Fez esotica e misteriosa

Image10 novembre - C'è in albergo un gruppo di inglesi di Explore e facciamo la colazione accanto ai loro tavoli. Andiamo alla stazione dei grands taxis per prendere il passaggio verso Fez. Qui arriviamo dopo un'ora di viaggio in sette, tre davanti e quattro dietro, sulla solita Mercedes. In città tutti i nomi delle vie sono scritti in arabo ed è più difficile orientarsi. Decidiamo di andare a piedi verso la medina (Fas al-bali) e alloggiare lì, ma sbagliamo strada e dobbiamo ritornare sui nostri passi per prendere un taxi dalla piazza.

Alla porta della medina un gruppo di giovani ci avvista ancor prima di scendere dal mezzo. Tutti ci propongono qualcosa: albergo, guida e chi più ne ha, più ne metta. Siamo confusi e infastiditi. Troviamo comunque subito l'Hôtel Cascade che ha strutture fatiscenti. La camera si affaccia sulla misteriosa città vecchia con una finestra che lascia intravedere il bel panorama attraverso la sua elaborata inferriata di ferro battuto. Tuttavia, nelle turche sembra che sia passato a suo tempo Moulay Isma'il, il suo esercito e tutti i suoi 12.000 cavalli.

Faccio il bucato e lo stendo sulla terrazza sotto il bel sole che splende anche oggi. Poi mangiamo gli avanzi del pranzo di ieri e i pasticcini della sera, quanto basta per tirare fino alla cena, considerata anche l'abbondante colazione di stamattina.

Nel frattempo si aggirano intorno a noi i giovani dell'albergo – saranno tutti della famiglia? – che vogliono essere ingaggiati come guide, oppure ci propongono hashish con occhiate di sottinteso. Non diamo loro retta. Il loro atteggiamento e la loro insistenza sono indisponenti. Inoltre, dopo la brutta esperienza che ci è capitata, riaccendono l'impressione di losco e non siamo a nostro agio nel trattare con loro. Stiamo piuttosto sulla difensiva e rigidamente non cerchiamo nemmeno di sdrammatizzare.

Partiamo dunque soli per l'esplorazione dell'immensa medina, ma altri scugnizzi intorno alla porta ci gridano minacce: “Non ne uscirete vivi... Vi perderete!”. Con un senso di sfida, quasi entrassimo in una giungla, ci addentriamo in un intricatissimo labirinto di negozi, stradine e case formicolanti di persone e animali. È un posto affascinante, misterioso, antico…

Sorprendentemente, riusciamo a vedere un'enormità di cose: medersa, moschee, ma soprattutto i vari suq: dall'henné all'ottone, dai tintori ai conciatori. Ogni tanto qualche venditore cerca di attirare l'attenzione o i bambini chiedono dei soldi. Poi ci sono gli asinieri che passano con la loro bestia caricata di merce su entrambi i lati e gridano per aprirsi un varco tra la folla di passanti: barak, barak!

La sensazione di disagio è presto superata e non rimane che sorprendersi dell'universo incredibile, colorato e animato all'inverosimile, di questo mondo arabo immortalato in una sorta di Medioevo nell'era moderna. Mi stupisce che una ragazza col capo coperto, vedendoci perplessi sulla direzione da prendere e intenti a consultare la mappa, si avvicini e gentilmente si offra di darci l'informazione.

Dopo eterne peregrinazioni ci riposiamo in uno dei palazzi-ristorante per un tè alla menta, poi siamo di nuovo alla caccia di un locale per la cena. È così che ne troviamo uno proprio sotto l'albergo e ordiniamo la pastilla, che malauguratamente ci era stato raccomandato di perderci. Si tratta di un piatto a base di carne di piccione con arachidi e cannella, di un'incredibile pesantezza e stranezza di sapore. È d'obbligo dare una mano al nostro stomaco con un tè alla menta in un bar appena fuori dalla porta.

Image11 novembre - La notte è stata orribile, un po' per la sensazione di disagio dovuta al clima in questo albergo dove i gestori sembrano tutti desiderosi di fare affari a nostre spese, un po' per la scomodità del letto. Dalla porta entravano anche zaffate di erba fumata. Solo prima dell'alba sono riuscito a riposare e il canto del muezzin mi è sembrato una ninna nanna.

Ci rimane da esplorare la parte andalusa della medina, oltre al quartiere settentrionale dove si trova il più lussuoso albergo il Palai Jamaï. Ormai siamo a nostro agio tra i vicoli e direi quasi con la gente che non sembra infastidirci più. Le zone che visitiamo sono meno caratteristiche ma comunque belle e interessanti.

Mangiamo in camera con alcuni ingredienti racimolati nei negozi vicino alla porta. Abbiamo nel frattempo traslocato per stare più tranquilli. Siamo nella stessa zona, ma fuori dalla porta, alla Pension Batha, con una camera molto più accogliente e servizi igienici privati. Il padrone ha una atteggiamento un po' stucchevole e a tratti canzonatore, ma le altre ragazze sono gentili e carine. Nel pomeriggio ci dirigiamo verso Fas el-Jdid, la parte imperiale della città e la Mellah, il quartiere ebreo.

Dobbiamo anche preoccuparci del noleggio dell'auto. Alla prima téléboutique ci fermiamo per sentire alcune offerte, ma la più conveniente sembra quella di un'agenzia di Marrakech che pare disposta a inviarci un'auto da laggiù per domani. Il ragazzo dei telefoni, Aziz, si mette in contatto con un conoscente che incontriamo dopo poco nei pressi del palazzo reale con un'auto, ma la sua offerta non è competitiva. Dopo aver confermato l'auto della Sisters Cars, proseguiamo verso la ville nouvelle per cenare.

Il ritorno a piedi verso la medina è spettacolare. Le luci illuminano in modo scenografico l'ex Grande Allée de Fès che conduce alla porta imperiale. È un piacere camminare con questa prospettiva davanti agli occhi.

12 novembre - Non ci rimane altro da visitare a Fez e inoltre il tempo volge alla pioggia. ImageDopo la colazione sulla terrazza, prendiamo asciugamani e costume da bagno e proviamo il hammam, altrimenti detto bain maure. È un'esperienza unica trovarsi tra i vapori della sala coperta da una cupola e decorata con belle piastrelle a quadretti bianchi e verdi, tra secchi di acqua calda e fredda e diversi uomini che si lavano da soli o si fanno massaggiare. Mi sono però svegliato con il mal di gola e devo cercare di bloccarlo prima che peggiori.

Alle 12 abbiamo l'appuntamento con l'autista che ci dovrebbe consegnare l'auto. Siamo molto dubbiosi circa l'operazione, perché abbiamo fatto semplicemente una prenotazione per telefono sulla base della quale l'agenzia dovrebbe, senza nessuna garanzia da parte nostra, spostare un veicolo di circa 400 km. Contro ogni previsione e contro ogni logica, l'auto arriva e anche abbastanza puntuale. Dopo aver firmato il contratto e riaccompagnato l'autista alla stazione degli autobus, ci fermiamo nella ville nouvelle per mangiare un boccone e comprare una carta stradale.

Ci mettiamo in strada per Ifrane, salendo a 1600 m di altitudine: si sente un freddo intenso e si vede vicina la neve di montagne ancora più alte. Attraversiamo un altopiano desolatissimo coperto di nevischio e arriviamo al passo di circa 2100 m per iniziare la discesa verso Midelt dove abbiamo deciso di dormire.

All'arrivo tutti i procacciatori di clienti degli alberghi si scatenano contro di noi, ma noi abbiamo già le idee chiare. La camera che ci viene proposta è gelida, con doccia forse gelida anch'essa, ma nessuno di noi due ha il coraggio di provarla. Sento molto freddo nelle ossa e sono indebolito dal mal di gola.

Mangiamo nel ristorante da Fès, gestito da un'anziana signora berbera che molto orgogliosamente afferma di essere la proprietaria del locale. Altre signore molto gentili ci servono una tajine di verdura lessa, come lasciava prevedere il profumo nel ristorante. Torniamo in camera, dove decidiamo di chiedere un supplemento di coperte e schiacciati così dal peso della lana ci addormentiamo tra i latrati dei cani.