Nukus inaspettata

Image

Riparto da Khiva, ma non senza aver chiesto alla dolce padrona di casa di posare per una foto. Ieri sera c'è stato una lunga interruzione di corrente e siamo stati a parlare, seduti sul marciapiede, cercando di comunicare a gesti e con le poche parole comprensibili a entrambi. Mi ha raccontato della sua famiglia e delle temperature invernali, che l'anno scorso hanno toccato 45° sotto zero.

Tento di raggiungere Ayaz-Qala, ma non trovo trasporti pubblici per l'ultimo tratto, quindi desisto e da Beruniy prendo per Nukus in un taxi collettivo che trasporta oltre a me, una donna e due giovani studenti universitari, attraversando un paesaggio desertico e desolato ma non insignificante, con un minimo di rilievo.

 

A Nukus trovo un albergo dell'epoca sovietica, con uno scalone imponente che sale dall'ingresso verso i piani superiori i quali rivelano tutta la loro età così come una manutenzione insufficiente. La moquette è sudicia, le tappezzerie scrostate, i bagni penosi, ma ho la sensazione di essere in un posto che comunica una storia, un'epoca e anche un presente. Prendo un letto in una camera condivisa al terzo piano.

Quando salgo, trovo la porta chiusa e cerco di girare la maniglia. Da dentro sento un movimento e delle parole che mi invitano ad attendere un attimo. Si apre la porta e si presenta a me un uomo dai capelli grigi in canottiera, interrotto in un momento di riposo davanti al televisore che era rimasto acceso. Entro salutando e poco dopo il mio compagno si presenta; vorrebbe parlare russo, ma sa anche un po' di inglese.

ImageÈ Artur un commerciante georgiano di bozzoli di seta venuto a comprare merce, ma bloccato qui a Nukus per questioni amministrative. I documenti per l'esportazione non arrivano, forse dovrà oliare i meccanismi. Fuma diverse sigarette, mentre sta riverso sul suo letto e io mi sistemo. Nel frattempo mi racconta che la sua famiglia vive a Cipro e lui viaggia per affari.

Io voglio mangiare qualcosa e lascio l'ambiente in un certo senso già familiare dell'albergo per affrontare questa città nuova. Tutto ha un aspetto sconfortante: caseggiati di pochi decenni, brutti e decrepiti, le tubature del gas non interrate che si alzano nei punti di passaggio carrale in una specie di arco squadrato per permettere il transito di veicoli e persone. La loro copertura di isolamento è malridotta e si squarcia in diversi punti. Le strade e i giardini sono invasi da erbacce.

Trovo un posto dove cucinano, tanto per cambiare, shashlik. Ne ordino uno scegliendo di stare nella zona all'esterno sotto la tettoia di plastica malandata che sembra moltiplicare il calore, invece di interromperlo. Ma è molto meglio che lo squallido locale interno diviso in minuscoli scompartimenti separati, dove diverse persone consumano cibo annaffiato da abbondante alcol.

Nonostante l'aria condizionata dell'interno, un odore di fumo misto a qualcos'altro mi ributta e mi fa preferire l'esterno rovente. Mentre consumo il mio pasto, provengono da dentro risate esagerate stimolate dall'effetto degli spiriti. Ma anche qui fuori sto soffrendo per una corrente di aria caldissima che a tratti mi investe e mi fa entrare in un bagno di sudore.

Quando finisco tiro un sospiro di sollievo, pronto come sono ad affrontare il museo della città, che tutti dicono interessante. L'aspetto esterno non è promettente: un lastricato di mattonelle sconnesse tra cui crescono erbe incontrollate, poi sul tetto, una piramide di vetro scassata, che vuole riprendere quella del Louvre, ma riesce a ispirare solo pietà.

All'interno però il museo è all'altezza delle aspettative, anzi mi sorprende. Ogni suo angolo lo gusto e lo ammiro, sia per quanto riguarda la sezione dell'arte tradizionale locale che quella ben più ricca dell'arte sovietica un po' dissidente che è stata accumulata in questo angolo decentrato dell'ex USSR. Sarà che non ho alternative con cui occupare il mio tempo, ma passo due ore piene e piacevoli.

ImageAll'avvicinarsi l'ora di chiusura entra un gruppetto di francesi e riconosco Sandrine e Matthieu che sono stati raggiunti da quattro amici loro, di ritorno da Moynaq dove sono stati in una gita di una giornata. C'è anche un inglese un po' estroso che li ha accompagnati.

Andiamo tutti a fare un giro al mercato, che nonostante l'ora rimane ancora in piena attività. Io e l'inglese ci lanciamo in una campagna fotografica nella stupenda miniera di volti e azioni quotidiane che è il mercato. Alcuni si mettono in posa per farsi fotografare, altri ci chiedono espressamente di scattare una foto. Insomma, diventiamo motivo di richiamo e i fotografi ufficiali dell'affascinante grande mercato di Nukus.

Non è andata così male in questa città dall'aspetto così poco promettente. Finora ho occupato stupendamente le ore della mia permanenza e concludo bene la serata. Esco con l'inglese Paulo e altri quattro francesi a mangiare una zuppa al mercato. La nostra entrata nel locale desta molta curiosità, soprattutto con il comportamento eccitato di Paulo. Gli altri quattro sono persone simpatiche ed educate e passiamo una bella serata, nonostante la zuppa che è coperta di un centimetro di olio arancione. È olio di cotone che viene usato abbondantemente in cucina.

ImageRientro alle 23 e mi domando cosa penserà Artur, il mio compagno di stanza georgiano, che mi ha visto uscire alle 15 e non più rientrare. Ma lo trovo ancora sveglio, davanti alla tele e con le sue sigarette che ormai hanno riempito tutti i contenitori intorno al suo letto. Mi chiede se possiamo dormire con la porta e la finestra aperta, cosa che pensavo essere indispensabile se non volevo morire soffocato nel sonno, e ci auguriamo buona notte.