Marocco, prima esplorazione

L'aria coloniale di Rabat. La truffa

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6 novembre 1999 - È il giorno della partenza. Finisco i preparativi dello zaino e verso le 9 parto per la stazione dove incontro Matteo. Insieme andiamo a Milano, poi alla Malpensa e alle 13.50 dovrebbe partire il nostro volo. In realtà c'è un ritardo di un'ora.

Il volo con Air Maroc è buono, ma il mio stato d'animo mi tiene in continua apprensione. Penso al recente disastro aereo del volo 990 da New York e alle notizie sicuramente drammatizzate che ho letto su CNN negli ultimi giorni. Non è una compagnia piacevole. Comunque atterriamo a Casablanca e qui ci informiamo per prendere un treno verso Rabat. Intanto telefoniamo per prenotare l'Hôtel Royal per la notte.

A Rabat uscendo dalla stazione ci troviamo in una bella piazza illuminata circondata edifici con facciate in stile coloniale moderno. È un'impressione di ordine. L'albergo è a poca distanza; è decoroso benché semplice.

Dopo la rapida visita alla Medina alla ricerca di un locale per mangiare, decidiamo di accontentarci di una specie di tavola calda, una delle poche rimaste aperte alle 21. La pizza piuttosto scadente serve solo per calmare la fame.

Torniamo in camera, dove leggo prima di dormire le pagine iniziali della guida per avere informazioni sul paese, sulla città e decidere quello che si farà domani.

7 novembre - Al risveglio, dopo una notte di riposo ristoratore, scendiamo per la colazione nella sala dell'albergo. Usciamo verso le 10 per vedere la Medina nel pieno del trambusto giornaliero tra mercanti di ogni sorta. È una parte della città molto vivace. Oltre le mura che la racchiudono, si trova la qasba con alcuni scorci interessanti, una ampia vista sulla città e su Salè al di là del fiume.

Visitiamo la moschea incompiuta e la torre Hasan, poi a piedi entriamo in Salè. Qui i suq sono ancora più movimentati e affollati. Gli odori e la sporcizia ci assalgono. Mi colpisce la vista di alcuni “macellai” che espongono la carne su una placca di acciaio posata per terra sopra la terra battuta della strada con il sangue che cola e che forma un rivoletto verso il centro del passaggio. Ancora una volta siamo in preda all'imbarazzo nell'individuare un locale per mangiare, ammesso che dopo quello che abbiamo visto ci sia rimasto un po' di appetito.

ImageTemporeggiamo e decidiamo di visitare la moschea e una merdersa di grande valore artistico. Il giovane custode ci si impone come guida, dandoci informazioni su particolari di storia e arte interessanti. Poi insiste per accompagnarci a prendere un tè alla menta con un dolce, ma quando gli allunghiamo del denaro come mancia sorge una discussione perché si ritiene offeso da un compenso che non è quello di una guida ufficiale! Io sono convinto e inamovibile, dato che quello che gli stiamo dando è più che sufficiente e non va comunque paragonato con una tariffa ufficiale in mancanza di un accordo previo. Ci taccia di razzisti… Mentre io mi allontano, deciso ma disgustato da questo atteggiamento che mi sembra traditore, Matteo scende a compromessi dandogli ancora qualche cosa.

Ci dirigiamo in taxi verso Chellah. Anche qui nasce un equivoco sul prezzo della corsa, l'autista si mette a reclamare, chiamando gente, dicendosi imbrogliato. Gli sganciamo altri 10 Dhr per farlo stare zitto e liberarci di lui. Almeno la cittadella è interessante perché combina resti romani con altri arabi in una verde cornice di piante esotiche.

A piedi, stavolta, rientriamo verso Rabat dove ci attende una disavventura. Siamo avvicinati da un uomo a cui chiedo indicazioni su dove mangiare e dopo una lunga camminata verso il “ristorante del suo amico”, che non voglio neanche vedere perché mi puzza di losco, ci chiede il favore di cambiargli 50$. Nella sua abilità a creare le condizioni per un rapporto tra persone rispettabili è un grande maestro, tant'è che non riusciamo a sganciarci da lui, mentre nel frattempo piano piano sta ordendo la truffa. Alla domanda sospetta, io, che ho tutto il denaro in tasca, gli mento, dicendo che non ho contanti su di me, ma Matteo gli porge una banconota. Protesto vivamente per questo atto che mi sembra sconsiderato, ma l'uomo si finge offeso del mio dubbio sulla sua onestà e si sfila la fede dal dito per darla in garanzia a Matteo, il quale la accetta. È fatta. L'uomo, ormai con i dollari in mano, dice che va a prendere il cambio, ma sparisce per sempre e noi abbiamo la sua fede in garanzia, che non vale niente.

Dato che mi sento responsabile per aver rivolto la parola al farabutto, offro a Matteo di dividere la perdita a metà e con molta rassegnazione torniamo verso la medina. Cerchiamo di darci ragione del fatto, ma alla radice di tutto c'è lo sfruttamento della fiducia che si è portati a dare alla gente che si mostra amichevole, non conoscendo il contesto culturale del paese. Questi truffatori fanno gioco sull'incomprensione e l'imbarazzo delle persone che non osano negare un favore a qualcuno con cui si è appena finito di familiarizzare. Insomma, questo ci servirà da lezione per il futuro, ma speriamo che non ci porti ad escludere i contatti con la gente o addirittura la conversazione con gli estranei che è sempre interessante e istruttiva, anche se questi drastici rimedi ci sembrerebbero ora la soluzione a tutti i mali, in mancanza di un sistema per verificare l'onestà della gente.

Ceniamo nella medina con spiedini e tajine. Dopo cena prendiamo un succo d'arancia e pasticceria marocchina per ingannare il tempo e ritardare il rientro all'albergo, scelto per questa notte nella categoria economica. Stamattina, quando abbiamo portato i bagagli, ci è stata proposta una stanza squallida, quindi vogliamo accorciare la permanenza in camera. Invece, quando arriviamo, scopriamo con sorpresa che per lo stesso prezzo di 40 Dhr ci hanno accomodato in una stanza più carina e spaziosa.

La decadenza di Meknès

8 novembre - Al risveglio alle 7.30 mi devo riprendere da una notte passata in un letto umido. Prima dell'alba avevamo sentito il muezzin rompere il silenzio della notte con la chiamata della prima preghiera, cui rispondevano, lontane come un eco, altri voci più fioche. Dopo aver tentato di riposare ancora un po' a letto, usciamo e ci incamminiamo verso la stazione per prendere il treno delle 9 per Meknès. Ma prima facciamo una colazione con il caffè migliore che abbia mai bevuto.

Durante il viaggio finisco di leggere la parte generale della guida sul paese e inizio un libro di Balzac comprato ieri sera, che si rivela uno strazio e non ho la pazienza di continuare. Arrivati a Meknès prendiamo una camera al Majestic, in bello stile coloniale, poi pranziamo, quindi ci dirigiamo alla fila dei taxi per Moulay Idriss, sulla strada per Volubilis. Il viaggio alquanto scomodo nella Mercedes affollata dura una mezz'ora, attraverso una campagna molto ampia coltivata ad ulivi e cosparsa di campi arati. A Volubilis ci arriviamo dopo mezz'ora di cammino dal bivio a cui ci facciamo lasciare. La zona archeologica è interessante con numerosi  mosaici. Dopo la visita e un buon tè alla menta sotto l'ombra degli alberi, ci mettiamo  nuovamente in cammino per riprendere un taxi al bivio e facciamo la strada con un simpatico uomo di ritorno dai campi che ha lavorato come comparsa in Gesù di Nazareth di Zeffirelli, girato quasi trent'anni fa nel suo villaggio.

Moulay Idriss appare arroccato come una macchia di bianco sulla pendice della collina. È un centro di pellegrinaggi con stradine strette che risalgono fino al cocuzzolo da dove la vista spazia sulle campagne immense. Non è possibile entrare nel mausoleo per noi “infedeli”, quindi aspettiamo il tramonto, incantevole, sulla parte alta poi ridiscendiamo alla piazza dei taxi e prendiamo la Mercedes che ci porta a Meknès per 7 Dhr.

Dobbiamo sopperire al cibo scarso di mezzogiorno e così optiamo per un ristorante dove gustiamo un abbondantissimo couscous di agnello. Rotoliamo verso l'albergo per il meritato riposo.

Image9 novembre - Anche stamattina il letto mi è parso umido e schiacciante sotto il peso delle coperte di lana. La doccia consta di un getto arrabbiato di acqua rovente che non è possibile diluire con quella fredda. Può lasciare cicatrici perenni sulla pelle della schiena. Ci incamminiamo verso la medina, ma prima mi fermo per sostituire il libro di lettura che occuperà i momenti morti o di riposo, nella speranza che la mia scelta sia stavolta più fortunata. Compro di Driss Chraïbi Le passé simple.

La medina è brulicante di vita e di mercanti. Scambio alcune battute con un venditore di rimedi naturali che mi illustra le ipotetiche proprietà delle erbe nella medicina berbera. Qua e là comperiamo quello che servirà per il pranzo: focaccia di semola, frutta. La medersa è molto ricca e un gatto intrattiene i visitatori con le sue moine e le sue pose.

Mangiamo sulla piazza davanti a Bab al-Mansour, poi ci sediamo al bar, prima di dedicare il pomeriggio alla città imperiale. All'ingresso di questa alcune guide offrono i loro servizi, ma decidiamo per il fai-da-te. Vediamo la piazza d'armi, il mausoleo di Moulay Isama'il e ci soffermiamo presso il mercante di tappeti di fronte, che ci mostra dei manufatti.

Poi ci incamminiamo verso i granai e le stalle, che visitiamo al calar del sole. La giornata è stata splendida, il cielo tersissimo, l'aria secca, la temperatura ideale. Rientriamo all'albergo a piedi percorrendo i larghi viali di collegamento tra la medina e la ville nouvelle, nell'architettura urbana voluta dal generale Lyautey. Intanto ci informiamo per la cena, ma alla fine decidiamo di rimanere al locale di ieri sera che ci ha soddisfatto.

Così, dopo una breve sosta all'albergo, ordiniamo al Gambinus una tajine di pollo. Per completare la serata e non ritirarci troppo presto andiamo anche al bar Opéra dove, proprio mentre i camerieri stanno riordinando e pulendo tutto per la chiusura, prendiamo un'orzata con pasticcini marocchini. La vita notturna non sembra la specialità del Marocco.

Fez esotica e misteriosa

Image10 novembre - C'è in albergo un gruppo di inglesi di Explore e facciamo la colazione accanto ai loro tavoli. Andiamo alla stazione dei grands taxis per prendere il passaggio verso Fez. Qui arriviamo dopo un'ora di viaggio in sette, tre davanti e quattro dietro, sulla solita Mercedes. In città tutti i nomi delle vie sono scritti in arabo ed è più difficile orientarsi. Decidiamo di andare a piedi verso la medina (Fas al-bali) e alloggiare lì, ma sbagliamo strada e dobbiamo ritornare sui nostri passi per prendere un taxi dalla piazza.

Alla porta della medina un gruppo di giovani ci avvista ancor prima di scendere dal mezzo. Tutti ci propongono qualcosa: albergo, guida e chi più ne ha, più ne metta. Siamo confusi e infastiditi. Troviamo comunque subito l'Hôtel Cascade che ha strutture fatiscenti. La camera si affaccia sulla misteriosa città vecchia con una finestra che lascia intravedere il bel panorama attraverso la sua elaborata inferriata di ferro battuto. Tuttavia, nelle turche sembra che sia passato a suo tempo Moulay Isma'il, il suo esercito e tutti i suoi 12.000 cavalli.

Faccio il bucato e lo stendo sulla terrazza sotto il bel sole che splende anche oggi. Poi mangiamo gli avanzi del pranzo di ieri e i pasticcini della sera, quanto basta per tirare fino alla cena, considerata anche l'abbondante colazione di stamattina.

Nel frattempo si aggirano intorno a noi i giovani dell'albergo – saranno tutti della famiglia? – che vogliono essere ingaggiati come guide, oppure ci propongono hashish con occhiate di sottinteso. Non diamo loro retta. Il loro atteggiamento e la loro insistenza sono indisponenti. Inoltre, dopo la brutta esperienza che ci è capitata, riaccendono l'impressione di losco e non siamo a nostro agio nel trattare con loro. Stiamo piuttosto sulla difensiva e rigidamente non cerchiamo nemmeno di sdrammatizzare.

Partiamo dunque soli per l'esplorazione dell'immensa medina, ma altri scugnizzi intorno alla porta ci gridano minacce: “Non ne uscirete vivi... Vi perderete!”. Con un senso di sfida, quasi entrassimo in una giungla, ci addentriamo in un intricatissimo labirinto di negozi, stradine e case formicolanti di persone e animali. È un posto affascinante, misterioso, antico…

Sorprendentemente, riusciamo a vedere un'enormità di cose: medersa, moschee, ma soprattutto i vari suq: dall'henné all'ottone, dai tintori ai conciatori. Ogni tanto qualche venditore cerca di attirare l'attenzione o i bambini chiedono dei soldi. Poi ci sono gli asinieri che passano con la loro bestia caricata di merce su entrambi i lati e gridano per aprirsi un varco tra la folla di passanti: barak, barak!

La sensazione di disagio è presto superata e non rimane che sorprendersi dell'universo incredibile, colorato e animato all'inverosimile, di questo mondo arabo immortalato in una sorta di Medioevo nell'era moderna. Mi stupisce che una ragazza col capo coperto, vedendoci perplessi sulla direzione da prendere e intenti a consultare la mappa, si avvicini e gentilmente si offra di darci l'informazione.

Dopo eterne peregrinazioni ci riposiamo in uno dei palazzi-ristorante per un tè alla menta, poi siamo di nuovo alla caccia di un locale per la cena. È così che ne troviamo uno proprio sotto l'albergo e ordiniamo la pastilla, che malauguratamente ci era stato raccomandato di perderci. Si tratta di un piatto a base di carne di piccione con arachidi e cannella, di un'incredibile pesantezza e stranezza di sapore. È d'obbligo dare una mano al nostro stomaco con un tè alla menta in un bar appena fuori dalla porta.

Image11 novembre - La notte è stata orribile, un po' per la sensazione di disagio dovuta al clima in questo albergo dove i gestori sembrano tutti desiderosi di fare affari a nostre spese, un po' per la scomodità del letto. Dalla porta entravano anche zaffate di erba fumata. Solo prima dell'alba sono riuscito a riposare e il canto del muezzin mi è sembrato una ninna nanna.

Ci rimane da esplorare la parte andalusa della medina, oltre al quartiere settentrionale dove si trova il più lussuoso albergo il Palai Jamaï. Ormai siamo a nostro agio tra i vicoli e direi quasi con la gente che non sembra infastidirci più. Le zone che visitiamo sono meno caratteristiche ma comunque belle e interessanti.

Mangiamo in camera con alcuni ingredienti racimolati nei negozi vicino alla porta. Abbiamo nel frattempo traslocato per stare più tranquilli. Siamo nella stessa zona, ma fuori dalla porta, alla Pension Batha, con una camera molto più accogliente e servizi igienici privati. Il padrone ha una atteggiamento un po' stucchevole e a tratti canzonatore, ma le altre ragazze sono gentili e carine. Nel pomeriggio ci dirigiamo verso Fas el-Jdid, la parte imperiale della città e la Mellah, il quartiere ebreo.

Dobbiamo anche preoccuparci del noleggio dell'auto. Alla prima téléboutique ci fermiamo per sentire alcune offerte, ma la più conveniente sembra quella di un'agenzia di Marrakech che pare disposta a inviarci un'auto da laggiù per domani. Il ragazzo dei telefoni, Aziz, si mette in contatto con un conoscente che incontriamo dopo poco nei pressi del palazzo reale con un'auto, ma la sua offerta non è competitiva. Dopo aver confermato l'auto della Sisters Cars, proseguiamo verso la ville nouvelle per cenare.

Il ritorno a piedi verso la medina è spettacolare. Le luci illuminano in modo scenografico l'ex Grande Allée de Fès che conduce alla porta imperiale. È un piacere camminare con questa prospettiva davanti agli occhi.

12 novembre - Non ci rimane altro da visitare a Fez e inoltre il tempo volge alla pioggia. ImageDopo la colazione sulla terrazza, prendiamo asciugamani e costume da bagno e proviamo il hammam, altrimenti detto bain maure. È un'esperienza unica trovarsi tra i vapori della sala coperta da una cupola e decorata con belle piastrelle a quadretti bianchi e verdi, tra secchi di acqua calda e fredda e diversi uomini che si lavano da soli o si fanno massaggiare. Mi sono però svegliato con il mal di gola e devo cercare di bloccarlo prima che peggiori.

Alle 12 abbiamo l'appuntamento con l'autista che ci dovrebbe consegnare l'auto. Siamo molto dubbiosi circa l'operazione, perché abbiamo fatto semplicemente una prenotazione per telefono sulla base della quale l'agenzia dovrebbe, senza nessuna garanzia da parte nostra, spostare un veicolo di circa 400 km. Contro ogni previsione e contro ogni logica, l'auto arriva e anche abbastanza puntuale. Dopo aver firmato il contratto e riaccompagnato l'autista alla stazione degli autobus, ci fermiamo nella ville nouvelle per mangiare un boccone e comprare una carta stradale.

Ci mettiamo in strada per Ifrane, salendo a 1600 m di altitudine: si sente un freddo intenso e si vede vicina la neve di montagne ancora più alte. Attraversiamo un altopiano desolatissimo coperto di nevischio e arriviamo al passo di circa 2100 m per iniziare la discesa verso Midelt dove abbiamo deciso di dormire.

All'arrivo tutti i procacciatori di clienti degli alberghi si scatenano contro di noi, ma noi abbiamo già le idee chiare. La camera che ci viene proposta è gelida, con doccia forse gelida anch'essa, ma nessuno di noi due ha il coraggio di provarla. Sento molto freddo nelle ossa e sono indebolito dal mal di gola.

Mangiamo nel ristorante da Fès, gestito da un'anziana signora berbera che molto orgogliosamente afferma di essere la proprietaria del locale. Altre signore molto gentili ci servono una tajine di verdura lessa, come lasciava prevedere il profumo nel ristorante. Torniamo in camera, dove decidiamo di chiedere un supplemento di coperte e schiacciati così dal peso della lana ci addormentiamo tra i latrati dei cani.

Dal freddo Atlante al deserto

Image13 novembre - Dobbiamo innanzitutto sfuggire a quel ragazzo di ieri sera che ci ha fatto promettere e giurare che avremmo fatto la colazione con lui, pensando di avere così l'occasione di venderci qualche oggetto o manufatto. Data l'ora mattutina nessuno è ancora in giro e non è quindi difficile mettere in atto il nostro piano di fuga. Ci fermiamo in un bar per la colazione, poi ci dirigiamo verso Er-rachidia ed Erfoud. Qui tutti tentano di scoraggiarci a proseguire in auto fino a Rissani come vorremmo: dicono che per entrare nel deserto di sabbia la pista da qui è migliore che da laggiù. Avranno ragione… O vorranno solo ottenere il compenso della guida o del trasporto? Chissà?

Noi non ci lasciamo smuovere e proseguiamo per Rissani da dove parte il furgone che per 15 Dhr porta all'Erg Chebbi con la possibilità di dormire in una delle locande.

Siamo messi in contatto con un mercante di tappeti, che è anche proprietario di una locanda, il quale ci indirizza verso il punto di partenza. Sul furgone ci sono tra l'altro due degli inservienti della locanda. Il viaggio dura un'ora ed è piuttosto polveroso e sballottato. Intuisco che uno dei ragazzotti si vanta con una turista marocchina, la quale reagisce piuttosto sdegnata, che ci farà pagare per il trasporto un prezzo doppio rispetto al solito. Così quando scendiamo, gli do sì il doppio del prezzo, ma per due persone e lui protesta, ma alla fine deve accettare. Io rifletto però disilluso che se non gli è andata bene adesso, cercherà di fregarci da qualche altra parte! Arriviamo alla locanda che si trova proprio ai piedi della grande duna.

Le ombre sulla sabbia sono spettacolari e il sole che cala continua a mutare i toni dei colori e i giochi di luce. Saliamo fino al culmine della grande duna e da lì ammiriamo il paesaggio anche oltre il vicino confine con l'Algeria. È molto suggestivo e fa pensare all'enorme distesa di sabbia, quella senza alberghi, senza acqua e senza vita che per centinaia e centinaia di chilometri si stende verso est. In un attimo è caduta un buio profondo. Rientriamo alla locanda guidati dalla luce delle lampadine che nel frattempo sono state accese nel suo cortile. La sera mangiamo attorno al tavolo con una ragazza scozzese, Fiona e una coppia italo-spagnola.

14 novembre - Non ho dormito per tutta la notte! Neanche un minuto. Soltanto al mattino mi stavo appena riposando quando hanno bussato alla porta per avvertire che il furgone era pronto per il rientro.

Così, stravolto, con i bagagli tirati insieme alla bell'e meglio, ci rimettiamo in strada verso Rissani. Qui visitiamo il suq della domenica, molto movimentato. Matteo compra un tappeto e poi ci rimettiamo in macchina alla volta di Tinehir. Prima di entrare nel paese ci spingiamo verso le montagne per vedere le gole del Todra, un Imagefiume che ha scavato nella roccia rossa un profondissimo solco molto suggestivo. Ci sono gruppi di turisti, alcuni scalatori ed escursionisti, oltre ai solitari pastori che menano le loro bestie al pascolo.

Matteo vuole passeggiare per la valle, ma io sono senza forze. Gli dico che lo aspetterò su una roccia del fiume; sto davvero male, sbatto i denti e tremo e durante tutta questa attesa non vedo l'ora che ritorni per andare in un albergo. Trovatone uno, l'unico desiderio che ho è di buttarmi a letto. Sento un freddo che mi è penetrato fino alle ossa e non mi reggo più in piedi. Sto male e ho la febbre.

Mentre Matteo esce a prendermi delle medicine, io nel letto mi accorgo di parlare a vanvera, di raccontare cose insensate, recitare poesie. Sento la pesantezza delle membra e allo stesso tempo la lievità delle ossa. Che strano! Mi lacrimano gli occhi, piango, rabbrividisco…

Marrakesh, vivace e animata

Ammalato...

15 novembre - Per questa giornata non ho molto da dire, dato che sono stato tutto il giorno a letto, cercando di guarire la febbre.

Matteo è andato in auto a vedere le gole del Dadès.

Image16 novembre - Mi sento meglio, in grado di affrontare uno spostamento. Ci moviamo fino a Ouarzazate dove torno però a rimettermi a letto prima di mezzogiorno non appena arrivato. Matteo va a visitare la valle del Draa e Zagora. Intanto il riposo mi ha fatto bene e sento rivenire già parte delle mie forze per riprendere il viaggio con l'entusiasmo di prima.

Finisco di leggere La chute di Camus. La sera mangiamo in un ristorante dove suonano stranamente canti natalizi. L'aria è fredda e soffia vento a raffiche.

17 novembre - Si riparte per Marrakech. La strada si snoda prima nella pianura ai piedi dell'Alto Atlante con viste incantevoli sulle vette già innevate. Le bachine sono protette tramite barriere di foglie di palma dalle sabbie che altrimenti inonderebbero e cancellerebbero la strada. Poi il percorso si inerpica verso i passi montani che permettono di scendere in seguito verso la città. I panorami sono spettacolari. È il tratto di strada che mi è piaciuto di più finora. A tratti il paesaggio non è più quello brullo della zona predesertica, ma è ricoperto oasi di foreste verdi.

ImageLungo la strada di montagna ci sono diversi venditori di minerali, pietre, ceramiche. Ci fermiamo per sentire il prezzo di una strana geode di cobalto. Il venditore parte da 200 Dhr, poi vedendoci increduli e pronti a ripartire, è disposto a scendere fino a 40 Dhs. C'è la possibilità che si tratti di una patacca, ma il prezzo non è una follia, cosicché compero “l'uovo”. Dopo anni per togliergli la polvere l'ho messo sotto l'acqua e si è rivelato nella sua squallida verità, cioè una base di argilla con stuzzicadenti impiantati e ricoperti di cristalli di pirite. Ci ho fatto sopra una bella risata!

Ci è capitata anche l'avventura della benzina. Credevamo di poter fare rifornimento in una certa località, ma ci viene detto che la prossima stazione è a 75 km. Non ci rimane che acquistare 5 litri di benzina da un trafficone al prezzo esorbitante di 18 Dhr al litro, quando normalmente paghiamo 7,5 Dhr. È una benzina d'oro, ma se non altro possiamo ritenerci fortunati di non rischiare di rimanere a secco.

Arrivati a Marrakech fatichiamo per trovare la minuscola stradina perduta dove riconsegnare l'auto. Dopo lunghe ricerche ci arrendiamo e stiamo per telefonare da una téléboutique per chiedere aiuto, ma l'incaricato dei telefoni ci dice di dare un'occhiata dietro l'angolo perché lì c'è un'agenzia di noleggio. Ebbene, è proprio la nostra!

Prendiamo un taxi per la Medina, dove troviamo l'Hôtel Gazelle. Sono ancora debole; sotto il peso dello zaino mi muovo ancora barcollante e con capogiri.

Incominciamo l'esplorazione della città. La famosa piazza Dmaa el-Fna, di per sé poco attraente e senza costruzioni notevoli intorno, è animata da crocchi di gente che si stringono intorno a ciarlatani, cantastorie, artisti di strada, imbonitori, venditori di cianfrusaglie. La gente è molto partecipe. Verso sera il coinvolgimento e la folla aumentano, la gente inizia a mangiare raggruppata ai tavoli dei venditori di cibo cucinato sul momento seguendo norme di igiene assai dubbie, come il lavaggio delle stoviglie in secchi d'acqua sotto il bancone.

La Medina è come altrove composta dai vari suq e le solite centinaia di micronegozi. La sera mangiamo vicino all'hotel. Guardando la posta elettronica, apprendo che Kim verrà a trovarmi da Londra con una sua amica australiana, per il periodo di Natale.

Image18 novembre- La colazione la facciamo sulla terrazza di un bar che dà sulla piazza. Il sole brillante e caldo ci fa intrattenere mentre decidiamo sul da farsi. Visitiamo il palazzo del Gran Visir de la Bahia, poi le tombe dei Saoditi con un bellissimo mausoleo dalle decorazioni sopraffine.

Ci spingiamo verso uno dei parchi, ma scopriamo dopo mezz'ora di cammino che è chiuso.

Torniamo sulla piazza per il pranzo. Qui una signora francese appena arrivata si informa presso di noi sulla sicurezza del cibo. Sembra piuttosto preoccupata! Tuttavia la rassicuro perché seguendo poche precauzioni non ci è successo niente.

Matteo visita per conto suo, mentre io torno in albergo dove leggo, faccio il bucato e sto sul terrazzo al sole caldo. Sulla terrazza è anche l'occasione per riflettere su tante cose, alcune anche dolorose. Ogni tanto ci vuole un momento così di chiarificazione con sé stessi. Magari fosse così semplice spiegarsi così anche con gli altri…

Alle 17 esco per fare due passi tra i negozi. La gente è tanta che a volte ci sono ingorghi umani, veri e propri imbottigliamenti. Il trasportatore con l'asino o il cammello di tanto in tanto avverte anche qui con “barek” per non urtare qualcuno.

Alle 19 incontro Matteo. Decidiamo di andare all'hammam. È certamente bello darsi una bella strigliata, ma siamo un po' delusi per il confronto con il bagno di Fès, molto più caratteristico e autentico. Andiamo a mangiare all'Ali e qui incontriamo la coppia che avevamo conosciuto a Merzouga.

Giriamo per le bancarelle.

Sono rimasto solo

19 novembre - Sento Matteo muoversi silenziosamente e quando mi alzo un poco più tardi scopro che è già partito. La sua vacanza è terminata e se ne torna in Italia, a me rimane ancora una settimana, che devo però ancora organizzare, pur con uno strano umore di demotivazione addosso.Vado a fare la colazione al bar sulla piazza.

Mi incammino poi per la stazione delle autolinee per informarmi sui trasporti verso Agadir – forse lì trovarò un po' di caldo. Sto riflettendo invano su cosa fare in questa settimana da solo, ma non mi riesco a decidere per qualcosa di veramente convincente. Nemmeno Agadir sembra l'ideale, perché al di fuori del circolo degli alberghi per vacanze organizzate, la città è poco interessante in quanto moderna e sembrano esserci loschi giri di prostituzione nel centro.

ImageI giardini della Majorelle sono chiusi, allora torno alla Medina, mangio un orribile panino alla carne trita, rientro in albergo dove mi hanno ora dato una singola al primo piano e mi riposo un poco.

Nel pomeriggio visito un museo che trovo molto interessante non tanto per i manufatti artigianali esposti, pure molto belli, quanto per i locali in cui è allestito. Si tratta di una dimora privata del secolo scorso.

Al calare della notte mi intrattengo sulla piazza ad ascoltare la musica di un gruppo berbero con due brave e affascinanti danzatrici che suonano dei “cimbalini” attaccati alle dita e decido che tra tutti questo è il mio strumento preferito. È una bella esibizione.

Anche dopo mangiato vago di gruppo in gruppo per vedere cosa succede intorno, ma sempre tenendo un orecchio alla musica di un gruppo che suona dei piatti più grossi, riproducendo un ritmo accattivante che pare lo sferragliare di un treno simulato con coperchi di pentola.

Parto ancora, ma per dove?

20 novembre - Ancora una colazione sulla terrazza, ma è l'ultima perché oggi mi sono deciso a partire. La estinazione non mi è ancora del tutto chiara, forse Agadir, ma nel recarmi alla stazione delle autolinee mi balena un'idea: tornare di nuovo verso le montagne.  E così il ragazzo che mi avvicina nella stazione e mi chiede dove vado per portarmi allo sportello della sua compagnia che serve Agadir, mi guarda sbalordito quando mi vede dirigermi decisissimo vero lo sportello e chiedere un biglietto per Taroudannt, via Tizin Test, il passo di oltre 2000 m. Ho visto infatti sul tabellone che parte un autobus alle 10. È un lungo viaggio di 8 ore; non so nemmeno io verso dove vado di preciso, ma è un'esperienza che solletica il mio spirito di avventura e sono contento di questa scelta.

Aspettando la partenza nel bus malconcio, noto di essere l'unico turista tra tanti volti berberi di campagna. Una volta partiti, presto si avvicinano le montagne. Il cielo è velato da un leggerissimo strato di vapore che fa assumere al sole delle tonalità iridescenti. Ci addentriamo in una valle,  tocchiamo villaggi che sembrano a un'infinita distanza dal mondo di una città.

Ad Asni sale un ragazzo inglese che si siede nell'ultimo sedile rimasto libero, accanto a me. Iniziamo a parlare. Dice di essere appena sceso dal Jebel Toubkal ed è diretto a Taroudannt come me.

Ci fermiamo per uno spuntino in un piccolo villaggio dove prendiamo dei ceci in brodo e spiedini. Mi accorgo che parla arabo, che ha studiato in Yemen, diventerà ufficiale dell'esercito inglese, qualcosa in relazione con i Gurka, ha già viaggiato per il Medio Oriente. Poi ci si rimette in moto.

ImageÈ la salita verso il passo percorrendo la lunghissima valle con paesaggi spettacolari su strapiombi mozzafiato. È incredibile che un autobus possa inerpicarsi fin quassù. A tratti è davvero pauroso, dall'alto del finestrino, soprattutto quando incrociamo un altro veicolo. Una volta addirittura è stato un camion. Il mezzo si deve sporgere fino sulla banchina proprio al filo del precipizio.

Superato il passo il tempo è nuvoloso in alta quota, ma scendendo si rasserena. L'ultimo tratto lo facciamo in taxi con uno spettacolare tramonto che infuoca tutto il cielo.

Prendiamo una camera insieme in un albergo dove alloggiano anche tre giovani marocchini, maestri nelle vicinanze e venuti a passare nel centro più importante della zona il loro fine settimana. Usciamo a berci una birra poi a mangiare una buona tajine. Poi torniamo in camera dove leggiamo e decidiamo il da farsi per domani.