La Langue de Barbarie

6 febbraio. Con la bici ho percorso una ventina di chilometri sulla terraferma per raggiungere il parco della Langue de Barbarie, che si trova al vecchio estuario del fiume. Precedentemente si poteva raggiungere questo posto anche percorrendo il cordone litoraneo, ma ora con la breccia che lo taglia non è più possibile. Bisogna quindi attraversare il ponte e costeggiare il fiume sul lato del continente.

Il parco non mi sembra un gran che, ma devo ammettere che non l'ho visitato degnamente perché avrei dovuto prendere una piroga con il barcaiolo, tuttavia l'ora non era propizia per osservare gli uccelli che affollano gli isolotti verso il tramonto. Con i venti faticosi chilometri di strada da fare per il ritorno non ho potuto aspettare questo momento o avrei fatto strada nel buio. Mi sono quindi accontentato di ammirare i bellissimi specchi d'acqua tranquilla che fanno emergere banchi di sabbia qua e là e riflettono talora il volo di un uccello e il meraviglioso colore del cielo.

In città si sente l'avvicinarsi della festa del mawlud (al-mawlid al-nabawiyy), festa celebrata nel mondo musulmano nella ricorrenza della nascita di Maometto. C'è fermento e attività particolare per le strade, soprattutto di notte quando risuonano preghiere corali salmodiate nell'amplificazione delle moschee e delle case. Sulla piazza dei villaggi dei pescatori, Guet N'dar e N'dar Toute, sfilano diversi pulmini variopinti e sgangherati, sul tetto dei quali sono abbarbicati gruppi di giovani che cantano e suonano djembé diffondendo musica attraverso altoparlanti che sputano ai quattro venti suoni ad alto volume. La gente di passaggio partecipa osservando questo spettacolo magnetico e i bambini guardano incantati la piazzetta ancora più brulicante del solito.

Ma è la sera che assisto alle scene migliori. In una viuzza del quartiere hanno montato una tettoia sotto la quale si è radunata tanta gente, come ieri notte che hanno suonato musica di ritmi e canti fino all'alba. Il mio sogno è stato accompagnato da ritmi fantastici, che non mi disturbavano, anzi mi tenevano nella dolce prigionia della cultura musicale africana della percussione. Le nenie cantante dal coro erano ripetitive e andavano avanti per lungo tempo finché la melodia e il ritmo non si fissavano anche nelle mie orecchie e mi trascinavano con sé. E allora interveniva una lieve variazione della tonalità o del ritmo e si ripartiva con un altro ciclo di musica appassionante.

Pensavo che tutto fosse finito con l'alba di oggi, ma stasera la musica si è riaccesa e allora mi sono spinto a curiosare. Mentre i tamburi impazzivano, le donne vestite di bianco cantavano inni religiosi e accennavano movimenti di danza, gli spettatori di ogni età erano catturati dalle percussioni e dalla cantilena che stregano, che scioglievano anche il mio cuore di bianco per farmi sentirmi parte integrante di questa festa africana di bourde così coinvolgente.