Erfurt, poi Weimar (e un po' di compagnia)

6 agosto - Ho deciso di ridurre il cibo ingerito alla colazione e mi porto via un panino con salame e formaggio oltre all'uovo sodo per mezzogiorno. Inizio poi l'esplorazione della città che trovo molto interessante. Mi dirigo verso il Duomo e vedo lo straordinario complesso delle due chiese unite dalla gradinata che risale il terrapieno. Il duomo trabocca di cose interessanti, ma trovo molto singolare il candelabro a forma umana, chiamato Wolfram. Sento alle 11 una messa che dura un'eternità, esattamente un'ora e 8 minuti. Completo poi la visita del Duomo osservando il dipinto di Cranach e leggendo le informazioni. Seguo poi un itinerario che mi porta a scoprire le stradine, il quartiere universitario, il ponte dei commercianti, i magazzini del guado (Waid) che fece la fortuna di Erfurt.

Verso le 16 torno all'ostello, riprendo il bagaglio e vado alla stazione dove 10 minuti dopo salgo sul treno per Weimar. A Weimar non devo camminare molto perché l'ostello è proprio di fronte alla stazione. Ho un compagno di stanza inglese, dal fare un po' effeminato. Poco dopo arriva anche un americano e usciamo insieme per mangiare. Passiamo una piacevole serata, scherzando in continuazione un po' su tutto. Li trovo simpatici, mi ricredo sul primo impatto di diffidenza che ho avuto da Tim. Di ritorno all'ostello troviamo poi Walter, un tedesco di mezz'età piuttosto strano e con lui ci intratteniamo fino all'una. I due ragazzi me ne avevano già parlato, ma la descrizione non era stata sufficiente per dipingere la stranezza di questo personaggio.

7 agosto - Oggi godo della sveglia più tardiva finora, 8.30, ma per fortuna qui la colazione continua fino alle 9. In camera Walter mi intrattiene e mi fa parlare del più e del meno, finché non taglio corto e raggiungo gli altri due alla lavanderia automatica perché abbiamo tutti bisogno di fare il bucato. Alle 12 ho finito e porto il bucato semiasciutto in camera, lo stendo e prendo il treno per Lipzia. È questa la mia scelta per la giornata poiché i musei sono chiusi e sarebbe uno spreco di tempo rimanere in Weimar, che dal punto di vista urbano non ha grandi cose da offrire. Lipzia invece, per le due sole ore che mi è dato di vederla, mi piace. Esploro innanzitutto la stazione costruita nel 1915 e parzialmente distrutta nel 1944. È enorme in lunghezza, ma non così imponente come credevo, come Milano centrale. Poi mi spingo fino alla Messe e vedo la bella Nikolaikirche con una struttura simile a un teatro e singolari decorazioni ai capitelli. C'è anche un bell'organo di cui mi verrebbe voglia di sentire la poderosa musica, magari di Bach che qui suonò.

Poco dopo le 17, dopo un giro nella galleria commerciale, prendo il treno per Weimar e dalla Sassonia ritorno in Turingia. Il viaggio con un cambio dura 1 ora e 45 minuti. La sera esco con Tim e un canadese, Jean François, per mangiare e parlare un po'. Ritorniamo che è ormai l'una e tutti dormono, quindi non c'è la solita conversazione con Walter.

8 agosto - Sveglia alle 8.15 con la sensazione di aver dormito un quarto d'ora e di dovermi strappare dalle coperte. Walter inizia con uno dei suoi argomenti, fquella Kultur che lo ossessiona sempre e mi mostra come al solito l'opuscolo che ha comperato per farmi vedere i posti che ha vistitato. Non vuole però andare a Buchenwald, né vuole intrattenersi troppo sullo studio di Goethe che, da illuminista, ha messo in primo piano la ragione e non Dio. Non parliamo quindi di Nietsche! La colazione mi serve anche per fare provvista di quello che mangerò a mezzogiorno, nonostante il divieto a chiare lettere di asportare cibo.

Mi congedo da Tim che andrà a Bamberga mentre io… non so ancora. Vado subito allo Schlossmuseum, nel castello dei principi, dove mi soffermo ad apprezzare i dipinti dei Cranach, oltre a stupende incisioni e a dipinti impressionisti. Uscendo sulla Rathausplatz trovo il mercato e il tempo piuttosto uggioso sembra allietato dalla musica di un organetto di barberia che ritma allegramente gli acquisti e le attività dei passanti. Anch'io mi fermo per comprare della frutta e non mi stancherei mai di seguire i toni del sottofondo musicale di questa macchina meccanica così stupefacente.

Vado verso il Bauhausmuseum di fronte al teatro e sul percorso mi fermo a leggere i pannelli informativi sulla cultura di Weimar, i personaggi che l'hanno arricchita e la vita del tempo. Il museo del Bauhaus, invece, non è facile da capire perché ci sono diverse opere esposte che non è ovvio ricondurre al medesimo stile espressivo. Ma è comunque informativo e testimonia di questa corrente che si diramò proprio da Weimar.

Dopo aver mangiato i panini e la frutta prendo il bus delle 13.45 per Buchenwald. L'approccio è piuttosto emozionante: attraverso una foresta di alberi fitti e allampanati si snoda la strada di cemento, che sembra interminabile. Pare di dovere andare in un luogo di dolore ancora attuale e in effetti il tempo passato è troppo breve per permettere di considerare la ferita rimarginata. L'indignazione non si spegnerà mai, né la memoria delle atrocità perpetrate senza scopo. Rifletto sul pesante passato e sulla grave ignominia che pesa ancora oggi sulla nazione. È sicuramente uno scomodo passato per una nazione che si annovera tra le più progredite nel mondo industrializzato, è un enorme crimine difficile da nascondere.

Il cielo, rimasto cinereo da stamattina, sembra voler partecipare alla tristezza dei luoghi che hanno testimoniato tanti orrori. La desolazione dell'ampio campo coperto di pietrisco su cui nemmeno l'erba osa più crescere rappresenta la costernazione dell'animo che riflette su questo passato. Un filmato illustra con diverse testimonianze crude come il ghiaccio alcuni fatti, ampiamente documentati con il materiale disparato in esposizione nella mostra, ma questa è così vasta che risulta di difficile godimento per la quantità dei documenti. Traspare comunque il perfido disegno che sottostava a tutta la diabolica organizzazione.

Torno a Weimar e decido di prendere il treno per Bamberga. Trovare la stanza al prezzo giusto è un problema, ma riesco a prendermi una sistemazione in un albergo, anche grazie all'aiuto di alcune persone a cui ho chiesto e che si sono fatte in quattro per darmi una mano.