Il passaggio nel deserto

Nonostante la camera "bella", ho passato una notte tormentata per il caldo, anche se la porta è rimasta spalancata sul cortile. Solo uscendo nell'aria fresca del mattino sento finalmente una differenza di temperatura e apprezzo per un poco il clima del primo giorno. Inoltre Mobinjon va così fiero delle decorazioni colorate alle pareti, ma prima farebbe bene a rimpolpare il magro materasso sull'asse del letto!

Ci avviamo tutti e tre verso la stazione degli autobus, dove scopriamo che non esistono mezzi pubblici per Urgench, o almeno è ciò che ci vogliono fare bere i tassisti che sono pronti a vendere la propria madre pur di accaparrarsi un cliente, soprattutto se straniero.

Sandrine parla un po' di russo e segue la contrattazione, ma forse un po' precipitatamente prendiamo un taxi solo per noi tre dividendoci la somma richiesta per questo lungo viaggio di oltre 5 ore, attraverso un insignificante deserto. Forse avremmo potuto aspettare un altro passeggero, ma tutto sommato, il prezzo è davvero ragionevole per una distanza così lunga. Sono 33.000 sum, pari a solo € 16 a testa.

Mobinjon ci aveva detto che la partenza, con questo caldo, era da anticipare il più possibile alle ore del primo mattino. Ma mentre attraversiamo le zone desertiche che nei giorni scorsi avevano toccato temperature inaudite, mi rendo conto che la giornata velata di oggi le rende meno calde di quello che era la città di Bukhara.

La strada che percorriamo alterna assurdamente tratti perfettamente mantenuti, al livello di un'autostrada ben asfaltata, a lunghi chilometri disastrosi che sembrano una pista abbandonata, con la superficie costellata di grandi buche e coperta da ghiaietta. Qui si stanno svolgendo lavori di manutenzione e la velocità diminuisce quindi di conseguenza.

Ho un sonno terribile, ma non riesco a rilassarmi. La sonnolenza che mi fa chiudere gli occhi e ciondolare la testa, mentre i pensieri prendono strane direzioni incontrollate nell'inquietante regno dell'assurdo, mi pare possa essere all'agguato anche sull'attenzione dell'autista, se le lascio libero corso. Mi riprendo così più volte di soprassalto, in preda all'angoscia, come se fossi io ad addormentarmi al volante.

Passiamo un pontone di barche accostate e malandate sul corso dell'enorme Amu-Daria, il fiume ormai mezzo prosciugato dalle opere di irrigazione che si buttava una volta nel Mare d'Aral e lo alimentava.

Arriviamo a Urgench dove dobbiamo lottare con l'autista per farci portare alla stazione da cui partono i mezzi per Khiva. Oltre ai 100.000 sum che gli stiamo pagando, la sua avidità pretenderebbe altri 2000 sum per un cortissimo tragitto urbano. Finalmente riusciamo a farci scaricare dove vogliamo e troviamo un'auto che ci porta a Khiva, con un altro passeggero.

A Khiva entriamo nella città murata e attraversiamo il raccolto centro storico detto Ichon-Qala per arrivare alla pensione Gandijon Afandi. Una bella casa vecchia di due piani e poche stanze, un bel cortiletto in cui spicca una magnifica colonna di legno intagliata che sostiene l'ampia falda del tetto che copre metà dello spazio aperto come un aiwan. Una dolce signora ci accoglie e ci mostra una camera dal tetto basso al piano superiore.

Prendo un letto con i due francesi, ingegneri del Genio civile, ma adocchio il bello spazio all'aperto proprio davanti alla camera, che già pregusto per dormire e per passare le ore di riposo nella giornata. Sarà lì il mio spazio privato.

In quello che rimane della giornata non riesco a fare altro che riposare in questo mio spazio. Ho disteso due materassini sulla moquette e mi sono buttato sopra. Una forte emicrania mi spacca la testa e mi impedisce anche di addormentarmi per smaltirla. Mi ci vorrà il sonno di una notte.

Quando esco per mangiare qualcosa, chiedo a un bambino di indicarmi un ristorante e la sua mamma gli dice di accompagnarmi. Così mi metto in cammino e arrivo in un posto un po' decentrato, dove trovo anche Sandrine e Matthieu che stanno già mangiando in un tavolo all'esterno. Non so cosa ordinare ed entro nello squallido locale per indicare due piatti sul tabellone che per fortuna riporta anche le immagini.

Arrivano un piatto di bollito che puzza sfacciatamente di carne e mi rivolta, mentre la zuppa, appena passabile, riesco a mandarla giù accompagnata dal pane. I due francesi avevano appena finito di elogiare la cucina, che dicono di aver trovato la migliore finora. Non so cosa abbiano mangiato in precedenza, ma è evidente che non abbiamo gli stessi gusti!