L'università di Irbid

31 marzo - Sa'dallah mi aspetta per bere il caffè che prepara personalmente, prima di partire per Amman. Io ho appuntamento con Saleh alle 9, ma arrivo un po' in ritardo. Mi dicono in negozio che non è arrivato ancora, ma di chiamarlo al telefono che lui verrà subito. Infatti così faccio, e nell'attesa approfitto per telefonare a casa e fare gli auguri per il compleanno della mamma.

Saleh, quando arriva, dice di aver studiato tutta la notte fino alle 7 per godere della tranquillità dai rumori di casa. In seguito ha dormito fino alla mia chiamata. Non si può chiamare una lunga notte di riposo...

Sta preparando un esame di mineralogia. Visitiamo insieme il museo, interessante, poi ci tiene a farmi visitare il campus universitario che sembra molto ben organizzato con anche begli spazi e attrezzature per le attività sportive. Beviamo poi un tè insieme e rientro in albergo per riprendere lo zaino. Sono le 12; compro delle pizzette (fatayer e mu'ajjanat) per mangiare qualcosa e salgo sul bus per Um Qais.

 

Um Qais ha delle belle rovine in una posizione dominante sul Lago di Tiberiade e le alture del Golan occupato. La mia radio capta già stazioni israeliane. Stuoli, orde di ragazzini in gita scolastica fanno scorribande per le rovine. Alcuni mi fermano e non mi vogliono più lasciare invasi da una curiosità e voglia di conoscermi o di mostrarsi ospitali.

Devo scendere adesso a Al-Himme nel villaggio di Al-Mukhebe, dove ci sono sorgenti termali che ho deciso di provare. Aspetto il bus davanti ad un negozio, il cui padrone mi tiene compagnia con alcuni ragazzini finché arriva il mezzo. Ovviamente a bordo tutta l'attenzione si sposta su di me. Ci sono giovani che si stanno recando a un matrimonio al villaggio e mi ci invitano. Rispondo che inshallah ci andrò. Sulla strada mi mostrano le tracce delle guerre passate con Israele, visibili da alcune case lacerate e incendiate.

Arrivato a destinazione scopro che l'unico albergo del paese è pieno e devo rivedere i piani per la serata. Mentre penso sul da farsi, mi siedo nel giardino del piccolo stabilimento termale e mi dico che, nonostante sia tardi e non abbia ancora una sistemazione per la notte, approfitterò del viaggio compiuto fino a qui per entrare nell'acqua calda. Bisogna aspettare le 18, ora di apertura per gli uomini.

Ammiro la vegetazione rigogliosa di questo angolo del paese, per il resto in gran parte desertico: eucalipti, ficus, araucarie e palme in una cornice verde di erbe ovunque. L'importanza del Golan e delle sue acque mi è chiara in un battibaleno e la sua bellezza mi colpisce.

Quando entro nelle terme, scopro che sono un disastro. Ci sono due vasche: una di acqua molto calda, l'altra tiepida. Tutti si buttano nell'acqua calda senza farsi la doccia. Alcuni entrano in mutande, uno con i jeans tagliati al ginocchio. L'acqua è torbida e fetida di zolfo, la struttura fatiscente. Mi chiedo come resisterò in acqua per più di 5 minuti, ma in realtà pian piano mi abituo all'ambiente e mi accorgo che l'acqua è piacevole, nonostante tutto. Quando esco, dopo aver alternato la permanenza nelle due vasche, devo farlo per non tardare, ma interrompo un piacere. Devo risalire a Um Qais e sperare di trovare lì una stanza.

Prendo un pulmino a richiesta per 2JD che mi riporta su. Nel percorso la musica, il movimento del mezzo, la brezza che mi sfiora il viso, la traccia dei fari che fendono l'oscurità mi fanno assopire meravigliosamente. Trovo una stanza e mi viene offerto un tè di benvenuto, mentre mi intrattengo con i gestori. Racconto loro che se fossi rimasto alle terme, sarei andato a una festa di matrimonio, ma ho dovuto rinunciare all'invito perché l'albergo era pieno. Nessun problema! Anche a Um Qais ci sarà stasera un matrimonio con un'enorme festa che inizierà alle 21 e mi dicono di andarci. Forse non ci sarà l'araq che i giovanotti del bus pregustavano di sbevazzare ammiccando ai sacchetti neri tra i piedi colmi di bottiglie, mentre dicevano ad alta voce rivolti a un passeggero anziano che lì ci stava avvolta solo una gallina morta. Tuttavia nemmeno qui la musica mancherà, sta già risuonando nella strada principale, dove la gente si è già riunita e danza.

Dopo aver mangiato in un locale accanto all'albergo con un simpatico gestore, scendiamo in strada dove la gente sta esibendosi in dabke in una fila al cui principio stanno i più grandi, dietro i più giovani. Mi unisco alla catena e ballo con gli altri cercando di tenere il ritmo alla bell'e meglio.

La danza dura ininterrotta due ore e alle 23 inizia la cerimonia dell'henné, che dura un'altra ora, ma prima che finisca mi allontano per andare a letto. Di matrimonio ne ho avuta già una buona dose.