La concessione francese, vittima del commercio

29 agosto. La concessione francese è una zona che si sviluppa intorno a Huaihai Lu. Era una delle concessioni internazionali, veri e propri territori che per un centinaio d'anni rimasero sottoposti a governi stranieri che si erano ritagliati spazi per curare i propri interessi nelle più importanti città cinesi, soprattutto quelle strategicamente collocate sul mare. Fu questa la forma particolare che assunse il colonialismo in Cina, soprattutto a seguito delle scandalose guerre dell'oppio e dei trattati disuguali che piegarono l'impero ai più vili interessi di arricchimento delle potenze europee.

Ma ora Shanghai e la Cina si prendono la rivincita e vogliono dimostrare al mondo di cosa sono capaci. Spesso in modo forzato, o cavalcando il cavallo dei grandi eventi come questa famosa Expo, della cui invasiva propaganda rigurgita la città e il cui pupazzetto azzurro spunta ovunque. Masse di cinesi vengono a visitarla, ma a me basta osservare le masse che ci girano intorno ed esprimono una faccetta della cultura cinese contemporanea.

 

Ci sono cinesi che non hanno simpatia per gli abitanti di questa regione privilegiata. Il governo ha investito pesantemente su Shanghai per la grandiosa riuscita della Expo, imperdibile occasione per consolidare l'immagine già costruita con le Olimpiadi. Così si sono creati risentimenti nei confronti di questa città a cui sono affluiti ingenti fondi e grandi benefici nonostante la regione fosse già molto più sviluppata di altre arretrate. Il sacrificio sociale che immola lo sviluppo omogeneo del paese sull'altare della vanità ricorda la parzialità del governo nel perseguire i suoi progetti. Ci conferma quanto dal suo punto di vista sia prioritario pavoneggiarsi sulla scena internazionale rispetto a favorire la crescita interna e la coesione. Gli abitanti di Shanghai non sono considerati meritevoli degli aiuti perché non li hanno guadagnati con il duro lavoro, ma si sa, il governo cinese non considera mai la voce del popolo e persegue sogni di gloria senza il metodo della consultazione.

Gli edifici della concessione francese sono eleganti e originali, ci sono anche strade di villette calme, immerse nei loro giardini. Xújiāhuì è il sito della cattedrale cattolica di Shanghai, fiancheggiato da un alto edificio moderno che è il quartier generale delle gerarchie ecclesiastiche. Gli aleggia intorno un'aura di potere che trovo tanto fastidiosa quanto quella che si aggira intorno ai centri politici. I suoi vetri bruniti mi ispirano non meno ribrezzo degli edifici moderni circostanti.

Diversi centri commerciali tra cui la sfera di cristallo e il Grand Gateway dominano l'incrocio e le aree occupate fino agli anni 1990 da fabbriche statali. Ora sono le fabbriche del commercio che hanno creato un'area dove si può comprare di tutto, specialmente elettronica, in scintillanti negozi.

Ma io sono ormai nauseato da Shanghai. Non reggo più la vista di un solo centro commerciale, di una sola strada con negozi; rifiuto ormai questa logica che mi sembra di dover subire con il mio semplice passaggio per i distretti del commercio che hanno assassinato la città. Ma per tanta gente, questa è la vita. Non era forse Léi ad avermi consigliato di venire qui a mangiare choudofu? La lezione del mio passaporto non gli è servita a niente.

Parto quindi per Suzhou. È paradossale, ma dopo aver fatto due lunghi viaggi notturni su un sedile, questo spostamento di un'ora e mezzo lo devo fare su una cuccetta, che è l'unica disponibile. Arrivo in una stazione faraonica, affollata di gente che si disperde negli immensi spazi. È un edificio grandioso ma fatto di lamiere e materiali di apparenza che non resisteranno al tempo. Da qui passano i treni veloci, orgoglio della Cina, convogli bianchi affusolati che sfrecciano sui binari. Telefono al mio nuovo ospite che verrà a prendermi alla biglietteria e attendo incrociando le dita perché non è stato facile spiegarsi al telefono. A dispetto di tutto, riusciamo a incontrarci.

A casa mi lascia solo il tempo di depositare il bagaglio: in un vortice mi fa uscire per mangiare la cena e letteralmente con l'ultimo boccone in bocca, mi sento invitato a seguirlo verso il centro. La mia stanchezza non trova quindi tregua, ma come se non bastasse, devo seguire il suo passo frenetico per strade oscure, mentre corre davanti a me e io arranco costantemente indietro di alcuni passi. Non saremo noi, ma molta gente si sta godendo la calma dei canali di notte, seduta ai tavoli dei locali o passeggiando sotto le belle lanterne rosse che illuminano incantevoli angoli. Che pace e tranquillità rispetto al formicaio di Shanghai da cui sono fuggito disperato. Mi piace osservare il carattere tradizionale e autentico che ha mantenuto questo posto, così in contrasto con la città creata a tavolino che ho appena lasciato.

Ma stasera non ho molto agio per godermi il clima perché devo rincorrere Xiongqi che scatta foto e poi mi dice anche dove devo posizionarmi per scattare le mie. Mi sembra una gara sportiva, una caccia al tesoro o alla fotografia - il tutto nel minor tempo possibile. A casa posso finalmente respirare: faccio una doccia e vado a letto, il quale è duro come un pavimento, ma ora sono allenato.