La grande muraglia

10 agosto. Sono arrivato a Huang Hua Cheng in autobus ma è stato un giro lunghetto. Ho cambiato mezzo in una città ormai fuori da Pechino e da lì ho percorso ancora un'ora di strada verso zone sempre più montagnose. La giornata è bella, il cielo è azzurro; l'umidità e lo smog di ieri sono magicamente spariti.

Alla fine del percorso trovo un paesetto che sorge ormai ai margini del vasto territorio della municipalità di Pechino. Davanti a me ho già incominciato a vedere tratti di muraglia che si snoda sul crinale della montagna, scalando pendenze scoscese, poi scendendo a strapiombo. Sembra una corona turrita sopra questi baluardi naturali.

Ho fame e in un ristorantino mi faccio preparare un piatto di uova strapazzate. Un bambino in compagnia dei nonni mi guarda tra l'incuriosito e l'intimorito. Provo a rompere il ghiaccio chiedendogli come si chiama e mi risponde spavaldo, ma torna assorto a giocare lanciandomi di tanto in tanto sguardi di sottocchio che mi osservano attentamente.

Per arrivare alla muraglia devo attraversare la diga che sbarra il piccolo bacino d'acqua, passare da un frutteto privato dietro pagamento di un modesto pedaggio e infine inerpicarmi sulla collina fino ai piedi della costruzione. Qui una scala di ferro porta al livello del camminamento. Non è un accesso turistico, anzi sarebbe vietato l'ingresso. Prova ne è che non c'è invasione di masse e il posto non è sfruttato commercialmente, anzi si ha l'impressione di scoprirlo. A parte due signore che vendono cartoline, non c'è movimento di visitatori. Incontro alcuni giovani di Tianjing con cui scambio qualche parola e due russi di Vladivostok.

Dal punto più alto che raggiungo dopo una breve ma ardua scalata ammiro il panorama verde di boschi che coprono ripidi pendii delimitati dalle creste frastagliate. Davanti a me, al di là di una profonda picchiata, la muraglia torna a impennare verso una vetta ancora più elevata. Il suo contorno sottolinea il rilievo in maniera eccezionale. Pur essendo di massa notevole, la costruzione non ha tentato di addomesticarlo la natura. Piuttosto gli ingegneri hanno accettato gli stringenti vincoli imposti dal paesaggio e le necessità tecniche di difesa militare per tramandarci un'opera che attraverso i secoli rappresenta ancora un'impresa ciclopica di grande maestria. È emozionante scalare gli arditi piani inclinati e ammirare le prospettive che man mano si aprono sul muro e sulle montagne. In certi tratti le rampe di scalini rappresentano una certa difficoltà perché dissestati e ripidissimi, ma almeno il tempo secco di oggi non li rende scivolosi.

Dall'alto vedo la valle da cui sono arrivato aprirsi in una pianura, mentre sull'altro lato le montagne si ispessiscono, al di là del piccolo bacino artificiale. La presenza umana è rada perché il territorio non è favorevole all'insediamento, sento di essermi riavvicinato alla natura che in città sentivo così sacrificata. E la muraglia è parte integrante di questa natura.