Altre visite a Shanghai

27 agosto. Il museo di Shanghai è situato in una bella piazza moderna con giardini, circondata da spettacolari edifici, tra cui il teatro, che fanno da corolla alla sua costruzione circolare. Visitandolo, ho percorso un appassionante cammino attraverso varie forme di arte cinese, dalla ceramica, alla calligrafia, al bronzo e le culture delle numerose minoranze etniche che formano quel mosaico variegato che passa sotto il nome di Cina.

Per entrare al museo occorre far scansionare borse e sacchetti e passare attraverso il rilevatore di metalli. Al mio passaggio attraverso la porta il campanello squilla; vengo fermato e mi chiedono di aprire lo zainetto. Ne estraggo gli oggetti incriminati: una bottiglia d'acqua e un flacone di tè. Quando mi avvertono che occorre fare una prova, mi aspetto un esame chimico o qualche altra diavoleria, ma l'addetta mi ordina: «Beva!». La cosa ha dell'assurdo e dovrei ridere e obbedire, ma c'è una tale rozzezza di fondo che non ci sto e me ne vado irritato. Dopo un po' di tempo, pur di vedere il museo, mi ricredo e mi prometto che obbedirò all'ordine di bere. Ma quando la scena si ripete, lo spirito ribelle in me alza di nuovo la testa e rispondo: «Non ho sete!», verso qualche goccia sul palmo della mano e indicandola dico che è acqua, nient'altro che acqua. C'è sorpresa alla mia insubordinazione, ma taglio corto. Sono pronto a sacrificare la mia bottiglia d'acqua che deposito vicino al cestino della spazzatura, ma l'addetto mi fa cenno di prenderla e di entrare.

Rientro a Hong Qiao percorrendo Nanjing Xi Lu, piena di negozi di lusso e di centri commerciali che si inseguono lungo tutta la via.

28 agosto. È domenica e incontro Cong Ling che oggi non lavora. Viene dallo Jiangxi e lavora qui come commerciale per un'impresa di prodotti chimici. Ci dirigiamo al quartiere di Xintiandi (nuovo paradiso), una zona di case basse riconvertita in una deludente strada leccata piena di ristoranti e negozi. Scappiamo presto, perché è al pari di un centro commerciale in quanto ad artificialità.

Il secondo tentativo è fortunato perché ci imbattiamo casualmente in diversi isolati di shikumen, le case tipiche della Shanghai vecchia maniera, così chiamate per i loro portali in pietra. Caratteristiche, non belle, vecchie di un centinaio di anni e costruite in mattoni, esprimono un interessante passato che sta scomparendo. Le trovo affascinanti con i loro vialetti in cui alcuni residenti rimangono seduti a chiacchierare. Le donne sono indaffarate sugli acquai esterni, operosamente dedite ai lavori domestici. C'è chi entra o esce in sella a una bici.

Cong Ling non ne è per niente affascinato da questo quadro e vorrebbe portarmi al Waitan. Tutti gli amici cinesi che ha ricevuto dall'inizio dell'Expo sono voluti andare là, disdegnando quartieri come questo che per loro sono la normalità da dimenticare, nient'altro che case vecchie. Non sapeva nemmeno che si chiamano così e sono io a suggerirgli di chiedere alla gente una conferma, che arriva puntuale.

Ritrovo anche conferma del grande paradosso della Cina, paese lacerato tra una modernità che si è prepotentemente imposta portando maggiori comodità ma anche tensioni sociali e ambientali, e un passato per certi versi più umano, che viene snobbato perché non è più alla moda, nella pura logica consumistica.

Cong Ling è un giovane ingegnere dallo sguardo astuto e la battuta ironica. Quando affrontiamo il tema della politica, mi dice di essersi tesserato come membro del partito, per convenienza più che per convinzione. Si è piegato alla logica utilitaristica di una carriera lungo il binario privilegiato a costo di sacrificare l'indipendenza di pensiero. È lui stesso combattuto tra i due poli dell'antico e del moderno, ma ha scelto di correre incondizionatamente dietro il sogno dei soldi, il vero dio dei cinesi.

Nel pomeriggio ho visitato il museo d'arte con Zhonghua che mi ha raggiunto, sempre munito del suo zainetto che scampanella a ogni passo. Passeggiando verso Nanjing Dong Lu, ci fermiamo su un muretto in mezzo ai passanti, al margine del traffico che scorre. Parliamo della nuova Cina, ma Zhonghua è troppo originale per essere interrogato sui temi che sto indagando. Non rappresenta la media, lui vive la sua dimensione personale e ammiro la sua indipendenza.

Dopo questa giornata attiva faccio ritorno a Hong Qiao Lu. Alla porta della stazione è ancora impalato il soldatino di guardia che compatisco per tutte le ore che ha passato in piedi sulla pedana in bella mostra. Anche i volontari dell'Expo sono in attesa di servire qualche cliente, ma a quest'ora non avranno molto da fare.

Continuo a stare da Lei perché è più comodo. Ormai è la terza notte che dormo per terra e non accuso nessun problema. Ormai posso considerarmi vaccinato.