Il giorno della grande sorpresa

15 agosto - Mi sveglio poco prima delle 7.45 e mi preparo per una giornata intensa che inizierà con la visita al museo archeologico. Prima mi compro un panino di sesamo da mangiare con quella famosa crema che ho comprato a Tokal, che si rivela di una dolcezza nauseante. Nel museo sono raccolti bei mosaici e c'è un interessante sarcofago romano. Mi fermo un po' nel cortile della moschea, dove il guardiano mi offre un tè, poi ritiro il bagaglio e mi incammino alla fermata dei dolmus per la frontiera con la Siria.

Per strada mi avvicina un tipo che si dice cristiano e vuole portarmi alla fermata. Lo lascio fare anche se non ne avrei bisogno perché avevo già individuato la direzione. Invece di portarmi alla fila dei dolmus come volevo, mi fa fermare alla fila dei taxi, dove per il viaggio fino a Lattakia in siria chiedono una cifra più alta. Non accetto, in parte perché preferisco non cambiare altre lire turche, ma forse in fondo perché mi sembra la scelta troppo comoda rispetto all'avventura di farsi strada a tappe attraverso la frontiera. Occorrono infatti almeno 3 mezzi diversi perché non esiste una linea di attraversamento e un pezzo non è coperto da mezzi pubblici, per cui ricorrerò all'autostop.

Intanto abbandono i taxi, vado verso i dolmus con il tipo sempre alle calcagna che incomincia a chiedermi delle monete per il suo servizio. Che razza di servizio, penso e incomincio a innervosirmi dicendogli che non gli darò niente. Quando intendo che tenta goffamente di mettersi d'accordo con gli autisti dei dolmus perché mi chiedano 5 TL invece di 3, scoppio di irritazione. Arriva il padrone del bar che mi dice di non prendermela e scioglie la mia tensione chiacchierando un po' in modo simpatico e presto torna con una tazza di tè. Passata circa mezz'ora, si raggiunge il numero di passeggeri richiesto per partire. Sono contento, ma la mia gioia dura molto poco, il tempo di un'ora circa, perché mi aspetta una forte sorpresa.

Arrivo al paese prima del confine e mi incammino verso la frontiera che dista 7 km dal centro abitato. Un taxi mi raccoglie quasi subito. "Quanto vuole per Kasab?", gli chiedo. Lui non ne fa una questione di soldi, dice che sta andando a Lattakia comunque e mi porterà fino laggiù per quello che vorrò dargli. Salgo.

In vista della frontiera apro la borsa per estrarre il passaporto. Cerco e cerco, ma non trovo niente. Penso che forse potrebbe essere nello zaino grande, nel baule, ma mi sembra improbabile. Mentre spulcio le tasche più recondite, poco convinto, ho l'illuminazione e in un attimo ricordo con assoluta certezza: l'ho consegnato all'albergo di Amasya e non l'ho più ritirato. Tre giorni fa, a una distanza di 1200 km, due giorni pieni di viaggio… Questi rapidi conti mi fanno capire le dimensioni del problema.

L'autista scuote la testa e mi dice che da qui non passerò. Lo sapevo anch'io, ma sentirlo dire da qualcun altro al mio fianco mi fa sentire meno abbandonato. Mi chiede il numero di telefono dell'hotel e subito lo chiama dal suo cellulare. In effetti confermano che il mio passaporto si trova lì. Sono scornato e vorrei piantare un pugno nella porta del posto di frontiera se non ci fosse una guardia lì presente. Pensavo di visitare la fortezza di Saladino già questo pomeriggio, ma… Allah ghalib!

L'autista rifiuta denaro per il suo aiuto e mi deposita all'interno della frontiera sul lato turco. Quasi subito mi prende un'altra auto gialla per tornare. Spiego il problema all'autista, un turco arabo, il quale telefona nuovamente all'hotel e organizza una spedizione del passaporto al suo ufficio e a suo nome. Intanto mi riaccompagna ad Antakia facendomi scendere alla stazione dove stamattina mi proponevano un'auto per Lattakia. I volti degli autisti non nascondono il loro stupore al rivedermi.

Riattraverso il mercato e ritorno alla forestieria della chiesa. Rimango per un po' all'ombra delle piante, poi decido di uscire. Vago per il vivace mercato come in uno stato di ebrezza, cammino lentamente, osservando distante, scattando distrattamente qualche foto. La mia mente è rimasta a quella scritta che oggi ho visto da qualche decina di metri senza raggiungerla الجمهورية العربية السورية ترحب بكم La Repubblica araba siriana vi dà il benvenuto, augurio che è rimasto lettera morta.

Torno alla chiesa dove sta terminando la messa di Ferragosto. Appena finisce esce la signora esuberante che avevo incontrato già ieri sera, mamma del bambino che è stato operato in Italia per sordità completa dalla nascita. Mi reitera un invito letteralmente travolgente di cenare a casa sua, dicendo che devo conoscere il marito.

Accetto e ci dirigiamo a casa loro dove iniziano subito i preparativi per la cena, naturalmente a base di carni alla griglia. Ci raggiungono anche un'altra signora, ortodossa, con alcuni suoi figli, giovane vedova e futura consuocera della mia ospite. Domani un altro suo figlio, che lavora in Kuwait come barbiere, si sposerà qui ad Antakia e sono invitato fin d'ora alle nozze. Ma io spero segretamente di ricevere il passaporto, come mi hanno promesso, e di avviarmi nuovamente per la Siria.

Parte della conversazione è di argomento religioso o parareligioso: apparizioni, sogni, vergini che trasudano oli misteriosi. Il promesso sposo si ostina a parlarmi in un inglese stentato quasi incomprensibile, di fede, Aldilà, significato della vita. Colgo il suo pensiero fanatico nei rari sprazzi in cui cede e fa uscire qualche frase in arabo.

Arrivano le 23 e penso che sia ora di ritirarmi, ma… ora ricordo di essere uscito senza chiavi. Subito mi invitano a rimanere anche a dormire, ma voglio tentare comunque di suonare il campanello della chiesa. Nessuno apre, quindi non mi resta che accettare l'invito sincero e fermarmi anche per la notte. La coppia mi cede il letto matrimoniale nella stanza dove dorme il figlio Aissa, mentre il marito usa un letto singolo nella stessa stanza. Mi indicano il bagno al fondo del cortiletto dove mi lavo con l'aiuto di una bacinella e un catino. Le lenzuola sono fresche di bucato, mi danno abiti puliti per la notte a mo' di pigiama, mentre i miei vestiti del giorno vengono lavati in lavatrice per essere pronti domani mattina.