Ai piedi dell'Ararat

Ishaqpasa Seray7 agosto - Non sono ancora a posto di salute e ho deciso di non partecipare all'escursione per prendermela con calma e visitare in tranquillità l'Ishaqpasa Seray. Mi incammino a piedi per percorrere i 7 km in salita verso la fortezza. Al contrario di quello che l'australiano di Akdamar mi aveva detto, trovo che sia una faticaccia sotto il sole e non una passeggiata godibile, ma questa sensazione dipende certamente dal mio stato di salute.

Il palazzo è molto suggestivo con le elaborate e raffinate decorazioni scolpite nella pietra. Le sue forme si stagliano sul lontano paesaggio vasto e desolato, interrotto solo in piccola parte dalla cittadina che si scorge dietro il palazzo.

 

Per rientrare scelgo la strada più comoda del dolmus che parte non appena si è riempito di passeggeri. Recupero il bagaglio e mi metto nuovamente in strada per Kars, il che implica un cambio di mezzo a Igdir. Veniamo fermati e perquisiti dalla polizia; un cartoccio di volantini propagandistici viene sequestrato a uno dei passeggeri. Il mio compagno di sedile è un iraniano e si trova in Turchia per lavoro. Parla poco inglese ma scambiamo qualche battuta. Mi accompagna gentilmente alla fermata del pulman per Kars dove occorre aspettare qualche decina di minuti.

Qui un ragazzo mi offre un tè per parlare con me, spiegandomi che vorrebbe diventare professore di inglese. È giovane, ma dal suo parlare si capisce sta lavorando per questo obiettivo mettendoci studio, ricerca, passione, pratica. Mi riconosco in lui, quando avevo la sua età, anche se forse non ero così spigliato.

Ripartiamo, ma l'autista del pulman si ferma per fare spesa di melanzane, meloni e peperoni lungo la strada; qualcuno brontola. Poi, come al solito per rallentare ulteriormente la marcia, vengono depositati passeggeri ogni 10 metri e altri presi a bordo. Chissà come mai ogni tanto, in aperta campagna, senza niente intorno, qualche misterioso passeggero si faccia lasciare a terra. Dovrà percorre chilometri e chilometri per trovare una casa!

Il percorso risulta esasperante e mi innervosisco. Un passeggero dietro di me, che mangia i suoi semi facendone schioccare i gusci tra i denti, completa l'opera di tortura sui miei nervi provati.

Arrivo a Kars stanco e trovo un albergo a 25 LT, un po' più caro del solito, ma il primo era pieno e non voglio correre il rischio di imbattermi in qualche stabilimento economico di malaffare. Al ristorante parlo con un gruppo di francesi per capire come organizzare la visita ad Ani domani.