La bella Mandalay, con segni di traffici loschi

7 novembre - Oggi abbiamo fatto il primo faticoso spostamento tra Kalaw e Mandalay della durata di 7 ore e mezzo su un pulmino che ha percorso le malconce strade di montagna e poi quelle di pianura, poco più larghe ma altrettanto sconnesse e per di più invase dalla polvere. È stata una giornata faticosa che mi ha fatto capire quanto siano importanti le vie di comunicazione per lo sviluppo di un paese e quanto esse siano carenti qui. Questo conferma che il lentissimo trasporto verso Kalaw non è stata un'eccezione, ma piuttosto la regola del trasporto via terra.

ImageAbbiamo fatto una sosta per mangiare in uno squallido locale lungo la strada. Venivano offerti alcuni piatti cucinati su panche di legno sotto un sole afoso; sono rimasto disgustato dal ricordo dei sapori del cibo e dalla scarsità di igiene, perciò ho optato per un semi digiuno. La mia scelta, constato, è anche quella di altri due turisti che viaggiano nel nostro mezzo.

A Mandalay siamo scesi al mediocre AD1 dove avevamo appuntamento con Giacomo ed Elena. La sera mangiamo al ristorante indiano. La città si presenta adorna di bei negozi illuminati, anche se ci viene purtroppo riferito che sono spesso attività di riciclaggio della ricca mafia cinese. D'altra parte non siamo lontani dal famigerato Triangolo d'oro. 

Image8 novembre - Per visitare le città di Amarapura, Saingang e Inwa abbiamo fissato un mezzo di trasporto che altro non è se non un traballante bemo con sedili contrapposti sul retro. Ci dobbiamo pigiare per starci in quattro.

Visitiamo innanzitutto una tessitura di longy e il luogo dove si trovano tutte le officine di scultura di oggetti e statue sacre. Arriviamo poi al grande monastero in tempo per circolare nel complesso ed assistere al pranzo comunitario dei monaci. È un rito grandioso e ordinato che colpisce per il numero di partecipanti. Ha luogo dopo la questua che ogni monaco compie nelle ore precedenti l'alba per racimolare in una ciotola di lacca che porta all'altezza del grembo tutto ciò che la benevolenza delle persone gli apporta per la sussistenza.

Abbiamo la possibilità di parlare con un giovane monaco che ci dà alcune interessanti notizie sulla vita comunitaria. Proseguiamo quindi per il lago, attraversato da un lunghissimo ponte di teak. Sull'altra sponda si trova un villaggio semplice e tradizionale immerso nella vegetazione.

A Saingang c'è una collina coperta di vari templi, colorati e dorati. È notevole l'effetto di una stanza oblunga e curva sulla cui parete sono allineate diverse grandi riproduzioni del Budda con decorazioni a colori sgargianti e a specchi. Da qui la vista spazia sulla pianura, oltre il fiume e abbraccia le decine di paya disseminate nell'area, oltre al pone Ava costruito dagli inglesi. Mangiamo in un convento su bellissimi mobili di teak un pranzo tradizionale birmano. Riprendiamo per Inwa incontrando sulla strada una processione carnevalesca. Attraversiamo a traghetto l'immenso Irrawaddy e sull'altra sponda saliamo su un calesse verso il monastero di teak: si tratta di notevole costruzione di legno scuro immersa in un paesaggio lagunare incantevole. La luce del sole declinante accentua i riflessi nell'acqua placida e inizia a tingere di colori caldi tutto il paesaggio. Vediamo anche la torre del palazzo reale e un altro complesso monastico in muratura di uno stile ancora non osservato. Rientriamo soddisfatti dell'intenso programma di visite tra le luci del tramonto. Ceniamo insieme al ristorante indiano, poi torniamo in risciò all'albergo a velocità da razzo.