedere il console, mentre gli impiegati lo vogliono cacciare.

ImageCon il mio prezioso foglio di viaggio vado al colossale edificio al-Mogamma' che troneggia sulla piazza Tahrir con la sua imponenza megalitica; è una specie di concentrato di tutti i ministeri. Per entrare mi perquisiscono e devo lasciare addirittura la macchina fotografica, come se dentro avessi da fotografare segreti di Stato. Al primo piano mi scontro con una visione apocalittica di centinaia di impiegati, tutti spudoratamente sfaccendati, e decine di sportelli e ricordo d'un tratto la procedura di denuncia alla polizia. Mi viene quasi un malore. Devo incrociare le dita e pregare che il tutto non debba richiedere più di poco tempo.

Passo da quattro sportelli prima di trovare quello giusto, dove una donna svogliatissima che apre appena la bocca per parlare con sufficienza (ma la usa per masticare un panino in mia presenza), mi rinvia allo sportello 50 per comperare il modulo da compilare. Fatto questo mi viene detto di ripassare tra un'ora, mentre la stessa impiegata ordina in malo modo al galoppino di portare il mio foglio in un altro ufficio.

Uscendo osservo alti funzionari in divisa al cui passaggio questo esercito di travet servili scatta sull'attenti e saluta militarmente. Sbircio in una delle stanze e vedo una quantità di scrivanie, con i relativi impiegati che sembrano parte dell'arredo, presenti per trascorrere il tempo come al bar, alcuni con i piedi sul piano di lavoro e molto scomposti. Non un computer. Ridacchio sotto i baffi ricordando che mi hanno trattenuto la macchina fotografica. Era di sicuro perché non fotografassi questo scempio!

Appena posso, schizzo al Museo Egizio proprio di fronte e visito a sazietà con tre ore abbondanti a disposizione. Anche questa collezione di reperti è fantastica da tutti i punti di vista: per la grandiosità degli oggetti, per l'abbondanza del materiale, per la magnificenza di alcuni pezzi. Ma è soprattutto il tesoro di Tutankhamon che lascia sbalorditi. Viene da pensare, con la semplicità del turista che ammira per la prima volta con occhio profano, a quale lavoro si dovesse andare incontro ad ogni morte di faraone per assicurargli vita eterna. Un bel daffare, non c'è che dire!

Ma forse Tutankhamon una sorta di immortalità l'ha proprio conquistata, se giudicata con i nostri occhi. Vedere la maschera mortuaria e il primo dei tre sarcofagi, quello di 115 kg di oro massiccio, fa accapponare la pelle. Lo sguardo fisso e sereno è penetrante; quasi ipnotico. Lo si può fissare per minuti e immaginare un mondo perduto che si cela dietro. Un mondo fatato che fa capire come l'egittologia abbia appassionato così tante persone e le abbia spinte a imprese impensabili per decifrare gli enigmi di questa civiltà.

Naturalmente il tesoro di Tutankhamon non si limita a questo e vedere la quantità di oggetti è un'altra cosa meravigliosa. Rimango al museo fino alla chiusura, dopo mi dirigo all'albergo in autobus per recuperare il bagaglio. In Talaat Harb sono avvicinato dagli strani personaggi che sempre si aggirano qui in cerca di non so bene cosa. Uno addirittura mi sembra omosessuale, perché mi prende per mano e mi propone di fare una sauna insieme. Prendo ogni cura nel mostrargli un determinato rifiuto e seminarlo al più presto.

Dall'albergo torno alla stazione per mangiare nello stesso posto di ieri sera e fare congrue provviste per la colazione in treno. Poi arrivo alla stazione con un'ora e mezzo di anticipo. Mi succede un contrattempo che avrebbe potuto essere molto grave: nonostante abbia chiesto a due persone che mi avevano confermato la cosa, salgo sul treno sbagliato che parte per Giza, invece di Luxor. Nella disavventura, sono però fortunato perché quando il treno parte (mentre meno me lo aspettavo, data la differenza di orario con il mio treno) ho lo zaino appresso e inoltre posso scendere a Giza e da lì prendere il mio treno. Non avrei potuto riparare all'errore se il treno fosse partito nell'opposta direzione o se il treno fosse partito con lo zaino mentre io passeggiavo sulla banchina!

Devo ammettere di aver notato che il treno dell'altra sera era molto migliore di questa bagnarola, ma le barriere linguistiche hanno impedito che mi arrivasse la corretta informazione! Inoltre tutti i cartelli che indicavano il treno erano scritti in arabo.

Il treno giusto è comodo. Mi metto a parlare con un americano che studia all'Università del Cairo, ma i suoi discorsi mi fanno ribrezzo e cerco di addormentarmi. Non mi sembra vero di essere riuscito a uscire dal Cairo, anche se fino all'ultimo questa città ha fatto di tutto per tenermi prigioniero.