Il marabout

Nella piazza sotto l'ostello, fin dal primo mattino, si apposta un alto giovane vestito di una tunica marrone a cappuccio, con la calotta di pizzo bianca sul capo e una barba nera. Sta appoggiato al tronco di un albero mentre consuma la colazione fatta di un panino e un bicchiere fumante di caffè Touba, poi inizia la giornata di lavoro aspettando i clienti a cui noleggiare le due o tre biciclette che ha. Ma il suo lavoro principale, la sua missione, è un altra: lui è marabout, cioè maestro guida per i bambini miserabili che di primo mattino e di sera si vedono dappertutto per la città, vestiti di una maglietta stracciata e sudici. L'unica cosa che hanno è una ciotola di plastica alla mano con cui vanno elemosinando con lo sguardo implorante e senza insistenza quello che la gente gli dà all'uscita dei negozi. Suleiman alla sera, alla luce di questo lampione, raccoglie un numero di bambini senza mezzi, senza casa e senza famiglia e gli fa da maestro, facendoli sedere nella sabbia mentre autoritariamente spiega l'Islam e fa memorizzare il Corano. Se qualcuno sbaglia, arriva a volte la correzione corporale o uno sguardo truce accompagnato da un severo rimprovero.

Questo è uno dei volti particolari dell'Islam in Senegal, un Islam marabutico di confraternite sufistiche che si tingono talora di sentimenti patriottici per le vicende che hanno segnato soprattutto la nascita della Murid, il cui fondatore Ahmad Sheikh Bamba fu cacciato in esilio dai francesi al tempo della colonia. Il valore del lavoro predicato dalla Murid (“Lavora come se vivessi per sempre; prega come se morissi domani”, dicono), ha spinto i suoi disceploli, talibé, a mettere a coltura vasti territori. La confraternita stessa è attiva in un certo numero di imprese economiche tra cui quella del caffè più bevuto, Touba, dal nome della città santa posta sotto sotto la sua tutela e suo quartier generale. Altre confraternite sono la Qadriya, fondata nel XV secolo, la Tijaniyya, con sede a Fez, mentre un ramo particolare della Murid è la Baye Fall che sottolinea il distacco da possedimenti materiali ed è fondata sulla condivisione, infatti i suoi adepti vivono di questua

Suleiman stesso è stato allevato alla scuola dei marabout e ora ha tre figli, ma sembra prendersi a cuore il bene dei suoi discepoli. Li alloggia in una casa abbandonata del quartiere che gli è stata concessa per un certo tempo, ma dovrà trovare una soluzione presto e si dice preoccupato. Quando incontro i bambini sono intimiditi come quando sono al cospetto del maestro, hanno un'aria mogia e sembrano l'incarnazione di una povertà senza voce, almeno con me che gli comunico in un francese che non conoscono. Ma in altri momenti della loro giornata vivono sicuramente come allegri monelli della loro età.

Si parla di una duplice volto dei marabout in Senegal, perché esistono casi di sfruttamento dei bimbi, mantenuti sotto la pressione della povertà, mentre il maestro si appropria delle elemosine giornaliere che li obbliga a raccogliere e non spende il necessario per vestirli e nutrirli. Addirittura ci sono casi di tratta di bimbi diseredati dalle campagne e da paesi confinanti per inserirli in questo meccanismo criminale. Quando la morsa della povertà stringe e non esistono più mezzi di difesa, le persone più spregiudicate e perfide hanno campo libero nei confronti dei più deboli. Ma se i principi sono rispettati, l'istituzione dei marabout garantisce coesione sociale e svolge una funzione di stabilità e di assistenza ai figli dell'irresponsabilità.

La sera scambio due parole con Suleiman che si appresta a dare la lezione. Nel giro di poco ecco arrivare una decina di bimbi cenciosi con i capelli rasati. Uno si è rotto la gamba cadendo da un albero ed è stato curato male e poi ha subito una seconda frattura, cosicché cammina a fatica. Lo accarezzo sul capo, pensando che il desiderio di trasmettergli affetto debba vincere la riluttanza, e lui si lascia coccolare muto. Forse non è abituato a nessuno che gli dia tenerezza o forse è sorpreso che un bianco lo avvicini rompendo la barriera della povertà che credeva insormontabile e dietro la quale si teneva disciplinatamente al suo posto; e gli chieda qualcosa in un francese che non è in grado di capire o non ha il coraggio per rispondere… In una cassa di legno Suleiman mi mostra i quaderni di studio, avvertendomi che nessuno, se non il maestro e i discepoli, possono toccarli. Si dispongono sotto il lampione e dalla finestra della mia camera al primo piano li vedo iniziare l'ora di studio.

Quando gli pago la bicicletta che gli ho affittato, decido di dargli un po' di più del prezzo che chiedeva, scommettendo sulla sua buona fede. Suleiman crede che sia un errore, ma il giorno dopo, avendomi ormai individuato come il benefattore, mi chiede di aggiungere qualcosa alla donazione. Non trovandomi disposto, mette in atto una stupida e assurda messinscena dicendo che 700 CFA significano 3500 CFA e tanto devo pagare. Non so come interpretare il suo comportamento e non capisco perché faccia così. Mi allontano da lui, piuttosto deluso, ignorando la sua farneticazione. Forse ho sbagliato io che ho viziato il gioco del libero mercato? Forse è anche lui uno dei marabout sfruttatori di bambini?