Il trek delle tribù

ImageAlle 8.30 del mattino scendo dal pulman che mi ha portato giù dalle colline e nella stazioncina costruita secondo il progetto comune a quasi tutte mi viene incontro un ragazzo. È un piccoletto che sa un po' di inglese, ma sussurra appena le consonanti finali, cosicché spesso stento a capire. Immediatamente ci mettiamo in marcia lungo l'ampia strada sterrata che si dirige verso le colline.

Passiamo un primo villaggio dove la gente sta indaffarata in preparativi per un matrimonio. Stanno vagliando il riso e distillando il laolao, che naturalmente mi viene offerto seduta stante, come fosse acqua.

Poi facciamo un'altra sosta presso un parente di Theath, il quale ci invita nella sua casa a palafitta. L'interno è buio. Il fumo del focolare che aleggia nell'ambiente ha la duplice funzione di scacciare insetti e di conservare il cibo: lo si capisce dal traliccio per l'affumicatura appeso sotto il tetto. I raggi del sole penetrano tracciando una scia che finisce sulle pannocchie arancioni che pendono da una trave. Nell'oscurità spicca anche il viso del nostro ospite mentre sta fumando in stato quasi meditativo una sigaretta applicata a un'enorme canna di bambù.

Proseguiamo la marcia lungo un cammino sterrato, percorso anche da qualche rara moto, che si inerpica su un fianco della collina in mezzo alla foresta e scende dopo una lunga distanza sul versante opposto. Lì incontriamo un villaggio. Stanno preparandosi alla festa annuale che si terrà domani, in cui il centinaio di persone che qui abitano sacrificheranno un bovino e altri animali domestici. Le capanne sono tutte in legno e paglia e all'estremità la scuola non è che un'altra casupola in cui il giovanissimo maestro sta dando lezione a una manciata di bimbi.

È ora di pranzo e in una casa ci viene offerto un buon pasto di riso glutinoso, pescetti affumicati molto gustosi, verdure e tè. Finalmente mangio con gusto! Le anziane nonne bardate dei loro costumi tradizionali stanno coccolando nipotini in fasce e una bimba ha già legato alla schiena il piccolo fratellino avvolto in una fascia di tela. Non esiste quasi un'infanzia di giochi spensierati, si direbbe; i bimbi assumo da prestissimo responsabilità e compiti da adulto.

Si deve riprendere la marcia perché oggi è una lunga giornata che si concluderà solo con l'arrivo nel villaggio in cui pernotteremo. Bisogna salire, scendere, scollinare diverse volte, attraversare tratti disboscati e campi, guadare rigagnoli e superare alcune valli prima di arrivare solo al tramonto al villaggio isolato da ogni via di comunicazione, se non i sentieri stretti che portano e ripartono da qui.

Questo è un altro villaggio akha. Anche qui le donne maritate sfoggiano costumi neri ricamati e un'acconciatura con due bande di capelli nerissimi che sbucano dalla cuffia. Le più anziane li hanno ormai ridotti in cenci. Tanti animali circolano tra le case: porcelli dal nero pelo irsuto, galletti, anatre. Lascio lo zainetto nella casa che ci accoglierà per la notte. Sotto quella parte rialzata che servirà da letto si sente grufolare qualche porcellino che si è infilato nel pertugio a una spanna dalle orecchie di chi è sdraiato.

Mi posso lavare alla fontana del villaggio dove un giovane si sta pulendo al termine della giornata di lavoro e parecchie ragazze riempiono contenitori d'acqua. La mia presenza desta curiosità, forse tanta quanta è la mia verso di loro. Siamo come i bambini che incontrano per la prima volta un essere sconosciuto e non sanno bene come comportarsi, combattuti tra la paura e la voglia di stabilire un legame. Ma non è facile in assenza di una forma di comunicazione e qualche sorriso o sguardo benevolo non riescono a sciogliere il ghiaccio.

La sera scende presto e mancando la corrente elettrica tutti si ritirano, consumano il pasto e dormono presto. La nostra cena è illuminata da una candela e da una torcia a led. Una delle donne attorno al tavolino accanto sta mostrando alle sue famigliari una gamba con una enorme cicatrice e vengo a conscere la sua tragica storia.

Un anno fa era al lavoro nei campi, falciando le erbe. Non aveva notato che nella vegetazione stava nascosto un grosso serpente e arrivò a distrubarlo involontariamente. La bestia reagendo le morsicò il polpaccio e il fratello riconobbe subito che si trattava di un morso mortale. Con il terrore di vedere morire la sorella sotto i suoi occhi, la sua scelta non potè essere che drastica: con il macete affilato, lì sul posto, rimosse una fetta di muscolo intorno alla morsicatura e praticò diverse incisioni intorno per far scolare il sangue contaminato, senza nessuna anestesia. Poi fu necessario portare la donna di massima urgenza da un medico per le medicazioni e la fasciatura. Ora con questa profondissima incavatura rimarginata, le rimane il ricordo della tragica esperienza, ma la felicità di poterla raccontare con la vita salva, tranne che il polpaccio così menomato le causa continui dolori e problemi al camminare.

ImageLa notte è passata bene. Ammantato di coperte e steso nell'area che normalmente è riservata ai piccoli membri della famiglia ho riposato fino all'alba, quando la luce ha rimesso in moto la vita del villaggio. I primi sono stati i galli, seguiti da un potente grugnito che mi ha fatto sorridere. I maiali stavano aspettando il pastone e si accalcavano alla porta sporgendo il muso dentro la casa emanando un concerto di suoni striduli fino a che la moglie non è uscita a svuotare il secchio nel loro trogolo.

Poi è stato il momento delle galline che ha richiamato con un dolce verso e a cui ha dato chicchi di riso. Anche i porcellini sono stati nutriti di questo grano, ma la donna ha dovuto mantenere l'ordine con una canna, allontanando i suini più grandi.

Anche noi mangiamo riso accompagnato dal tè, facciamo un giro per il villaggio e ci rimettiamo in strada, stavolta lungo un affascinante sentiero che attraversa la foresta rigogliosa. Le piante e gli alberi d'alto fusto sono spettacolari, ci sono anche felci arboree che svettano vaporose all'estremità del tronco esile.

Sono soddisfatto di questo bellissimo giro nella foresta e torno felice a Boun Neua, pronto per farmi una bella doccia purificatrice. Qui sebbene non sia isolato come nel villaggio di ieri notte, la vita è comunque lontana un miglio da quella di città e la sera è difficile mangiare decentemente. Poco male, sono invaso dalla soddisfazione di avere esplorato un angolo di questa provincia così solitaria, che vedo per l'ultima notte. Domani alle 9.30 partirò per un coraggioso viaggio, il più lungo che ho mai affrontato in pulman, 20 ore filate per arrivare a Vang Vieng.