Mbour

9 febbraio. Parto per Mbour senza l'intenzione di pernottare in questa città piuttosto grande, ma con l'idea di dare un'occhiata al grande porto di pesca che è il secondo del paese dopo Kayar. Parlando di porto non si deve immaginare un bacino racchiuso da moli che lo proteggono dal mare aperto, ma semplicemente una spiaggia sulla quale si svolgono tutte le attività legate alla pesca, dal ricovero delle piroghe, alla loro manutenzione, alla riparazione delle reti, allo scarico del pescato e in parte anche alla sua trasformazione. Per questo scopo i porti più importanti sono dotati di una semplice tettoia, chiamato il quai de pêche, a volte costruita dalla cooperazione internazionale, spesso giapponese.

In strada verso il porto, cammino lungo un viale con diverse botteghe di artigiani, tra cui dei fabbri. L'occasione è buona per insistere con la mia riparazione dello scaldaacqua. In un piccolo laboratorio di aggiustaggio, tra la sabbia dell'ampio marciapiede e il retrobottega, lavorano diversi ragazzi. Mi indirizzano a uno che parla francese, concordo il prezzo e, studiata una soluzione, si mette a lavorare. Come capita spesso, c'è un'interruzione di corrente, perciò il lavoro non può essere svolto con il saldatore elettrico, ma solo con una punta scaldata sulla brace.

Il giovane è in gamba e testa tutti i contatti per accertarsi che l'apparecchio sia ben isolato. Lavora per oltre mezz'ora sotto i miei occhi, mentre io, vedendo le viscere dell'apparecchio sempre più rabberciate, mi convinco sempre più che averlo utilizzarto prima del guasto abbia comportato un bel rischio di rimanere fulminati e figuriamoci adesso, soprattutto laddove dove gli impianti non sono forniti di salvavita.

Allora gli confesso la mia perplessità, che non dipende dalla sua incapacità, e gli propongo di tenersi l'apparecchio in pagamento del lavoro di ormai tre quarti d'ora invece che il prezzo pattuito. Lui mi assicura che non devo temere fintanto che l'impugnatura non tocchi l'acqua, naturalmente. Anzi, mi dice di tenermi lo scaldaacqua riparato che non pretenderà nemmeno i soldi perché mi regalerà il suo lavoro. Ma non mi pare giusto e a fatica riesco a convincerlo di tenerselo: me ne vado via divertito del capitolo scaldaacqua, che si è concluso con un lieto fine.

Una venditrice da cui compro delle noccioline mi indica un ristorante dove mangiare, anzi, vedendomi incerto sulla direzione da prendere, mi accompagna gentilmente fino al luogo. È un'orripilante taverna di porto, in cui non avrei mai avuto il coraggio di entrare, ma mangio uno dei migliori thieboudienne fatto di un trancio di pesce ripieno di erbe e buone verdure, sempre sul letto di riso, in compagnia di pescatori e lavoratori del mercato.

Ho dovuto fare valere le mie ragioni per pagare il prezzo che la donna mi aveva già indicato, mentre l'uomo del ristorante mi chiedeva il doppio. Ho inscenato una falsa partenza e lui mi è venuto incontro calando progressivamente le pretese finché sono stato trattato come tutti i clienti. Il mancato surplus è stato probabilmente sacrificato nella speranza di guadagni su un'altra partita. Infatti lo stesso personaggio mi ha aspettato pazientemente per proporsi subdolamente come guida, tuttavia io con decisione e senza che lui se lo aspettasse, l'ho presto salutato tendendogli ostensibilmente la mano e ringraziandolo con un chiaro saluto di commiato. Quale più garbato modo di dire che i suoi servizi non erano richiesti da un viaggiatore indipendente?

Ma anche liberatomi da questo, altri seccatori sono in agguato che non vedono l'ora di appiopparsi un toubab. Così è che molti accostano lo straniero, invariabilmente armato di macchina fotografica, con una battuta che potrebbe essere anche spiritosa se solo fosse spontanea e naturale, ma purtroppo è sempre la stessa ripetuta a pappagallo e qui cade l'asino. La tecnica che usano è di rompere il ghiaccio con un Ah, vous êtes journaliste ? oppure Alors, vous allez faire des cartes postales de vos photos ?, al che il toubab forse si sentirà in dovere di rispondere spiritosamente e controbattere ben disposto allo scherzo. L'aspirante guida, che non aspettava altro che questa apertura per appropriarsi di una preda ambita, cercherà magari di fugare ogni perplessità sul suo conto, distanziandosi da tutti gli altri seccatori con cui può essere sicuro al 100% che il turista si è già imbattuto. Lascerà quindi cadere un commento negativo sui colleghi che disturbano i visitatori, in modo da aumentare la fiducia in lui, comune cittadino di passaggio da qui e non guida all'agguato della vittima. Quest'ultima, ormai sempre più certa che lui sarà il salvatore, non può sospettare di essere nelle mani del più furbo di tutti perché si è già accaparrato il piccione. Oppure, se lo capisce, sarà invischiato da una relazione con il compagnone e sarà difficile scuotersela di dosso.

Camminando mi giunge alle orecchie una grande quantità di commenti sull'uso delle mie foto, delle cartoline che produrrò o dei documentari che realizzerò, ma li ignoro tutti. Ho deciso che non capisco più il francese. Tra tutti c'è un uomo che si è piantato davanti a me e non si accontenta del mio silenzio. Ha deciso che con somma pazienza aspetterà tutto il tempo che ho deciso di impiegarci per estrarre la macchina fotografica, scattare una foto studiata, pulire accuratamente l'obiettivo e riporla nella custodia. E qui arriva la seconda domanda: Les photos c'est pour quoi faire ? Des cartes postales ? la quale scatena la mia risposta accompagnata dallo sguardo fisso piantato negli occhi di lui, interdetto: Les photos, c'est pour me laisser tranquille.

Stanno arrivando delle piroghe, la spiaggia è brulicante di presenza umana che freme in attesa di iniziare il lavoro di scaricamento e trattamento del pesce o dei molluschi. Solo i padroni delle imbarcazioni sono più rilassati e attendono solo di valutare la quantità del pescato e del guadagno. Loro hanno fornito il capitale, cioè l'attrezzatura e le provviste, e hanno inviato i pescatori dell'equipaggio.

Come i tentacoli di una malefica piovra, la mondializzazione è arrivata fino qui. Le belle conchiglie di murex su cui si abbatte spietata la mazza di ferro per fracassarne il guscio e strappare dalle più profonde radici il mollusco ormai indifeso, sono destinate a diventare, fermentate e fatte salsa, condimento per i cinesi. La presenza del gigante asiatico emergente non si ferma qui, perché i commercianti cinesi lavorano dietro le quinte per comprare, trasformare ed esportare. Le relazioni diplomatiche tra Cina e Senegal sono state interrotte tra il 1996 e il 2005, periodo in cui il paese africano ha fatto aperture nei confronti della Repubblica cinese di Taiwan. Ma nel 2005 è intervenuta un'astuta mossa della Repubblica popolare, che con la promessa di ingenti aiuti economici, ha ribaltato la situazione e si è guadagnata la ripresa delle relazioni diplomatiche, il voltavaccia senegalese a Taiwan e il decollo dei rapporti commerciali.