Jamaa el Fna, che vita!

ImageParto alla volta di Marrakesh, dove arrivo nel tardo pomeriggio, trovando un caldo intenso. Giungo con un autobus urbano alla famosa piazza Jamaa el Fna, fulcro della vita di questa città, già popolata di un mare di gente tra spettatori e attori, vibrante di moto e di voci, dei suoini di tamburi e trombette, di una massa brulicante di gente. È uno spettacolo spontaneo che cattura e non voglio perdermelo per troppo tempo. Mi sento già coinvolto e attratto magneticamente, ma devo prima pensare a procurarmi un letto per dormire.

Mi tocca girare diversi alberghi prima di trovarne uno che mi convenga. Poi ritorno a bomba alla piazza che sembra acquistare sempre più energia man mano il sole cala. Incantatori di serpenti, cantastorie attorniati dagli spettatori disposti a cerchio (da questo viene il nome della professione di hlaqi), venditori di amuleti contro il malocchio, di dentiere e denti posticci sfusi, rimedi naturali o magici, fattucchieri, disegnatrici di henné e poi le infinite bancarelle di cibo, dove dopo tanto girare e osservare, anch'io mi fermo a rifocillarmi. Prendo una zuppa harira, poi un panino con uovo sodo e patata lessa e infine dei legumi, ognuno in una bancarella diversa. I due bicchieri di tè che accompagno al cibo sono così ricchi di profumi freschi da valere tutto il rischio che corro di compromettere il sonno della notte.

E così, vivendo questa piazza che è un fenomeno di umanità, pretendo di avere avuto abbastanza da Marrakesh, di cui ignorerò i monumenti e i mercati perché da domani mi butterò nella natura e lo farò nel modo più drastico possibile. Tra le due opzioni di partenza, ho deciso infatti per il pulman delle 7. Punto un po' a malincuore la sveglia alle 6 e mi preparo a un altro cambiamento di clima, ma soprattutto di ambiente. Andrò verso la vera destinazione di questo viaggio primaverrile in Marocco, le montagne dell'Atlante.