Il villaggio di Toubacouta

15 febbraio. Il villaggio è sparso, senza pianta regolare. Le ampie strade di sabbia passano tra gruppi di capanne povere, una stanza per tutta la famiglia, spesso circondati da una staccionata di paglia, come i tetti delle abitazioni. Con il tempo la paglia si adagia sulle travi di sostegno e le coperture prendono forme arcuate e un colore più scuro. Alberi giganteschi dai rami nudi si stagliano sul cielo azzurro; quelli che hanno mantenuto un poco di fogliame servono a gettare ombra gradita che ripara dal sole feroce. Il posto è sempre più abbandonato dato che tutti lasciano il villaggio per andare a Kaolac, a Sokone o a una località al confine con la Gambia dove passeranno la notte pregando, ascoltando la vita del profeta e all'alba, dopo le benedizioni, torneranno alle loro case. Alcuni ritardatari si stanno movendo solo adesso per il gamou stipandosi all'inverosimile negli ultimi pulmini pronti per partire.

Sono dubbioso se unirmi anch'io e partecipare alla festa, ma il ricordo dell’odissea di ieri mi ha segnato e opto per una serata nel villaggio che lentamente sprofonda nella notte, mentre il sole si abbassa in strati sempre più spessi di atmosfera e il cielo rimane illuminato dalla luna chiarissima. I rami nudi delle piante rimangono a disegnare sul fondo del cielo un ricamo sottile come un complesso sistema vitale di vene e di arterie che si dipartono da un cuore centrale. Quando ci sono le foglie, invece, si crea uno stupendo disegno a ventaglio. La luna illumina con il suo candore la parte alta dei rami, lasciando lo scuro tronco nella parte inferiore a sottolineare il volume. Per terra l'ombra ripete il mirabile ricamo in una stupenda geometria naturale sulla sabbia.

Contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, questa notte deserta non è gravata da un silenzio cimiteriale perché il ricco del villaggio ha montato un sistema di amplificazione che diffonde dalla sua casa le litanie a cui risponde un coro di voci femminili, ogni tanto interrotte dalla mancanza di elettricità. Questo alto signore dall’aspetto molto dignitoso, forse un po' severo, è sposato con cinque mogli e viene mantenuto dalle rimesse di tre figli all'estero. La gente che non si è potuta permettere il gamou si sta raggruppando in questa casa dove più tardi si servirà la carne del vitello ammazzato. Uno dei suoi figli che incontro per strada mi invita a unirmi, ma la festa non è ancora propriamente iniziata e l'imam non è ancora arrivato.

I canti si protraggono per tutta la notte e solo alla chiamata della prima preghiera all'alba mi sembra di sentire silenzio, ma è solo fino a che non prende il cambio l'altra moschea che diffonde un nuovo strombazzamento.

16 febbraio. Ibou, il proprietario del campement, è sposato con due mogli. Ciascuna ha una sua camera nella casa in muratura che abitano appena fuori dall'accampamento, fatta di tre stanze, essendo la terza la cucina. “Una donna deve dormire a parte con i propri figli perché se no litigano”, queste parole di Ibou suonano come fosse un gallo che parla del suo pollaio. “Ma la stanza separata non basta, –  soggiunge – ci vuole anche il bagno privato”, dove per bagno intende un quadratino di terra battuta dietro l'edificio, circondato da uno steccato, dove le mogli lavano sé stesse e i rispettivi figli.

Lo spazio che occupa un turista con una camera equivale a quello che serve a un'intera famiglia media del villaggio. Il bagno piastrellato con doccia e acqua corrente potrà sembrarci di finiture non perfette, ma rimane senza dubbio un lusso inconcepibile. Basta pensare che nell’accampamento è previsto solo nelle camere dei turisti, ma non nella casa di Ibou che si accontenta di un rubinetto davanti all'ingresso. Dal diverso uso dello spazio, discende il consumo delle risorse come acqua ed elettricità. Uno sciacquone, la doccia, il solo lavarsi le mani sotto acqua corrente, per quanto ispirato a principi ecologici, non si può confrontare con il consumo di chi usa secchio e scodella. Lo stesso dicasi per i consumi di detersivi e sostanze inquinanti. Il peso sull'ambiente di un turista equivale a quello di diverse persone del posto messe insieme; il peso sull’ambiente di un europeo equivale a quello di diversi africani messi insieme. Conclusione: se tutti gli abitanti di questa terra vivessero secondo quello stile di vita che ci appare normale, sarebbe un disastro.

E lo sarà, perché nei porti di mare riflettevo sull'andamento della pesca e sulle conseguenze per le risorse ittiche, determinato dall'aumento della popolazione e della maggiore ricchezza disponibile in Europa e in Estremo Oriente. Inoltre sono aumentate le quantità di cibo consumate procapite, è intervenuta la varietà della dieta e sono cresciuti i commerci mondiali: date queste premesse, non è necessario essere esperti per prevedere l'enorme tensione a cui saranno sottoposte le limitate risorse della terra all'aumentare della popolazione mondiale e al miglioramento delle condizioni di vita, come è pronosticato dai demografi. E non parliamo degli scandali, come il consumo di cibi ritenuti pregiati solo per il piacere di distinguersi dalle masse che non possono permetterseli, quando, ad esempio, comportano l’uccisione di uno squalo per tagliargli solo le pinne che andranno in Estremo Oriente come ingrediente del famigerato brodo.

Questa mattina vado in moto al villaggio di Misirah, più verso il delta. I begli alberi lungo la strada annunciano il famoso fromager centenario che domina il povero villaggio. Nel tardo pomeriggio esco in escursione in piroga per i rami del fiume, attraverso i labirinti di mangrovie e fino ad arrivare all’ora del tramonto che è stato un grandioso spettacolo.