HCMC, alias Saigon

23 gennaio - All'arrivo a Saigon una cosa mi ferisce e mi fa sentire nostalgico dei posti che ho appena lasciato: il frastorno del traffico e il suo rumore, il ritmo dell'immensa città pulsante che batte anche di notte, soprattutto di notte. Non ci sono abituato, dopo essere stato in comunione con la vita nella natura. Arrivo a questa tappa dopo un lungo e penoso spostamento di 5 ore che vede intensificarsi il traffico e rallentare conseguentemente la marcia. Le case si infittiscono, si abbandonano le zone di campagna, arriva la città. All'inizio del viaggio, vicino alla città di Phan Thiet ho osservato le piantagioni di dragon fruit, dove i fusti di diverse piante erano legati a pali di sostegno e un ciuffo di lunghe foglie grasse scendeva con i frutti purpurei alle estremità. Poi estese foreste di alberi della gomma in filari allineati e ancora campi di manioca con i tuberi tagliati a fettine disposti ai lati della strada a seccare al sole.

Dopo tanti lenti chilometri attraversiamo il fiume e capisco che stiamo entrando nella metropoli. Vedo infatti altri grattacieli, alcuni con i nomi delle grandi catene alberghiere già accesi nella notte. La mia camera ha un terrazzino al terzo piano che si affaccia su una trafficata e rumorosa arteria centrale. Il mio sonno è disturbato da questo rumore. Non è ancora la stagione calda, ma capisco che quando le temperature raggiungeranno il massimo tra qualche mese, qui il condizionatore diventerà una necessità.

24 gennaio - Mi trovo immerso in questa grande città, forse un po' soffocato dai suoi fumi, soprattutto quelli dei motorini. Tuttavia ho sentito oggi la grande anima e l'antico passato di questo affascinante luogo di uomini, che si fonde in un grande presente di modernità. Domani, quando ho previsto di lasciare Saigon per andare a passare alcuni giorni nel Delta del Mekong, so che ne sentirò nostalgia.

Adesso che è sera, le mie gambe sono stanche della lunga e intensissima giornata passata esplorando il centro con i suoi affascinanti palazzi coloniali, testimoni di una dimensione nostalgica per niente rinnegata dal Vietnam di oggi, ma nuovamente interpretata a cominciare dalle arterie alberate e i giardini di aiuole curatissime. Inoltre, accanto al municipio in stile francese, si trova l'albergo bianco usato dagli ufficiali americani durante la guerra, altro capitolo mitizzato della storia di questo paese.

Stamattina avevo affittato un motorino credendo di muovermi più agevolmente tra i tanti luoghi che desideravo toccare. Di fatto mi sono reso conto che una volta impigliati nella trappola del traffico e senza avere un'idea previa delle direzioni da prendere, non è per niente facile decidere dove andare negli incroci tra larghi e lunghi viali, tutti stracolmi di mezzi. Guidare nel traffico è così impegnativo che tutta l'attenzione deve essere rivolta proprio a districarsi nel caotico movimento dei mezzi e a conservare soprattutto la propria incolumità. Girare a sinistra, barcamenarsi negli incroci, entrare e uscire da una rotatoria, così come attraversare una strada da semplice pedone comporta in ogni caso fronteggiare l'enorme flusso di mezzi che viene incontro e richiede un rapido e deciso momento di valutazione, senza il quale si rischia di rimanere in attesa fino alla fine dei tempi. Mentre se la scelta è errata, si rischia il peggio.

Per godere meglio la mattina ho quindi lasciato il motorino parcheggiato nel deposito del mercato, dove per un piccolo prezzo, il mezzo viene marcato con un numero scritto a gessetto sulla sella e viene poi sistemato nell'infinità di altri mezzi del tutto identici. Viene poi consegnata una ricevuta necessaria per il ritiro, ma non mi capacito di come possa essere sempre ritrovato con velocità dall'addetto, considerando che nel corso del tempo ci sono continui spostamenti, necessari per recuperare lo spazio lasciato da quelli che se ne vanno.

Anche durante la breve ora di pioggia che si riversa sulla città nel primo pomeriggio, il traffico non demorde. Dopo di questa si è creata una foschia pesante che riempie i viali e ha dato un tocco tropicale a questo ambiente così urbano. Terminato il rovescio mi sono diretto verso il quartiere di Cholon, un tempo città gemella separata da Saigon e in particolare il suo contrappunto abitato dalla comunità cinese.

Ora è saldata nel tutt'uno della metropoli, anche se è evidente la sua anima diversa. Forse è una zona più popolare, più andante, ma in realtà semplicemente più densa di umanità, tanto che sembra di entrare in un formicaio fatto di tante cellette che sono i negozi, le case, i locali, i ristoranti, tutti pullulanti di persone come lo sono le strade di moto.

Il quartiere è punteggiato da antiche pagode cinesi, qualche chiesa cristiana e centri commerciali moderni e luccicanti che propongono ogni merce. Come sempre il settore tessile e l'abbigliamento fanno la parte del leone perché si trova ovunque un'infinità negozi che propongono montagne di capi, spesso di fabbricazione cinese, frequentemente con marchi contraffatti, a volte anche occasioni allettanti di capi originali. Pian piano mi pervade il fascino di questo brulicare di vita che trasuda dal distretto di Cholon.

Torno al centro ripercorrendo chilometri di arterie cittadine, ormai nel buio e con i fari delle auto accesi. Quando esco per cena, in un ristorante all'angolo tra due grossi viali, sento di tanto in quanto il vibrare ormai familiare dei sonagli dei massaggiatori che percorrono le strade in bicicletta in cerca di un cliente, magari seduto sulla terrazza di un bar, a cui prestare il proprio servizio. Ma per parlare di servizi alla persona, ieri notte, mentre curiosavo per le strade, sono stato anche accostato da due signorine in moto che mi proponevano un altro tipo di prestazione, quella di cui Saigon andava particolarmente famosa negli anni della guerra. Ci sono anche venditori di durian e di calamari secchi – questi con una bicicletta attrezzata allo scopo, illuminata da un piccolo neon a batteria: girano tutti per le strade ancora invase dal traffico notturno.