Suzhou, pace ritrovata

30 agosto. Alle 8.30 usciamo di casa. A passo sempre frenetico raggiungiamo l'ufficio turistico. Qui, su una mappa della città, Xiongqi mi assegna il percorso da seguire tra diversi luoghi in sequenza. È una persona gentile e molto premurosa, ma dentro di me esulto alla sua proposta di incontrarsi al tempio di Confucio nel tardo pomeriggio. Ciò significa che visiterò da solo, ai miei tempi e soprattutto al mio passo. Inoltre tramo già un piano di ammutinamento perché il percorso che mi sta tracciando mi sembra pazzesco. La mia visita si concentrerà quindi solo su alcuni dei luoghi proposti, ma quelli li vedrò come si deve.

Suzhou è famosa per i suoi canali, davvero incantevoli, che ho iniziato a vedere ieri notte, e per i suoi giardini. Il giardino dell'amministratore umile potrebbe essere un paradiso se non fosse per i gruppi di turisti cinesi che vengono condotti in giro da guide che blaterano dentro megafoni per farsi sentire da tutti. La sua struttura è complessa, vari muri separano zone diverse in cui sono ricreati ambienti e paesaggi con l'aiuto della vegetazione, acqua, rocce e costruzioni. Cespi di loti si appoggiano alla superficie dell'acqua con foglie vigorose tra le quali si nascondono boccioli, fiori aperti o frutti che sembrano quelli di papavero. Quando passa una leggera brezza, li scompiglia lievemente per farli apparire come tentacoli di una medusa capovolta trasportata dalla corrente. Il mormorio dell'acqua è la musica costante che risuona in ogni angolo e ristabilisce il collegamento con lo spirito del mondo.

Il parco era concepito per svolgere attività sociali e apprezzare gli incanti e le manifestazioni della natura, come il ticchettio delle gocce di pioggia o gli effluvi di profumi. Come dicono i versi di una poesia, più vengono da lontano, più si fanno puri. I padiglioni disseminati nel parco sono costruiti di legni scuri e arredati di preziosi mobili; dalle finestre traspaiono incantevoli scorci. Corridoi salgono e scendono sul livello del terreno o sugli specchi d'acqua e movimentano il percorso; vialetti si infilano tra le rocce artisticamente disposte e sono decorati di mirabili selciati di sassi minuti e pezzetti di laterizio che disegnano nuovi motivi in quest'opera d'arte e di natura.

Fuori dal parco, seguo una lunga strada lastricata che costeggia il canale, bordata da un parapetto di pietra e salici piangenti o acacie in fiore. Una brezza rinfresca l'aria. Qualche traversa rivela scorci su altri canali bordati di case basse coperte da tegole cinesi. L'acqua scorre placidamente con la sua tonalità di fondo verdastra. Apprezzo la calma e il ritmo di Suzhou, così immerso nella storia e lontano dalla frenesia moderna.

Il tempio taoista è molto interessante e articolato. Questa cultura religiosa ha plasmato la mentalità cinese e la società, con concetti come i tre gioielli del Tao: la compassione, la moderazione e l'umiltà, anche oggi presenti nei cardini dell'etica e della buona educazione. Ravviso tratti di sano pragmatismo nella venerazione delle stelle della buona fortuna, prosperità e longevità (Fú, Lù, Shòu), attributi della buona vita che sulla placca esplicativa appaiono ancora più terra terra perché sono chiamati fortuna, salario e longevità. Ma un insegnamento fondamentale è la noncuranza, esemplificata in questa storiella: un giovane subì un incidente sul lavoro e perse una gamba. Gli sembrava una tragedia perché la sua vita non sarebbe stata più la stessa. Scoppiò però una guerra e coscrissero i soldati. Per la sua menomazione non fu arruolato, mentre il fratello sano partì e rimase ucciso. Ogni cosa non è mai buona o cattiva di per sé, ma ha la potenzialità di diventarlo alla luce di quello che porta la vita. Il bene si interseca con il male e viceversa.

È ora di raggiungere il tempio di Confucio per l'appuntamento. Attraverso la città moderna, non ancora invasa da alti edifici. Le sue vie trafficate sono percorse da tante biciclette e risciò a pedali, oltre ai motorini elettrici. Quando Xiongqi arriva, è il momento della resa dei conti: si informa se abbia seguito tutto l'itinerario come mi aveva prescritto. Gli confesso che mi sono goduto il giardino dell'umile amministratore, soffermandomi in vari angoli e imbevendomi della loro bellezza e ho poi dovuto operare dei tagli per arrivare all'appuntamento.

Dalla sua bocca esce un'esclamazione che esprime sconforto, subito soppresso. Mi sembra quasi l'insegnante disingannato della fiducia che aveva riposto nel suo allievo preferito quando al momento dell'esame lo trova parzialmente impreprarato. Ma forse giudica ancora più riprovevole l'assenza di ogni senso di colpa, anche se non mi può biasimare direttamente.

Lo vedo pensare per mettere a punto un programma di recupero. In pochi secondi decide di portarmi a un giardino vicino, quello del Maestro delle reti, e mi aspetta fuori mentre mi ingiunge di visitarlo. E penso che avrebbe trovato altri compiti da assegnarmi, ma gli dico che con questo concluderò le visite perché ne ho visti abbastanza. Xiongqi è molto educato e non si esprime, ma con questa mia dichiarazione penso di essere stato definitivamente classificato come allievo irrecuperabile.